BAR MARIA: IL RICORSO PRESENTATO DALL’AVVOCATO MOLINARO

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    ECC.MO TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA/NAPOLI

    RICORRE

    ANIELLO REGINE

    CONTRO

    il COMUNE di FORIO, in persona del Sindaco, legale rappresentante p.t., domiciliato per la carica presso la sede municipale;

    PER L’ANNULLAMENTO/PREVIA SOSPENSIONE

    a ) – del provvedimento del 13.3.2014, prot. n. 6631, con il quale il responsabile dell’U.T. del comune di Forio ha diffidato il ricorrente a non eseguire “le opere di cui alla denuncia di inizio attività del 31.5.2013, prot. n. 19396”, sebbene su quest’ultima si fosse da tempo (e legittimamente) materializzato il silenzio-consenso;

    b ) – del provvedimento del 13.3.2014, prot. n. 6604, con il quale il responsabile del Settore Ragioneria, Tributi e Demanio del comune di Forio ha annullato, con effetto immediato, la concessione per l’occupazione permanente di spazi ed aree pubbliche del 4.3.2014, prot. n. 5899, invitando, nel contempo, il responsabile dell’ U.T. del medesimo ente “a verificare la realizzabilità di quanto presente nella d.i.a. prot. n. 19396 del 31.5.2013, alla luce dei regolamenti comunali e delle ordinanze sindacali che disciplinano l’occupazione di suolo pubblico, e di comunicare senza indugio allo scrivente Settore le sue determinazioni in merito”;

    c ) – (se e per quanto occorra) del regolamento comunale per l’occupazione di suolo pubblico adottato dal comune di Forio con delibera di C.C. n. 36/2010;

    d ) – (se e per quanto occorra) di tutti gli altri atti preordinati, connessi e conseguenziali, comunque lesivi della posizione giuridica del ricorrente, ivi comprese le ordinanze sindacali nn. 69 e 118/2012;

    NONCHE’

    e ) – per la declaratoria del diritto del ricorrente di realizzare l’opera oggetto della denuncia di inizio attività del 31.5.2013, prot. n. 19396, occupando il suolo pubblico già assentito in precedenza.

    FATTO

    Il ricorrente è proprietario, in virtù di atto di vendita per notaio A.P. Arturo del 3 novembre 1995, dell’immobile al piano terra di un vecchio fabbricato sito in Forio alla Piazza Matteotti nn. 15 e 16, destinato ad attività commerciale all’insegna “Bar Maria”, riportato in catasto al foglio 16, n. 94/1.

    Trattasi di storico esercizio, attivo da epoca remota, come si ricava dall’ampia rassegna stampa riguardante il locale, luogo di ritrovo e salotto culturale tra i più importanti del dopoguerra.

    È, infatti, di pubblico dominio che intorno al Bar Internazionale (“bar-università”) di Maria Senese, divenuto nel tempo cenacolo artistico-letterario di una nutrita schiera di scrittori, poeti, musicisti, critici d’arte e pittori di fama mondiale, come Guttuso, Cremonini, Brown, Auden, Truman Capote, Moravia, Morante, Neruda, Pasolini, Pointner, Walton, Kallman, De Libero, Bigiaretti, Gilles, Bargheer, Pagliacci, Bolivar Patalano e tanti altri, è ruotata buona parte della storia locale del novecento.

    Quel che più rileva ai fini del presente ricorso è che l’attività del Bar Maria è stata da sempre esercitata anche mediante l’utilizzo dello spazio pubblico antistante reiteratamente concesso in uso dall’amministrazione comunale e dell’annessa tettoia-pergolato in legno occupante una superficie di oltre mq 50.

    A tal proposito, va precisato che, a seguito di presentazione, nell’anno 2012, di regolare istanza di rilascio di autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di una nuova tettoia in legno con la medesima sagoma della tettoia originaria, sono stati espressi i prescritti pareri favorevoli:

    – prima dal responsabile dell’Ufficio Paesaggio, arch. G. Lamonica, con relazione istruttoria attestante la conformità dell’intervento proposto con le prescrizioni contenute nei provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico e nel P.T.P. vigente;

    – poi dalla Commissione per il Paesaggio in data 30 novembre 2012;

    – poi ancora dalla Soprintendenza BAPSAE di Napoli e Provincia che, con nota n. 7008 del 13 marzo 2013, ha attestato che, sotto il profilo paesaggistico, le opere non risultano in contrasto con i caratteri paesaggistici del contesto, prescrivendo, nel contempo, che la tettoia dovrà essere aperta ai lati (in modo da non determinare incrementi volumetrici), di colore bianco mediterraneo ed amovibile.

    Preso atto dei predetti pareri ed, in particolare, del parere vincolante reso dalla Soprintendenza, il responsabile dell’Ufficio Paesaggio del comune di Forio ha rilasciato, in data 10 maggio 2013, la relativa autorizzazione paesaggistica n. 19/2013, ai sensi dell’art. 146 d.lgs. n. 42/04, con le richiamate prescrizioni soprintendentizie.

    Acquisito il titolo abilitativo in materia paesaggistica, il ricorrente ha presentato, in data 31 maggio 2013, prot. n. 19396, regolare denuncia di inizio attività per la realizzazione dell’opera, come assentita – lo si ripete – dalla Soprintendenza BAPSAE di Napoli e Provincia con nota n. 7008 del 13 marzo 2013 e dal responsabile dell’Ufficio Paesaggio con autorizzazione paesaggistica n. 19/2013 del 10 maggio 2013, consistente in:

    “Realizzazione di una tettoia in legno, costituita essenzialmente da una struttura verticale composta da tre pilastri e da un’orditura, costituente la struttura portante secondaria, composta da travi in legno di piccole dimensioni.

    Il tutto sarà collegato tramite una trave, anch’essa lignea, che sormonterà e congiungerà la pilastratura. A copertura della struttura portante sarà installato un tavolato ligneo.

    La tettoia, che avrà una superficie di circa mq 54, avrà un’altezza massima, delineata dalla linea di colmo, di circa 4.15 mt, mentre l’altezza della linea di gronda sarà di circa 3.80 mt.

    Inoltre, per convogliare le acque piovane negli appositi spazi di raccolta dei reflui, verrà installata un’adeguata grondaia che si integrerà perfettamente con l’intera, nuova copertura”.

    Nella relazione tecnica asseverata allegata alla denuncia di inizio attività, oltre ad attestare la legittimità dell’immobile principale e dell’opera a farsi, il tecnico progettista, arch. Salvatore Castaldi, ha anche evidenziato che “essendosi in presenza di un’area in concessione, al fine di facilitare la rimozione della struttura, qualora vi sia la necessità, essa sarà ancorata al suolo tramite una piastra in ferro, anch’essa tinteggiata di bianco, e collegata alla struttura lignea tramite un assemblaggio a secco”.

    Va subito rilevato che il responsabile del Servizio Edilizia ed Urbanistica del comune di Forio nulla ha eccepito, in ordine alla legittimità della predetta denuncia di inizio attività, nel termine di giorni trenta ex art. 23 del d.P.R. n. 380/2001.

    In data 7 gennaio 2014, prot. n. 383, il ricorrente ha, quindi, chiesto il rinnovo della concessione di suolo pubblico, che è stato regolarmente assentito il 4 marzo 2014 con formale provvedimento prot. n. 5899/2014.

    Iniziati i lavori, il responsabile del Servizio Ragioneria, Tributi e Demanio del comune di Forio, con atto dell’11.3.2014, prot. n. 6483, ha, tuttavia, diffidato il ricorrente a rimuovere il ponteggio metallico, con l’annessa rete frangivento, installato sul suolo demaniale, sull’assunto che tale attività (chiaramente di natura strumentale e preparatoria) non rientrerebbe tra quelle assentite con la richiamata concessione.

    Nel riscontrare tale diffida, il sig. Regine, con nota del 12.3.2014, prot. n. 6491, ha, peraltro, osservato che, conformemente a quanto già comunicato al responsabile dell’U.T.C. in data 7.3.2014, prot. n. 6151, e in data 10.3.2014, prot. n. 6222, si era limitato ad installare il ponteggio metallico, sullo spazio antistante il predetto esercizio commerciale, al solo fine di procedere alla realizzazione della tettoia in legno assentita dai titoli abilitativi rilasciati.

    Ritenendo, comunque, che la diffida potesse scaturire da un difetto di coordinamento tra i diversi uffici comunali, il ricorrente, con spirito di leale collaborazione, ha anche trasmesso copia della d.i.a. prot. n. 19396/2013 e dell’autorizzazione paesaggistica n. 19/2013 al medesimo funzionario, al quale ha evidenziato, altresì, che <>.

    Ciononostante, con provvedimento prot. 6604 del 13 marzo 2014, il responsabile del Servizio Ragioneria, Tributi e Demanio, richiamato il regolamento comunale per l’occupazione di suolo pubblico, ha ritenuto di annullare la concessione de qua, in quanto:

    – nella richiesta di rinnovo della concessione il ricorrente avrebbe fatto riferimento alla occupazione con tavolini, sedie, panche, ombrelloni e quanto altro previsto dal vigente regolamento comunale, senza fare alcun riferimento alla realizzazione della tettoia;

    – la mancata indicazione della tettoia nella richiesta presentata, nonostante la stessa fosse stata già assentita da altri uffici comunali, sarebbe da ritenere un tentativo, palesemente doloso, di indurre l’Ufficio in errore, in quanto la eventuale indicazione della tettoia nella richiesta avrebbe, di certo, comportato il rigetto della stessa per contrasto con l’art. 17 del vigente regolamento comunale approvato con delibera consiliare n. 36/2010, che prevederebbe solo la possibilità di installare tende apribili prive di sostegno al suolo.

    Con provvedimento adottato in pari data, prot. 6631/2014, il responsabile dell’U.T. del comune di Forio, richiamato l’atto di annullamento della concessione prot. n. 5899/2014, ha diffidato il ricorrente dall’eseguire l’opera di cui alla denuncia di inizio attività n. 19396 del 31 maggio 2013, in quanto:

    – la denuncia di inizio attività non costituirebbe titolo idoneo alla realizzazione della tettoia, trattandosi di opera del tutto nuova avente la considerevole superficie di mq. 54 con un’altezza che arriva addirittura fino a metri 4,15 per la quale è necessario il permesso di costruire di cui all’art. 10 del d.P.R. n. 380/01;

    – il vigente regolamento edilizio consentirebbe, mediante lo strumento della denuncia di inizio attività, la realizzazione di piccole tettoie con finalità protettive delle pareti dallo scorrimento delle acque, definizione non conciliabile con una tettoia profonda 4.20 metri e lunga più di 13 metri;

    – non prevedendo la concessione per l’occupazione del suolo pubblico la realizzazione della tettoia, mancherebbe il requisito della disponibilità del suolo;

    – non rientrando l’opera prevista nelle fattispecie assoggettate a denuncia di inizio attività, in quanto opera del tutto nuova non riconducibile alla manutenzione straordinaria, la stessa denuncia di inizio attività sarebbe inibibile anche oltre il termine di trenta giorni.

    Gli atti impugnati sono illegittimi ed abnormi e vanno, pertanto, annullati sulla base dei seguenti

    Motivi

    A) sulla illegittimitÀ del provvedimento del 13.3.2013, prot. n. 6631, con il quale il responsabile dell’U.T. del comune di Forio ha diffidato il ricorrente a non eseguire “le opere di cui alla denuncia di inizio attività del 31.5.2013, prot. n. 19396”.

    1. INCOMPETENZA (E/O INCOMPATIBILITA’) DEL RESPONSABILE DEL SERVIZIO TUTELA PAESAGGIO DEL COMUNE DI FORIO AD ADOTTARE ATTI DI GESTIONE, VIEPPIÙ SE AVENTI VALENZA ESTERNA, IN MATERIA URBANISTICO – EDILIZIA. VIOLAZIONE DELL’ART. 146, COMMA 6, DEL D.LGS. N. 42/04.

    Va, preliminarmente, eccepita la incompetenza (e/o incompatibilità) del responsabile del V Settore – Servizio Tutela Paesaggio del comune di Forio (nella specie, l’arch. Giampiero Lamonica) ad adottare il provvedimento impugnato sub a) che, ancorché intrinsecamente viziato sotto molteplici profili (per quanto si dirà infra), è illegittimo innanzitutto per violazione dell’art. 146 del d.lgs. n. 42/04.

    Ed infatti, tale disposizione, al comma 6, stabilisce che:

    « La regione esercita la funzione autorizzatoria in materia di paesaggio avvalendosi di propri uffici dotati di adeguate competenze tecnico-scientifiche e idonee risorse strumentali. Può tuttavia delegarne l’esercizio, per i rispettivi territori, a province, a forme associative e di cooperazione fra enti locali come definite dalle vigenti disposizioni sull’ordinamento degli enti locali, agli enti parco, ovvero a comuni, purché gli enti destinatari della delega dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia ».

    Dalla semplice lettura della richiamata norma, si evince, senz’ombra di dubbio, che il legislatore nazionale ha inteso espressamente prevedere che l’esercizio delle funzioni amministrative in materia urbanistico – edilizia resti necessariamente separato da quello inerente alla tutela paesaggistica, essendo i comuni tenuti ad assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche differenziate ed operando, come è noto, su piani diversi la tutela del paesaggio e quella dell’interesse all’ordinato assetto del territorio.

    Nel caso in esame risulta documentalmente dimostrato che il provvedimento prot. n. 6631/2013, con il quale il ricorrente è stato diffidato a non eseguire l’ opera di cui alla d.i.a. prot. n. 19396/2013, è stato adottato, come anticipato, dall’arch. Giampiero Lamonica, che, peraltro, nella sua qualità di responsabile del V Settore –Servizio Tutela Paesaggio del comune di Forio, aveva già rilasciato l’autorizzazione paesaggistica n. 19/2013 per la realizzazione della progettata struttura, a seguito di parere favorevole della Soprintendenza.

    Risulta, dunque, violato il principio di differenziazione dei poteri tipizzato dal Codice Urbani, essendo stato l’impugnato provvedimento assunto da soggetto incompetente perchè già investito di poteri del tutto incompatibili con le funzioni amministrative in materia urbanistico – edilizia, nella specie malamente ed arbitrariamente esercitate.

    2. violazione e falsa applicazione degli artt. 22 e ss. del d.p.r. n. 380/2001. ECCESSO DI POTERE PER CARENZA ASSOLUTA DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO. TRAVISAMENTO. OMESSA PONDERAZIONE DELLA SITUAZIONE CONTEMPLATA. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 E SS. DEL D.P.R. N. 380/01. DIFETTO DI MOTIVAZIONE E DI ISTRUTTORIA. VIOLAZIONE DELLA L.R. N. 19/01. CONTRADDITTORIETA’ CON PRECEDENTI MANIFESTAZIONI.

    2.1. Fermo quanto innanzi, va ancora eccepito che, come già evidenziato in narrativa, l’immobile di proprietà del ricorrente, destinato ad attività commerciale all’insegna “Bar Maria”, è di antichissima costruzione e, dunque, preesiste legittimamente in sito, nella destinazione d’uso impressavi da tempo immemorabile.

    Tale esercizio ha – da sempre – goduto dello spazio pubblico antistante, previo rilascio di annuali e regolari concessioni d’uso da parte dell’amministrazione comunale, ed è stato da numerosi lustri caratterizzato dalla presenza in loco di una struttura lignea (tettoia-pergolato), interamente coperta da lussureggianti piante rampicanti.

    Pertanto, una volta acquisita l’autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del d.lgs. n. 42/04, preceduta, come si è visto, dal rilascio dei pareri favorevoli resi dal responsabile dell’Ufficio Paesaggio del comune di Forio, dalla Commissione per il Paesaggio e dalla Soprintendenza BAPSAE di Napoli e Provincia, il ricorrente ha presentato, in data 31 maggio 2013, prot. n. 19396, una denuncia di inizio attività per la realizzazione, sull’area antistante il “Bar Maria”, di una tettoia in legno di circa mq 54, da ancorare al suolo tramite una piastra in ferro collegata alla struttura lignea con un assemblaggio a secco, di dimensioni e sagoma sostanzialmente corrispondenti al manufatto originario.

    E’, quindi, evidente che tale opera, contrariamente a quanto affermato nel provvedimento impugnato, va inquadrata tra gli interventi di recupero e di edilizia minore (“manutenzione straordinaria”).

    Al riguardo, è appena il caso di ricordare che l’art. 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, definisce, alla lettera a), gli interventi di “manutenzione ordinaria” quelli riguardanti “le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti”; alla lett. b), gli interventi di “manutenzione straordinaria”, “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonchè per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e che non comportino modifiche delle destinazioni d’uso”; alla lett. c), gli interventi di “restauro e risanamento conservativo”, “quelli rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurare la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio”; alla lett. d), gli interventi di “ristrutturazione edilizia”, “quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, la eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti … demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato”; alla lettera e) gli interventi di “nuova costruzione”, quali: “la costruzione di nuovi edifici fuori terra o interrati, ovvero l’ampliamento di quelli esistenti …; gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria …; la realizzazione di infrastrutture e di impianti …; l’installazione di torri e tralicci …; l’installazione di manufatti leggeri …; gli interventi pertinenziali … che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale; la realizzazione di depositi di merci o di materiali …; gli interventi di ristrutturazione urbanistica …”.

    Tali definizioni si ritrovano sostanzialmente confermate, con ulteriori specificazioni, nel vigente Regolamento Urbanistico Edilizio Comunale ( R.U.E.C. ) di Forio.

    In particolare, l’art. 10 del vigente RUEC fa rientrare tra gli “interventi di manutenzione straordinaria”, tra gli altri:

    “ …;

    – rifacimento della sistemazione esterna;

    …;

    – la realizzazione di pergolati, grillages e gazebi, nonché delle opere necessarie per l’adeguamento degli edifici esistenti alle vigenti disposizioni di legge in materia di superamento delle barriere architettoniche;

    …;

    – realizzazione di tettoie di modeste dimensioni per la protezione delle strutture retrostanti dagli agenti atmosferici esterni;

    ….”.

    L’art. 11 fa rientrare tra gli “interventi di restauro e di risanamento conservativo”, tra gli altri:

    “- la conservazione della costruzione, delle sue qualità, del suo significato e dei suoi valori mediante l’eliminazione delle aggiunte utilitarie e storicamente false, il consolidamento di elementi costitutivi e l’inserimento di elementi accessori e impianti, così da recuperarne l’uso, purché non risultino alterate la forma e la distribuzione;

    – la conservazione, il recupero e la ricomposizione di reperti e di spazi, sia interni che esterni, di per sé significativi o che siano parte di edifici, ambienti e complessi meritevoli di tutela, ivi compresi quelli di matrice industriale;

    – la copertura di un terrazzo in coppi, terrazzo in precedenza a cielo aperto;

    …”.

    L’art. 12 fa rientrare tra gli “interventi di ristrutturazione edilizia”, tra gli altri, “quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, compresi la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti”.

    L’art. 14 fa rientrare, infine, tra gli interventi di “nuova costruzione”:

    “a) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l’ampliamento di quelli esistenti all’esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera f);

    b) gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal Comune;

    c) la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato;

    d) l’installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione;

    e) l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee;

    f) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale;

    g) la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all’aperto ove comportino l’esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo in edificato”.

    Dall’esame delle norme predette, considerato che:

    – la tettoia di progetto rientra tra le opere accessorie e/o pertinenziali non comportanti alcun incremento di superficie e/o volume (la tettoia progettata sarà posta a copertura di una superficie preesistente e [essendo completamente aperta su tre lati] non determinerà alcun aumento di volume);

    – la stessa consiste, tra l’altro, nella sostituzione di una struttura lignea originaria con nuova struttura lignea di dimensioni e sagoma sostanzialmente corrispondenti;

    non vi è dubbio alcuno che tale opera non può in alcun modo essere qualificata nuova costruzione, ma deve, piuttosto, essere ricondotta agli interventi di recupero di cui alle lettere b), c), o – tutto al più – d) dell’art. 3 del d.P.R. n. 380/01.

    Si richiamano, in proposito, le seguenti massime giurisprudenziali:

    “Una tettoia fissata al suolo con un solo pilastrino e, per il resto, direttamente ancorata al muro retrostante, aperta su tre lati, con copertura costituita da semplici lamiere coibentate, non è suscettibile di creare nuove superfici o nuovi volumi, e non è pertanto soggetta al regime del permesso di costruire” (T.A.R. Campania – Napoli, Sez. IV, 20.3.2012, n. 1371).

    “La tettoia in legno esterna al fabbricato, tenuto conto delle sue dimensioni e della sua specifica funzione e collocazione, non può considerarsi né opera di “ristrutturazione edilizia” ai sensi della lett. d) dell’art. 3 del d.P.R. n. 380/2001, né di “nuova costruzione” ai sensi dei punto e.1 ed e.6. dello stesso art. 3. Come tale non può, quindi, essere ricondotta nell’ambito degli interventi che l’art. 10, co. 1, del d.P.R. n.380/2001 sottopone a preventivo permesso a costruire, ma, più correttamente, a quelli sottoposti a preventiva denuncia di inizio attività ai sensi del successivo art. 22, co. 1, non essendo ravvisabile, di contro, alcuna delle ipotesi che il precedente art.6 considera attività edilizia libera” (T.A.R. Abruzzo – Pescara, Sez. I, 29.10.2009, n. 645).

    “Una tettoia di struttura in legno lamellare, non dotata di chiusure verticali, aperta su tre lati non è assoggettata a permesso di costruire (p.d.c.), risultando sufficiente un titolo autorizzatorio (leggi D.I.A.) più che concessorio, posto che l’apertura su tre lati è un elemento fondamentale per la definizione dell’intervento in questione perché l’opera di che trattasi non viene a costituire un volume aggiuntivo e quindi rimane nel concetto pertinenziale, per cui la sanzione applicabile in carenza di titolo autorizzativo è di ordine pecuniaria” (T.A.R. Puglia – Bari, Sez. III, 8.10.2009, n. 2375).

    2.2. In ogni caso, pur volendo ammettere in tesi che l’opera de qua non possa essere inquadrata tra gli interventi di edilizia minore, dovendo invece essere ricondotta alla categoria della “ristrutturazione edilizia”, per la sua assentibilità non era – di certo – richiesto alcun permesso di costruire (v., in tema, T.A.R. Calabria – Catanzaro, Sez. I, 25.7.2011, n. 1059).

    Invero, l’art. 22 del d.P.R. n. 380/2001 stabilisce che:

    « 1. Sono realizzabili mediante denuncia di inizio attività gli interventi non riconducibili all’elenco di cui all’articolo 10 e all’articolo 6, che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente.

    2. Sono, altresì, realizzabili mediante denuncia di inizio attività le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell’edificio e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire. Ai fini dell’attività di vigilanza urbanistica ed edilizia, nonché ai fini del rilascio del certificato di agibilità, tali denunce di inizio attività costituiscono parte integrante del procedimento relativo al permesso di costruzione dell’intervento principale e possono essere presentate prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori.

    3. In alternativa al permesso di costruire, possono essere realizzati mediante denuncia di inizio attività:

    a) gli interventi di ristrutturazione di cui all’articolo 10, comma 1, lettera c);

    b) gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora siano disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni plano-volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal competente organo comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti; qualora i piani attuativi risultino approvati anteriormente all’entrata in vigore della legge 21 dicembre 2001, n. 443, il relativo atto di ricognizione deve avvenire entro trenta giorni dalla richiesta degli interessati; in mancanza si prescinde dall’atto di ricognizione, purché il progetto di costruzione venga accompagnato da apposita relazione tecnica nella quale venga asseverata l’esistenza di piani attuativi con le caratteristiche sopra menzionate;

    c) gli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche ».

    La stessa normativa regionale vigente in Campania ammette la realizzazione degli interventi di ristrutturazione edilizia in base a semplice d.i.a. (ovviamente, previa acquisizione del parere della Soprintendenza).

    Ed infatti, l’art. 2 della legge regionale n. 19/2001 stabilisce che:

    “Possono essere realizzati in base a semplice denuncia di inizio attività:

    a) gli interventi edilizi, di cui all’art. 4 del decreto legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493,come sostituito dall’art. 2, comma 60, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, lettere a), b), c), d), e), f);

    b) le ristrutturazioni edilizie, comprensive della demolizione e della ricostruzione con la stessa volumetria, superficie e sagoma dell’edificio preesistente;

    c) gli interventi sottoposti a permesso di costruire, qualora siano specificamente disciplinati da piani attuativi che contengano precise disposizioni plano volumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal Consiglio comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione di quelli vigenti;

    d) i sopralzi, le addizioni, gli ampliamenti e le nuove edificazioni in diretta esecuzione di idonei strumenti urbanistici diversi da quelli indicati alla lettera c) ma recanti analoghe previsioni di dettaglio;

    e) le varianti ai permessi di costruire che non incidano sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterino la sagoma dell’edificio e non violino le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire;

    f) i mutamenti di destinazione d’uso di immobili o loro parti, che non comportino interventi di trasformazione dell’aspetto esteriore, e di volumi e di superfici; la nuova destinazione d’uso deve essere compatibile con le categorie consentite dalla strumentazione urbanistica per le singole zone territoriali omogenee;

    g) la realizzazione di impianti serricoli funzionali allo sviluppo delle attività agricole, di cui alla legge regionale 24 marzo 1995, n. 8.

    2. Per i beni sottoposti ai vincoli di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, la realizzazione degli interventi previsti dal comma 1) è subordinata al rilascio dell’autorizzazione da parte delle Amministrazioni preposte alla tutela dei vincoli stessi, se prescritta.

    3. Al momento della presentazione della denuncia di inizio attività, l’ufficio comunale competente all’esame della stessa comunica all’interessato il nominativo del responsabile del procedimento.

    4. Resta fermo l’obbligo di versare il contributo commisurato agli oneri di urbanizzazione ed al costo di costruzione delle opere da realizzare, ove tale contributo sia dovuto.

    5. Il mutamento di destinazione d’uso senza opere, nell’ambito di categorie compatibili alle singole zone territoriali omogenee, è libero.

    6. Il mutamento di destinazione d’uso, con opere che incidano sulla sagoma dell’edificio o che determinano un aumento piano volumetrico, che risulti compatibile, con le categorie edilizie previste per le singole zone omogenee è soggetto a permesso di costruire.

    7. Il mutamento di destinazione d’uso, con opere che incidano sulla sagoma, sui volumi e sulle superfici, con passaggio di categoria edilizia, purché tale passaggio sia consentito dalla norma regionale, è soggetto a permesso di costruire.

    8. Il mutamento di destinazione d’uso nelle zone agricole – zona E – è sempre soggetto a permesso di costruire”.

    In conclusione, per quanto stabilito dall’art. 22 del DPR 380/01, dall’art. 2 della L.R. n. 19/2001 e dall’art. 18 del vigente RUEC di Forio, per la realizzazione dell’opera in esame era sicuramente sufficiente la mera presentazione della denuncia di inizio attività, essendo già stata acquisita la prescritta autorizzazione, ex art. 146 del d.lgs. n. 42/04, con provvedimento n. 19/2013, preceduta dai pareri favorevoli dello stesso responsabile dell’Ufficio Paesaggio, della Commissione per il Paesaggio e della Soprintendenza BAPSAE di Napoli e Provincia che, con nota n. 7008 del 13 marzo 2013, ha espressamente attestato che “sotto il profilo paesaggistico le opere non risultano in contrasto con i caratteri paesaggistici del contesto”.

    Va da sé che il provvedimento inibitorio prot. 6631/2014 del 13 marzo 2014 è illegittimo anche perché si pone in evidente contrasto con precedenti decisioni della medesima P.A., avendo il responsabile dell’Ufficio Paesaggio del comune di Forio già precedentemente attestato la conformità dell’intervento proposto con le prescrizioni contenute nei provvedimenti di dichiarazione di interesse pubblico e nello strumento pianificatorio vigente e rilasciato la relativa autorizzazione paesaggistica secondo la procedura semplificata prevista dal d.P.R. n. 139/2010, il quale, come si ricorderà, all’art. 4 impone all’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione (nel nostro caso all’amministrazione comunale di Forio sub-delegata ai sensi delle LL.RR. n. 65/81 e n. 10/82) di verificare preliminarmente, ove ne abbia la competenza, la conformità dell’intervento progettato alla disciplina urbanistica ed edilizia.

    Nella fattispecie, non vi è dubbio che tale verifica sia stata effettuata, tant’è che, nel parere reso dalla Soprintendenza, si fa esplicito riferimento alla relazione istruttoria favorevole del responsabile dell’Ufficio e all’accertamento della conformità dell’intervento alle previsioni dello strumento pianificatorio vigente sul territorio comunale.

    Di certo, l’autorizzazione paesaggistica non avrebbe potuto essere rilasciata in assenza della verifica preliminare imposta dall’art. 4, comma 2, del d.P.R. n. 139 cit., a mente del quale:

    « L’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione, entro il termine di cui al comma 2 dell’articolo 3, verifica preliminarmente, ove ne abbia la competenza, la conformità dell’intervento progettato alla disciplina urbanistica ed edilizia ».

    A ciò va aggiunto che nel provvedimento di autorizzazione paesaggistica n. 19/2013 si dà anche atto che la richiesta presentata dal ricorrente era espressamente riferita a “permesso di costruire per opere di realizzazione tettoia”.

    Da tanto consegue che il responsabile del Servizio Edilizia ed Urbanistica del comune di Forio non avrebbe mai potuto inibire i lavori previsti nella denuncia di inizio attività, attesa la già accertata conformità dell’opera alla normativa urbanistica vigente nel territorio comunale e, quel che è più grave, non avrebbe mai potuto assumere iniziative logicamente incompatibili con gli atti (di segno opposto) già adottati in precedenza.

    Di qui il denunziato eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti manifestazioni, alla luce dei principi racchiusi nelle seguenti massime:

    « Il vizio di contraddittorietà, quale figura sintomatica dell’eccesso di potere suscettibile di inficiare un determinato provvedimento, può dirsi realizzato quando quest’ultimo si ponga in palese contrasto con altro atto precedentemente emanato dalla medesima potestà e cronologicamente a questo strettamente collegato »(T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 14 novembre 2002, n. 3881).

    « È illegittimo per eccesso di potere il provvedimento contrastante con un precedente atto emesso dalla medesima amministrazione a breve distanza di tempo dal primo, ove il secondo non sia sorretto da una ampia e puntuale motivazione idonea a giustificare il diverso orientamento adottato »(Consiglio Stato, sez. IV, 13 luglio 1998, n. 1090).

    « Il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà è configurabile quando sussistano valutazioni tra loro incompatibili tra atti o comportamenti adottati dall’amministrazione in circostanze del tutto analoghe e nell’esercizio del medesimo potere e la diversità di determinazione non sia giustificabile in base al principio di coerenza logica»(T.A.R. Marche, 30 gennaio 1998, n. 115).

    Sulla illegittimità, poi, delle motivazioni addotte a sostegno della inibizione dei lavori oggetto di d.i.a., occorre ancora una volta ribadire che, contrariamente a quanto ex adverso affermato,

    a ) – la tettoia in esame, rientrando tra gli interventi di manutenzione straordinaria, o tutto al più in quelli di ristrutturazione edilizia, per quanto stabilito dall’art. 22 del DPR 380/01, dall’art. 2 della L.R. n. 19/2001 e dall’art. 18 del vigente RUEC di Forio, è assoggettata a semplice denuncia di inizio attività, previa acquisizione della prescritta autorizzazione ex art. 146 d.lgs. n. 42/04, che è stata regolarmente rilasciata dal Responsabile dell’Ufficio Paesaggio del medesimo ente (provvedimento n. 19/2013);

    b ) – il vigente regolamento edilizio, come sopra sottolineato, non limita affatto l’utilizzo dello strumento della denuncia di inizio attività alle opere di manutenzione straordinaria, quali piccole tettoie con finalità protettive, ma estende tale possibilità a tutta una serie di interventi elencati all’art. 18 del vigente RUEC [ a) – gli interventi di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo, come descritti negli articoli 10 e 11 che precedono e, comunque, gli interventi edilizi di cui all’art. 4 del D.L. 5.10.1993, n. 398, convertito, con modificazioni, dalla L. 4.12.1993, n. 493, come sostituito dall’art. 2, comma 60, della L. 23.12.1996, n. 662, lettere a), b), c), d) e) ed f); b ) – le ristrutturazioni edilizie, comprensive della demolizione e della ricostruzione con la stessa volumetria, superficie e sagoma dell’edificio preesistente; c ) – gli interventi sottoposti a permesso di costruire qualora siano specificamente disciplinati da piani attuativi che contengano precise disposizioni planovolumetriche, tipologiche, formali e costruttive, la cui sussistenza sia stata esplicitamente dichiarata dal Consiglio comunale in sede di approvazione degli stessi piani o di ricognizione dì quelli vigenti; d ) – i sopralzi, le addizioni, gli ampliamenti e le nuove edificazioni in diretta esecuzione di idonei strumenti urbanistici diversi da quelli indicati alla lettera c) ma recanti analoghe previsioni di dettaglio; e ) – le varianti ai permessi di costruire che non incidano sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modifichino la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterino la sagoma dell’edificio e non violino le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire; f ) – i mutamenti di destinazione d’uso di immobili o loro parti, che non comportino interventi di trasformazione dell’aspetto esteriore, e di volumi e di superfici; la nuova destinazione d’uso deve essere compatibile con le categorie consentite dalla strumentazione urbanistica per le singole zone territoriali omogenee; g ) – la realizzazione di impianti terricoli funzionali allo sviluppo delle attività agricole, di cui alla L.R. 24 marzo 1995, n. 8. ];

    c ) – come innanzi precisato, l’opera in esame rientra espressamente tra le fattispecie assoggettate a denuncia di inizio attività;

    d ) – la circostanza che la concessione per l’occupazione del suolo pubblico non prevedesse, come (peraltro erroneamente) sostenuto “ex adverso”, la realizzazione della tettoia, non determina affatto mancanza del requisito della disponibilità del suolo, essendo tale requisito collegato, appunto, alla disponibilità del suolo e non, invece, al tipo di opera da eseguire;

    A tal ultimo proposito, va rilevato che l’art. 8 del d.P.R. n. 380/2001, nello stabilire che « la realizzazione da parte di privati di interventi edilizi su aree demaniali è disciplinata dalle norme del presente testo unico », riconosce implicitamente la autonomia tra il procedimento urbanistico – edilizio e quello concessorio (cfr., T.A.R. Campania – Napoli, Sez. IV, 20.1.2009, n. 202, secondo cui « il provvedimento di concessione di occupazione di suolo pubblico non può valere anche come permesso di costruire, trattandosi di materie sottoposte a disciplina diversa, rimesse ad uffici distinti e rispondenti a diverse finalità »).

    Del resto, non va dimenticato che la giurisprudenza amministrativa ha talvolta addirittura affermato che “il titolo abilitativo urbanistico – edilizio costituisce parere obbligatorio e vincolante ai fini del rilascio della concessione demaniale, in applicazione dell’art. 31 l. n. 1150 del 1942, le cui disposizioni sono oggi contenute nel t.u. dell’edilizia e precisamente negli artt. 8, 12 e 15 d.P.R. n. 380 del 2001” (v., in tema, T.A.R. Sicilia – Catania, Sez. III, 17.5.2007, n. 845).

    Di qui la palese fondatezza dei mezzi di censura di cui in rubrica.

    B) Sulla illegittimitÀ del provvedimento prot. n. 6604 del 13.3.2014 di annullamento della concessione RELATIVA allA occupazione di suolo demaniale n. 5899/2014.

    3.VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 7 E 10 DELLA LEGGE N. 241/90. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DEL GIUSTO PROCEDIMENTO. VIOLAZIONE DELL’ART. 21 NONIES DELLA LEGGE N. 241/90. DIFETTO DI MOTIVAZIONE E DI ISTRUTTORIA. VIOLAZIONE DELL’ART. 3 DELLA LEGGE N. 241 CIT..

    3.1.L’art. 21 nonies della legge n. 241/90 stabilisce che:

    «E’ annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza ».

    Tuttavia, è noto che l’annullamento d’ufficio di un atto amministrativo non può prescindere dal rispetto delle garanzie partecipative ex artt. 7 e 10 della legge n. 241/90.

    Si è, infatti, ritenuto che:

    « L’esercizio dell’autotutela da parte della p.a. postula sempre il previo avviso di avvio del procedimento, perché l’interessato deve essere messo in condizione di argomentare in contraddittorio con l’Amministrazione sull’insussistenza di un prevalente interesse attuale alla rimozione dell’atto ritenuto illegittimo » (Cons. Stato, Sez. IV, 28.2.2012, n. 1112).

    « In materia di autotutela decisoria, stante la pacifica natura discrezionale dell’atto di annullamento d’ufficio, occorre dar corso alla comunicazione d’avvio del procedimento, trattandosi di attività di secondo grado incidente su situazioni giuridiche medio tempore consolidatesi ed astretta pertanto a stringenti limiti applicativi » (T.A.R. Puglia – Lecce, Sez. III, 14.11.2012, n. 1891).

    « Nei provvedimenti di secondo grado adottati in via di autotutela, l’omessa comunicazione da parte dell’Amministrazione procedente dell’avviso di avvio del procedimento all’interessato, sì da mettere quest’ultimo in condizione di argomentare in contraddittorio con l’Amministrazione, sull’insussistenza di un prevalente interesse attuale alla rimozione dell’atto ritenuto illegittimo, è circostanza che determina l’illegittimità in via derivata del provvedimento finale adottato senza il rispetto della suddetta formalità procedurale » (T.A.R. Campania – Napoli, Sez. V, 6.11.2012, n. 4412).

    « La preventiva comunicazione di avvio del procedimento, prescritta dall’art. 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241 sul procedimento amministrativo, costituisce una regola generale dell’azione amministrativa, soprattutto quando l’amministrazione eserciti il potere d’annullamento d’ufficio (nella specie, di un permesso di costruire) per il quale occorre dare adeguatamente conto della sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione dell’atto o alla cessazione dei suoi effetti » (Cons. Stato, Sez. I, 25.5.2012, n. 3060).

    Peraltro, l’art. 10 dell’Allegato A) del Regolamento comunale per l’occupazione di suolo pubblico stabilisce che:

    « Salvi i motivi di revoca previsti nel presente e negli altri regolamenti comunali, per motivi di interesse pubblico, e/o subentrino nuove previsioni urbanistiche o qualora dalla relazione di verifica dello stato di manutenzione emerga un cattivo stato di conservazione può essere revocata con provvedimento motivato, previa comunicazione di avvio del procedimento ai sensi degli articoli 7 e 8 deI1a Legge n. 24111990 con almeno 30 giorni di preavviso. Per motivate urgenze di interesse pubblico la comunicazione alla parte può avvenire con 15 giorni di preavviso ».

    Nella fattispecie, in palese contrasto con il richiamato orientamento giurisprudenziale e la disposizione regolamentare appena citata, le garanzie partecipative risultano essere state assicurate solo formalmente.

    Ed infatti, con atto dell’11.3.2014, prot. n. 6483, il responsabile delServizio Ragioneria, Tributi e Demanio del comune di Forio ha diffidato il ricorrente a rimuovere il ponteggio metallico, con l’annessa rete frangivento, installato sul suolo demaniale, preannunciando – solo in caso di inottemperanza – l’adozione di un provvedimento di decadenza.

    Nel riscontrare tale atto, come sopra precisato, il ricorrente, con nota del 12.3.2014, prot. n. 6491, ha rappresentato al funzionario responsabile, conformemente a quanto già comunicato all’U.T.C. in data 7.3.2014, prot. n. 6151, e in data 10.3.2014, prot. n. 6222, di essersi limitato ad installare, sullo spazio antistante il predetto esercizio commerciale, un ponteggio metallico al solo fine di procedere alla realizzazione della tettoia in legno assentita da richiamati titoli abilitativi.

    Ritenendo, peraltro, che la diffida potesse, come già detto, scaturire da un difetto di coordinamento tra i diversi uffici comunali, il ricorrente ha anche trasmesso copia della d.i.a. prot. n. 19396/2013 e dell’autorizzazione paesaggistica n. 19/2013 al medesimo funzionario, facendo rilevare che la stessa concessione per l’occupazione di suolo pubblico n. 5899 del 4.3.2014 prevede espressamente la possibilità di eseguire “ogni eventuale opera e lavori purché preventivamente autorizzati dall’Amministrazione”.

    Senonchè, il 13.3.2014, a distanza di appena due giorni dopo la adozione dell’atto di diffida prot. n. 6483/2014, il responsabile del Settore Ragioneria, Tributi e Demanio ha inopinatamente annullato con effetto immediato la predetta concessione.

    Nel fare ciò, non solo ha omesso di concedere il prescritto termine di 30 giorni “quale preavviso”, ma non ha nemmeno dato riscontro agli scritti difensivi tempestivamente presentati dal ricorrente.

    Pertanto, sebbene il ricorrente abbia avuto la possibilità di apprezzare e contrastare “ex ante” i futuri effetti dell’attività amministrativa posta in essere nei suoi confronti, in una situazione in cui la composizione dell’assetto degli interessi pubblici e privati non era ancora delineata, e di interloquire con la P.A., fornendo un utile contributo collaborativo attraverso la proposizione di pertinenti osservazioni, la mancanza di un’adeguata replica a tali osservazioni, in violazione dell’art. 7 della l. n. 241 del 1990 (che, in caso di mancato accoglimento delle osservazioni, obbliga l’Amministrazione procedente ad esprimere un corredo motivazionale rafforzato che si sovrappone e specifica l’obbligo di motivazione generalmente imposto dall’art. 3 della l. n. 241 del 1990), ha dato luogo ad un’autonoma violazione di una specifica previsione normativa che, come è noto, non resta limitata in un ambito interno, determinando l’illegittimità del provvedimento adottato (cfr., sul punto, T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, 8 settembre 2006, n. 7983; T.A.R. Abruzzo-L’Aquila, 4 luglio, n. 500).

    3.2. L’impugnato provvedimento – a ben vedere – non risulta neanche adeguatamente motivato in ordine all’interesse pubblico concreto ed attuale all’annullamento della concessione n. 5899/2014, pur avendo la giurisprudenza amministrativa ripetutamente affermato che « il provvedimento di autotutela deve essere adeguatamente motivato, in maniera tale che sia possibile individuare le ragioni che hanno determinato lo stesso annullamento in autotutela: invero, nei procedimenti di secondo grado (art. 21 nonies l. 7 agosto 1990 n. 241), la regola della valutazione comparativa degli interessi contrapposti non tollera eccezioni di sorta, per quanto rilevante possa essere l’interesse pubblico a salvaguardia del quale l’autotutela viene in concreto esercitata» (cfr., fra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 20.9.2012, n. 4997, e T.A.R. Lombardia – Milano, Sez. IV, 21.12.2012, n. 3199).

    E’ stato, altresì, chiarito che l’interesse pubblico concreto ed attuale sotteso all’esercizio del potere di autotutela non può essere nemmeno correlato al mero ripristino della legalità violata (v., in tema, T.A.R. Puglia – Lecce, Sez. III, 17.5.2012, n. 863).

    Difatti, la funzione di autotutela si caratterizza per l’immanente carattere di discrezionalità amministrativa che ne giustifica l’esercizio; condizione da cui discende come corollario l’esigenza di un’adeguata motivazione che rappresenti l’opportunità di modificare l’assetto di interessi ottenuto con il provvedimento di primo grado, a cui si accompagna, in caso di annullamento d’ufficio, anche la rilevazione del vizio di legittimità che affligge quest’ultimo (così, sul punto, T.A.R. Campania – Napoli, Sez. V, 6.11.2012, n. 4412).

    Nella fattispecie,come già evidenziato in narrativa, il responsabile del Servizio Ragioneria, Tributi e Demanio del comune di Forio, con provvedimento prot. 6604 del 13 marzo 2014, richiamato il regolamento comunale per l’occupazione di suolo pubblico, ha annullato la concessione per l’occupazione del suolo pubblico antistante il “Bar Maria” (prot. n. 58899 del 4.3.2014, limitandosi a rilevare che:

    – nella richiesta di rinnovo della concessione il ricorrente avrebbe fatto riferimento alla occupazione con tavolini, sedie, panche, ombrelloni e quanto altro previsto dal vigente regolamento comunale, senza fare alcun riferimento alla realizzazione della tettoia;

    – la mancata indicazione della tettoia nella richiesta presentata, nonostante la stessa fosse stata già assentita da altri uffici comunali, sarebbe da ritenere un tentativo, palesemente doloso, di indurre l’Ufficio in errore, in quanto la eventuale indicazione della tettoia nella richiesta avrebbe, di certo, comportato il rigetto della stessa per contrasto con l’art. 17 del vigente regolamento comunale approvato con delibera consiliare n. 36/2010, che prevederebbe solo la possibilità di installare tende apribili prive di sostegno al suolo.

    Orbene, a prescindere dalla inconferenza di tali rilievi (come meglio si dirà infra), non può sfuggire che al ricorrente non è stata data la possibilità di ricostruire il percorso logico-giuridico seguito dall’amministrazione comunale, la quale ha unicamente affermato che l’art. 17 del vigente regolamento comunale in materia di occupazione di suolo demaniale “prevede solo la possibilità di installare tende apribili prive di sostegno al suolo”, senza aggiungere altro.

    Il provvedimento impugnato è, dunque, illegittimo anche perché, in contrasto con quanto previsto dall’art. 3 della l. n. 241/90, per il quale “ogni provvedimento amministrativo ( ad eccezione degli atti normativi e di quelli a contenuto generale )…deve essere motivato” ( cfr., in termini, T.A.R. Campania – Napoli, Sez. IV, sent. 3 ottobre 1997, n. 2459), non indica i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria.

    E’ risaputo, infatti, che la motivazione di un provvedimento amministrativo è finalizzata a consentire al destinatario del provvedimento la ricostruzione dell’iter logico-giuridico che ha determinato la volontà dell’amministrazione consacrata nella determinazione a suo carico adottata; essa, pertanto, costituisce uno strumento di verifica del rispetto dei limiti della discrezionalità allo scopo di far conoscere agli interessati le ragioni che impongono la restrizione delle rispettive sfere giuridiche o che ne impediscono l’ampliamento, e di consentire il sindacato di legittimità sia da parte del giudice amministrativo che eventualmente degli organi di controllo.

    Sul punto, è stato affermato in giurisprudenza che:

    « Il difetto di motivazione dell’atto amministrativo impedisce di comprendere in base a quali dati specifici sia stata operata la scelta della p.a., nonché di verificarne il percorso logico seguito nell’applicare i criteri generali nel caso concreto, così contestando di fatto una determinazione assolutamente discrezionale e non controllabile e violando non solo l’obbligo di motivare i provvedimenti amministrativi, indicando, ai sensi dell’art. 3 l. 7 agosto 1990 n.241, i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che li hanno determinati in relazione alle risultanze dell’istruttoria, ma anche i principi di imparzialità e buon andamento, di cui all’art. 97 cost. » (cfr., fra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 4 settembre 1996, n.1009).

    « L’amministrazione ha l’obbligo di emanare provvedimenti assistiti da motivazione chiara ed esauriente senza che l’interessato debba sforzarsi per intuire o presumere le sue intenzioni per acquisire quelle che possano essere state le ragioni recondite poste a base dell’azione amministrativa » (T.A.R. Campania – Napoli, Sez. III, 9 luglio 2007, n. 6577).

    3.3. Per completezza di difesa, va ancora eccepito che l’art. 17 del Regolamento comunale per l’occupazione del suolo pubblico, approvato con delibera di C.C. n. 36 del 13.10.2010, contrariamente a quanto affermato nel provvedimento impugnato, non esclude affatto la possibilità di occupare il suolo comunale con opere del tipo di quella oggetto dei richiamati titoli abilitativi, limitandosi a stabilire che:

    « E’ consentita l’installazione di tende apribili prive di sostegni al suolo (tende a sbraccio) al di sopra l’ingresso dei negozi, delle botteghe e dei pubblici esercizi ed ombrelloni posti all’esterno. Le stesse devono essere richiuse durante la chiusura dell’attività. Per l’installazione delle tende nell’ottica nel rispetto della legge vigente è necessario produrre al Responsabile del Settore Urbanistica Patrimonio ed Estetica cittadina tutta la documentazione necessaria onde acquisire l’autorizzazione paesaggistica con procedura semplificata di cui al d.P.R. n. 139 del 9.7.2010. I1 Responsabile può disporre in qualsiasi momento la sostituzione di dette strutture costituenti l’occupazione, ove le stesse non siano mantenute in buono stato ».

    Il regolamento in esame non esclude, dunque, che semplici tettoie in legno possano essere realizzate su suolo pubblico, tant’è che il territorio comunale di Forio si caratterizza proprio per la diffusa presenza, nelle aree antistanti gli esercizi commerciali adibiti a bar e ristoranti, di analoghe tettoie in legno ricoperte di rigogliose essenze arboree.

    Anzi come correttamente evidenziato dal ricorrente nei propri scritti difensivi del 12.3.2014, prot. n. 6491, nella specie è la stessa concessione per l’occupazione di suolo pubblico n. 5899 del 4.3.2014 a prevedere espressamente la possibilità di eseguire “ogni eventuale opera e lavori purché preventivamente autorizzati dall’Amministrazione”.

    Ne discende che l’annullamento della concessione de qua, oltre che immotivato, è anche illegittimo per insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto per l’esercizio del potere di autotutela.

    Ed invero, l’art. 1, comma 3, dell’Allegato A) del predetto regolamento prevede che:

    “E’ fatto divieto di installare pedane o altre strutture similari compresi padiglioni e quant’altro, ancorché mobili, all’esterno di pubblici esercizi in tutte quelle zone ove tale tipo di occupazione risultasse in contrasto con il decoro e l’arredo urbano, o comunque recasse intralcio alla libera circolazione veicolare e/o pedonale”.

    Non può disconoscersi che, nel caso in esame, l’amministrazione resistente non ha rilevato alcun contrasto dell’opera progettata “con il decoro e l’arredo urbano”, ovvero con l’interesse “alla libera circolazione veicolare e/o pedonale”.

    È, altresì, innegabile che non ricorrevano nemmeno le condizioni stabilite dal regolamento comunale per disporre l’annullamento della predetta concessione a titolo di “sanzione”.

    Infatti, l’art. 13 del regolamento stabilisce che sono cause di decadenza dalla concessione:

    a) il mancato pagamento del canone di concessione;

    b) le reiterate violazioni, da parte del concessionario, delle condizioni previste nell’atto rilasciato;

    c) la violazione delle norme di Legge o regolamentari dettate in materia di occupazione del suolo;

    d) l’uso improprio del diritto di occupazione o il suo esercizio in contrasto con le norme ed i regolamenti vigenti;

    e) la mancata occupazione del suolo oggetto dell’autorizzazione o concessione senza mancato motivo, nei 30 giorni successivi al conseguimento del permesso nel caso di occupazione permanente, ovvero nei 5 giorni successivi in caso di occupazione temporanea;

    f) il mancato utilizzo per un periodo superiore a trenta giorni nel caso di occupazioni permanenti;

    g) il mancato utilizzo dell’occupazione suolo da parte del titolare della concessione e/o autorizzazione.

    Condizioni queste che, come si evince dal provvedimento impugnato, non ricorrono affatto nel caso in esame, nè risultano contestate al ricorrente, al quale non sono stati neanche evidenziati “i comprovati motivi di pubblico interesse” che, ai sensi del successivo art. 14 del medesimo regolamento, avrebbero – in teoria – potuto giustificare la revoca della concessione in questione.

    C) sulla illegittimita’ del regolamento comunale per l’occupazione del suolo pubblico, approvato con delibera di c.c. n. 36 del 13.10.2010, E DELLE ORDINANZE SINDACALI NN. 69/2012 E 118/2012.

    4. VIOLAZIONE DEL D.P.R. N. 380/2001. VIOLAZIONE DEL R.U.E.C.. violazione dei Principi di logicitÀ, ragionevolezza ED IMPARZIALITA’ che devono presiedere all’esercizio dell’azione amministrativa. DISPArITA’ DI TRATTAMENTO.

    4.1. Fermo quanto innanzi e senza riconoscimento alcuno, ove codesto Ecc.mo T.A.R. dovesse ritenere che il Regolamento comunale per l’occupazione del suolo pubblico, approvato dal comune di Forio con delibera di C.C. n. 36 del 13.10.2010, preveda effettivamente un divieto assoluto di realizzare su suolo pubblico tettoie del tipo di quella progettata dal ricorrente, se ne chiede, sin d’ora, l’annullamento per evidente contrasto con la normativa urbanistico – edilizia e paesaggistica vigente nel territorio di Forio.

    E’ noto, infatti, che rientra nella potestà di pianificazione urbanistica la valorizzazione e la salvaguardia delle bellezze naturali e degli interessi storici e ambientali, tale competenza spettando, oltre che allo Stato, anche al comune ed alla regione in sede di approvazione del piano regolatore generale e delle sue varianti.

    Ne consegue che il comune, quale autorità titolare del potere di pianificazione urbanistica, è da ritenere legittimato a valutare autonomamente gli interessi storici, ambientali e paesaggistici e ad imporre, in sede di piano regolatore generale, limitazioni a tutela di quegli interessi.

    Nella fattispecie, il divieto assoluto ed immotivato di realizzare una tettoia sullo spazio comunale, a voler condividere la singolare prospettazione dell’amministrazione resistente, discenderebbe, tuttavia, direttamente da un regolamento che, non soltanto non può essere assimilato ad un Piano Regolatore, ma contrasta apertamente con la normativa statale e regolamentare che, come innanzi evidenziato, disciplina lo sviluppo urbanistico – edilizio nel territorio di Forio.

    Tale regolamento è – a ben vedere – illegittimo anche perché, nello imporre il divieto generalizzato di realizzare tettoie negli spazi pubblici antistanti gli esercizi commerciali, non indica nemmeno i criteri che avrebbero guidato l’amministrazione nella propria scelta discrezionale, né consente diversamente di comprendere come sia stata operata la valutazione di tutti gli interessi (pubblici e privati) coinvolti nell’adozione del regolamento stesso.

    E ciò è tanto più grave se sol si considera che tale regolamento, introducendo il discutibile divieto, fa, comunque, salva la facoltà dei privati di mantenere in sito strutture del tipo di quella progettata dal ricorrente, in palese violazione dei principi di logicità, ragionevolezza ed imparzialità che devono presiedere all’esercizio dell’azione amministrativa.

    Ed infatti, l’art. 1, commi 5,6, e 7, del richiamato Allegato A) prevede che:

    “Per quanto riguarda le strutture già esistenti ed assentite, a qualsiasi titolo e forma dall’Amministrazione Comunale, ancorché negli anni precedenti, sarà effettuata attività di ricognizione e verifica da parte di personale del Settore Polizia Locale, Suolo pubblico ed Urbanistica, atta ad accertare la compatibilità ambientale e con il presente regolamento delle strutture esistenti.

    Il Settore Urbanistica visti gli esiti di detta verifica disporrà la rimozione o la sostituzione di strutture costituenti l’occupazione che non rispondano al decoro e all’arredo urbano e/o non rispettano il presente regolamento.

    Per ragioni di mantenimento del necessario decoro, igiene e sicurezza dello stesso arredo urbano, l’Autorità Comunale competente potrà disporre in qualsiasi momento la sostituzione di strutture costituenti l’occupazione, ove le stesse non siano mantenute in buono stato ed i materiali risultassero in contrasto con le caratteristiche peculiari dei luoghi in cui è stata autorizzata l’occupazione”.

    Ed è proprio in base a tale disposizione che, come già detto, la maggior parte degli esercizi commerciali siti in Forio ed adibiti a bar e ristoranti, continuano a mantenere in sito tettoie e strutture prefabbricate di notevoli dimensioni negli spazi antistanti i relativi immobili: possibilità – questa – immotivatamente ed illegittimamente preclusa al ricorrente.

    4.2. Quanto, infine, alle ordinanze sindacali nn. 69/2012 e 118/2012 richiamate nel provvedimento di annullamento della concessione n. 5899/2014, le stesse non si sottraggono a censura e va