Nella giornata di ieri 11 marzo 2022, alle 16:00, nella sala Pistilli del Palazzo Medici Riccardi a Firenze, si è svolta la premiazione del 8° concorso nazionale di narrativa venatoria (ex premio Giacomo Rosini): “Caccia, passioni e ricordi”.Il primo premio per la sezione racconti è stato assegnato all’ischitano Pino Macrì per il suo racconto il “Consuòlo” di don Luigi .
La motivazione della giuria : “Il “Consuòlo” di don Luigi è una storia d’altri tempi. Di doncamilliana memoria. Quante volte la passione ha prevalso sul dovere! “Chi è libero dal peccato, scagli la prima pietra…”. Scrittura adatta al tema, tra l’altro. Si torna indietro nel tempo. Ci si gode l’affanno del prelato. La Roma tentata e il sotterfugio.”
“Ho partecipato alla cerimonia solo in streaming per motivi familiari. E’ stata comunque un’emozione forte! Nel 2019, allo stesso concorso, con il racconto “Don Mario e il beccaccino gigante”, avevo conseguito il premio Speciale della Giuria. L’incipit del bozzetto, era questo: -Pietro, lo sai che tutto questo vino, prima o poi, ti farà scoppiare il fegato?- disse don Mario al suo “accompagnatore”. -Don Mà, non vi prendete pensiero, quando bevo ‘na ‘nticchia i beccaccini li vedo grandi e grossi come le papere-.” Ha dichiarato Pino Macrì.
Pino non è nuovo all’ambiente letterario ha scritto il suo primo libro nel 2015: “‘O Calabbres’, beccacce, pesci luna e botti di vino” , con cui, nel 2016 ha vinto il Premio Jesolo.
Nel 2017, con “Sacramento e la Domenica delle Palme del ’64” ha vinto il premio “Adelio Ponce de Leon a Vicenza”.
Il ha pubblicato il suo secondo libro: “Andrea e le fate” nel 2019.
Pino parte nelle sue opere dal pretesto di ricordi rurali, venatori, di mare, di albe di cristallo e di eventi terribili. Ischia, la sua terra dentro, ma anche piccole isole, piccole terre. Capri, Procida e Ventotene. E Ustica, Lampedusa, Palmarola, Santo Stefano, Marettimo, Vivara, in un contesto storico oltre che mnemonico, che evoca i periodi della fame delle comunità, e che era possibile sconfiggere grazie alla caccia.
E quindi la caccia, l’ossessione e la malia di tante stagioni che, puntuali e viscerali, si sono succedute tipo “sabato del villaggio”, a questo punto è diventata solo l’idea, solo il mezzo, solo il pretesto, appunto. In modo limpido, è chiaro che la radice di tutto è, e rimane la sua terra. Tutto parla della sua isola.
Questo il vero filo conduttore, questo, anche stavolta è quello che gli è rimasto dentro. Un cuore sempre in bilico, tra terra e mare. Dove proprio il mare traccia il confine che i più giurano di voler attraversare ma che, in realtà, nessuno di noi vorrebbe varcare.