PROVA D’ORCHESTRA. DI VINCENZO ACUNTO

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Prova d’orchestra, è il titolo di un film di Fellini della fine degli anni 70 nel quale la scena iniziale è data da una stanza vuota ove una persona, non più giovane, racconta la storia delle trombe dei papi e mentre la sta raccontando, la stanza progressivamente si riempie di leggii, spartiti, quadri, fino ad ingolfarsi del tutto con l’arrivo prima delle telecamere e poi dell’orchestra.

La confusione che si genera è tanta e alla fine quella che doveva essere la prova generale, dello spettacolo successivo, resta un miraggio per le tante défaillance degli
orchestrali. La prova dell’orchestra dedita alla ricezione turistica dell’isola d’Ischia, nel ponte di Pasqua, ha
manifestato stonature preoccupanti e, come ho detto la scorsa settimana nel pezzo in bacheca, se andiamo
avanti così ci sarà ben poco da sperare.

Gli unici che venderanno qualcosa saranno i negozi ove è possibile acquistare un cartello “vendesi” visto il dilagare delle cessioni immobiliari a prezzi di saldo, sia di piccole proprietà che di aziende. La lista degli insoluti, dei protesti, dei mutui a sofferenza e delle espropriazioni immobiliari, certificano il fallimento di una politica raffazzonata, che negli anni (e sono tanti) ha sperperato un patrimonio immenso che un grande artista ,Totò, nella bella canzone dedicata all’isola così descriveva “Fra tante belle cose ca’ criat’, o Padreterno ncoppa a chest’terra, na cos’ha fatt’ e tant’ s’è spassato, mmiez a nu mar cu’ stu’ pezzull’ e terr’; e ncoppa a chesta terra profumata, ca’ addor e pac’ e regna na quiet, su st’ isola da tutt’ decantat, te ce ha piazzat’ pur na pinet“. Nulla riesce a fare una politica locale, affidata in prevalenza ad incapaci alla ricerca di un mestiere, che vive l’impegno pubblico, vittima di funzionari sfaticati e di una burocrazia impressionante cresciuta, smisuratamente, nell’ottica considerativa per la quale tutto ciò che è pubblico può generare imbrogli.

E, nel paradosso, anche espressivo, che vuole che gli imbrogli vanno imbrigliati (!!), succede che gli imbroglioni continuano ad imbrogliare e i non imbroglioni a pagare dazio per colpe che nemmeno hanno. Con il corollario (fuor del paradosso espressivo) che persone perbene e preparate non se ne trovano più per rendere servizio alla cosa pubblica. Che, ricordiamo, è di tutti. Facciamo qualche esempio, restando nel piccolo, altrimenti ci si perderebbe.

Anno 1975 il parlamento promulga la famosa legge “Merli” -dal nome del primo firmatario- che vietava gli
scarichi a mare di liquami non depurati. Negli anni successivi, come tuttora accade, un gruppo di tecnici
facinorosi, dal continente si riversò sull’isola, offrendo progettazioni immaginifiche, chiavi in mano, di
condotte fognarie (tutte con sversamento a mare), finanziate in gran parte dalle regioni e con mutui a tassi
molto agevolati della cassa depositi e prestiti. Gli amministratori dell’epoca caddero tutti vittima delle
allodole napoletane e, per stringere nell’esempio considerativo, S.Angelo, il mio paese, alla fine del 1979
era un cantiere aperto per la realizzazione della condotta che portava i liquami fognari nella baia di
ponente; conosciuta da tutti col nome “Chiaia delle Rose” o meglio, in dialetto, “chiairos”. Nelle elezioni
amministrative del 1980 il notaio Nino Arturo (mente illuminata e raffinato giurista), santangiolese come
me, lesse il pericolo che da quelle opere il paese avrebbe vissuto (è dell’altro ieri l’ultima notizia pubblica
della non balneabilità del mare di S.Angelo) e con un gruppetto di giovani attrezzati culturalmente tentò la
strada elettorale per indirizzare il paese in un percorso diverso. Dicendo a tutti (conservo ancora le
registrazioni dei comizi avendo fatto del gruppo) del disastro che il paese avrebbe patito da quello scarico a
mare e dalla mancata programmazione del territorio, aggredito sia a mare (con il porto) che a terra con la
dilatazione della ricettività alberghiera. Il risultato elettorale fu coerente con le mode culturali che all’epoca
andavano ad impadronirsi dell’isola d’Ischia e d’allora il trend non si è più invertito.

Anche in considerazione che gli eventi, culturali, successivi consegnavano al “ludibrio generale” (attraverso l’arte, i media e la magistratura) ogni soggetto che si dedicava alla politica. Determinando la condizione per la quale chi si espone in politica, se fino al momento dell’elezione è una persona perbene, dal giorno
successivo all’elezione diventa un sospettato, dopo tre mesi un indagato e dopo sei mesi un imputato fino
alla conclusione dell’impegno che, oltre al tempo, può costare il patrimonio e la salute. In tale contesto, i
musicanti che si sono alternati nell’orchestra pubblica dell’isola d’Ischia sono di uno spessore (con
l’eccezione di rito) talmente misero per il quale nessuno s’accorge che il proprio strumento non ha
nemmeno le corde o i tasti per poter suonare. E così abbiamo strade scassate, cantieri che ancora si
aprono, code d’auto da grandi città, scarichi a mare (da condotte, cave e strade) incontrollati, spiagge
sporche e tant’altro ancora.

Tanto è spaventosamente vero che venerdì scorso, il più importante tra i media
locale ha diffuso la notizia che “le acque del mare di S.Angelo non sono balneabili”. E, nella desolazione
d’insieme, le parole e la melodia dello stesso poeta “Ischia paravis e giuventù, ischia chistu mar è sempr’
blù; chistu ciel’ che è nu mant’, chistu golfo che è nu incant, chest’ o tien sul’ tu.., sti bellizze songh’ e ‘o
ver’, chest’ dic’ o furastier, ca scurdà nun te po chiù”, si allontanano nella malinconia dei ricordi perscomparire del tutto nella crudezza della realtà che i cartelli “Vendesi” consegnano a ognuno di noi.
acuntovi@libero.it