UNA LANCIA A FAVORE DEGLI ISCHITANI. DI LUCIANO CASTALDI

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Sta facendo molto discutere la presenza, sempre un po’ imbarazzante, per non dire inquietante, di un “barbone” o, per stare al politicamente corretto, di un “clochard” (o, se preferite di “un senza fissa dimora”), nei centralissimi giardinetti antistanti l’ex hotel Jolly a Ischia.

Passo da lì più volte al giorno e posso testimoniare, ben al di là delle grida (non so se manzoniane) di sdegno e degli accorati appelli verso le istituzioni civili e religiose a “fare qualcosa”, che tutto si può dire degli ischitani tranne che stiano dimostrando indifferenza, o cinismo verso questa persona e il suo dramma esistenziale.

Il barbone, con evidenti problemi di salute, viene, infatti, avvicinato più volte al giorno, riuscendo, sebbene a modo suo, persino a tessere qualche scambio interpersonale con gli anziani (dolcissimi) che amano sostare sulle stesse panchine.

C’è chi gli porta da mangiare e da bere, ma soprattutto chi tenta di persuaderlo a farsi aiutare, a farsi curare, ad accettare – finalmente – una sistemazione dignitosa.

Dunque, tutto il contrario di quello che vorrebbero farci credere coloro i quali, dinanzi a questa situazione penosa, non sanno fare altro che urlare “vergogna”.

Purtroppo, col passare del tempo ci si abituerà a questa presenza e, forse, questi lodevoli approcci si diraderanno (speriamo di no) fino a scomparire.

Sappiamo come vanno le cose: chi sceglie la strada difficilmente torna indietro e, dinanzi alla libera, consapevole, reiterata determinazione a vivere in un certo modo, non è facile intervenire.

Ahinoi, quello dei senza fissa dimora è un fenomeno che nasce con l’uomo e – temo – che finirà con lui.

Potrei però dire che, ben altre sono le discriminazioni di cui noi isolani (ma esseri umani in genere) siamo capaci verso quelle persone che escono dalla norma, o – ancora peggio – disturbano la nostra giornata, penso ai malati di mente, ma non qui è il caso di dilungarmi.

Certo è che questa vicenda, per molti versi atroce, ci costringe a riflettere sul mistero dell’uomo, della libertà, della vita.

di Luciano Castaldi