Nel tardo e sonnecchioso pomeriggio di giovedì 21 novembre la piazza di S.Angelo, che da oltre un mese ha assunto i connotati dell’anticamera cimiteriale, vive un sussulto di vitalità. Un improvvido vigile urbano, avvertendo un sussulto di legalità, si reca sulla piazza e incomincia a multare i malcapitati che hanno lasciato l’auto in bella vista a mirar i luoghi. Apriti cielo. L’ultimo custode delle regole, tal Egidio Di Iorio (figlio del più noto Umberto) che più volte in un recente passato ha stimolato, anche con affissioni murali, i vigili serraresi a contravvenzionare ”le macchine del potere”, sente raggiunto il suo momento di soddsfazione e sollecita la guardia a multare macchine motorini e macchinette elettriche (senza distinzione di censo o di potere) nonchè la macchina municipale visto che il vigilante aveva raggiunto la piazza con l’auto. Ma il vigile, già poco avvezzo, di suo, all’ascolto, non da molto credito all’Egidio che per stimolare il vigile ritiene utile passare alle vie di fatto. Si stende sul selciato viario nella strettoia tra la ex pensione conchiglia ed il fabbricato frontiero e non consente alla guardia di andare via. Il vigile che già agognava il rientro si sente perso anche perché sta maturando l’ora per lasciar l’impegno e rientrare a casa. Che si fa? I pensieri si fanno tumultuosi nella mente del tutore dell’ordine (che pensando di metter ordine ha sortito l’effetto scombinante per se stesso). Pensa di arrestare il turbolento Egidio ma dal codice non gli salta fuori la norma di riferimento. Poi pensa che impiegherebbe troppo tempo per le pratiche e nessuno gli pagherebbe lo straordinario. Pensa pensa pensa. E che fa? Pensa bene da padre di chiamare il padre. Senonchè il noto Umberto è impegnato in uno di quei “lavoretti particolari” che si fanno di inverno. Alla vista del numero della vigilanza, l’Umberto ha un sobbalzo di pressione che gli infiamma le gote e gli sprona il ritmo cardiaco supponendo ad una delazione. Il vigile gli racconta quanto succede e l’Umberto si porta trafelato sul posto per risolvere il caso ed evitare guai. Alla vista del figlio disteso, trattenendo istinti diversi “per la paura patita” l’Umberto esclama: “Egidio a papà ma comm’. Nuie tenimm tanto che ffà e te pare na cosa bbona che impedisci al vigile di allontanarsi da S.Angelo? Ma capisce papà che te vò dice’ o no?” Egidio fa mente locale e ricordando “il lavoretto”, realizza che non è il caso di insistere che è meglio che il vigile vada via. Adombra un dolore ad una gamba, si alza e se ne va. Umberto si distende, le gote pure e il vigile,che vede possibile rispettare la tabella di marcia per “smontare”, riprende la sua gaudenzia.
Questo raccontino che prende spunto da un fatto di cronaca, sicuramente sciocco, deve far riflettere ed essere da stimolo per chi potrebbe e dovrebbe fare qualcosa per S.Angelo, un paese che muore. Un luogo di incanto che avendo da anni smarrito la bussola del suo indirizzo e diventato, per dirla con Gogol, un paese di “anime morte”. L’unico “ufficio” che ancora apre i battenti la mattina è la chiesa ed frontistante cimitero.
di Camillo Encantado turista divertito