ALTRI TEMPI… TRA PRESEPI, ALBERI DI NATALE E LA VIGILIA DI NATALE. LE STORIE DI SANDRA MALATESTA

Penso spesso, quando mi trovo a preparare gli addobbi natalizi, a quando da bambina andavamo in pineta con babbo a prendere il muschio (reppole) fresco per fare il presepe,

e alle palline che mamma conservava con cura nella carta dei giornali perché quelle palline si rompevano subito se cadevano a terra. Le palline di oggi non si rompono, hanno le forme più strane, i negozi specializzati sono talmente pieni di roba che io ci vado, mi giro intorno, e niente mi piace come le cose che devo inventare. Tutte le casa facevano albero e presepe con quei bei pastori, con le pecorelle, la capanna di sughero e il muschio fresco, il giorno dell’ Immacolata e chi aveva qualche luce colorata la metteva fuori al portone di casa. Non avevamo alberi finti ma abeti veri che poi si piantavano o in vasi o nel giardino. Quei fili argentati e dorati che noi bambini mettevano intorno intorno all’albero ci lasciavano addosso tanti piccoli filini brillanti.

Il mercato comunale si spostava a Piazza Croce per la vendita del pesce fresco. Molte case non avevano ancora il surgelatore e quindi i pesci si compravano o il 23 o il 24 e si mettevano nel frigorifero che a quei tempi era enorme. Cosi alla vigilia di Natale, Piazza Croce era piena piena di pescatori e di gente. Molti bambini andavano con le mamme felici perché c’era un’atmosfera di festa ovunque. Io un anno rimasi colpita da come uccidevano i capitoni e mi venne da piangere. In grosse tinozze le signore sceglievano quale capitone volevano mostrandolo con il dito, il pescatore lo tirava fuori con una specie di mazza cilindrica, lo metteva a terra e cominciava a dare botte in testa o ovunque capitava, mentre il capitone scivolava in giro per nascondersi. Ho il ricordo netto di quel momento e l’anno dopo non ci andai. Mia nonna mi consolò dicendomi che era normale e che come mangiavo pollo e coniglio potevo mangiare il capitone.Io non l’ho mai mangiato perché ero bambina e quel modo atroce di ucciderlo mi fece paura e crescendo ho mangiato sempre meno carne e pesce preferendo altro. Allo stesso tempo, quel giorno, fui così felice quando sentii gridare una signora che aveva visto scappare via il capitone appena comprato che sembrava morto e non lo era.

 

Il giorno della vigilia era il momento più bello per noi bambini. Le mamme avevano da fare e noi andavamo sullo spiazzale o a Piazza Croce nel pomeriggio a giocare a nocciole. Non c’erano tante luci o tante musiche natalizie per strada, ma si sentiva lo stesso il Natale e si sentiva forte forse perché da bambini si aspettava Babbo Natale. La cena della vigilia cominciava presto e si mangiava fino a verso le 22:30 perché poi si doveva sistemare tutto e andare in chiesa per la veglia e poi per la messa. Noi bambini in chiesa a un certo punto, ci stancavamo e spesso qualcuno si addormentava appoggiando la testa sulle gambe delle mamme. Ma il suono festoso delle campane di mezzanotte ci faceva svegliare di colpo. Che belle quelle campane e che bello vedere Don Pietro Buonocore che prendeva il bambino Gesù e lo metteva nella mangiatoia. Ci veniva voglia di battere le mani tanto la gioia. Poi come una marea umana si tornava tutti insieme nei nostri vicoli e tanti bimbi in braccio a mamme e ai papà dormivano beati. La discesa di San Pietro vista dal basso, era piena piena di gente ed era quasi l’una di notte. Il nostro Babbo Natale era un poco più povero ma arrivava sempre e portava giocattoli semplici come bambole o soldatini o macchinine o tazzine che noi poi i portavamo sullo spiazzale di Via De Rivaz per giocare con le amiche.

Cosi la mattina di Natale tutti i bimbi scendevano con i loro doni mentre le mamme preparavano il pranzo e, il momento più dolce, era quando sotto il piatto di uno dei genitori si metteva la letterina per loro e, in piedi sulla sedia ognuno leggeva la sua avendo applausi e soldini e baci e abbracci..e credo che ogni bambino che ancora fa la letterina provi la stessa mia emozione. Certe cose sono uguali nei nostri cuori e fanno capire che emozionarsi è dolce…

Sandra

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