NATALE: VINCE L’ALBERO SINTETICO, QUELLO VERO SEMPRE PIU’ PICCOLO

Nella gara tra albero vero e albero finto vince ancora, anche quest’anno, l’albero sintetico. Colpa di portafogli esausti mentre chi opta per il tradizionale abete tende ad acquistarlo sempre più piccolo.

A determinare l’effeto ‘rimpiccolimento’, che in 15 anni ha ‘tagliato’ gli alberi di Natale di circa mezzo metro di altezza, non solo motivi economici ma soprattutto i sempre minori metri quadri a disposizione nella casa oltre che una maggiore facilità di trasporto: la maggioranza degli abeti acquistati infatti hanno una altezza inferiore al metro e mezzo ma in molti casi non superano neanche il metro. E’ questa la fotografia scattata dall’indagine Coldiretti/Ixe’ presentata in occasione in occasione del week end dell’Immacolata. Oltre il 55% degli italiani dunque rispolvera l’albero sintetico recuperato dalla soffitta o dalla cantina mentre l’albero naturale troverà spazio nelle case di 3,5 milioni di famiglie per una spesa media che si aggira intorno ai 42 euro.

A far lievitare la spesa degli alberi naturali, si legge nel dossier, la tendenza dei consumatori ad acquistare abeti di varietà particolari ma anche più costosi rispetto al tradizionale abete rosso. D’altra parte, l’albero di Natale è irrinunciabile per l’88% delle famiglie. Tornando a quello veri gli abeti piu’ piccoli, che non superano il metro e mezzo, saranno venduti anche quest’anno a prezzi variabili tra i 10 e i 60 euro a seconda della misura, della presenza delle radici ed eventualmente del vaso, mentre per le piante di taglia oltre i due metri il prezzo sale anche a 200 euro per varietà particolari.

Gli abeti utilizzati come ornamento natalizio, rileva ancora Coldiretti, derivano per circa il 90% da coltivazioni vivaistiche mentre il restante 10% (cimali o punte di abete) dalla normale pratica forestale che prevede interventi colturali di “sfolli”, diradamenti o potature indispensabili per lo sviluppo e la sopravvivenza del bosco. In Italia la coltivazione dell’albero di Natale è concentrata prevalentemente in Toscana (province di Arezzo e Pistoia) ed in Veneto. Niente a vedere con le piante di plastica che, conclude Coldiretti, arrivano molto spesso dalla Cina e non solo consumano petrolio e liberano gas ad effetto serra per la loro realizzazione e il trasporto, ma impiegano oltre 200 anni prima di degradarsi nell’ambiente.

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