Con il passare delle ore emergono nuovi particolari sull’inchiesta che ha portato agli arresti domiciliari nei confronti del Comandante della Polizia Municipale di Procida, Giuseppe Trotta. Da quanto si legge nell’Ordinanza, nel corso delle attività investigativa sarebbe emersa, innanzitutto, una gestione non lineare degli illeciti amministrativi relativi ad infrazioni del Codice della Strada. Il preavviso di infrazione al Codice della Strada, invece di essere inteso quale atto atipico della Pubblica Amministrazione e destinato all’avvio dell’attività di accertamento dell’illecito, sarebbe diventato un mezzo di coercizione, utilizzato per costringere gli utenti a munirsi di un abbonamento che consentisse loro o la circolazione su strada o la sosta nelle aree predestinate dall’Amministrazione. Gli stessi preavvisi di infrazione, grazie all’assenza di una qualsiasi registrazione o numero di matricola, quando venivano prodotti nei confronti di parenti, dipendenti pubblici o liberi professionisti, ritenuti dal Comandante Trotta utili per un proprio tornaconto (esempio avvocati, medici, imprenditori), potevano essere cestinati senza alcuna possibilità di rintracciare o far emergere il palese stato di illegittimità. In un caso il verbale di contestazione al Codice della Strada sarebbe anche divenuto il mezzo con cui Trotta si vendicava nei confronti di un cardiologo che, destato telefonicamente nel corso della notte per un consulto medico, e presumendo di non essere più udito, si era lasciato andare ad alcuni epiteti non lusinghieri nei confronti del Comandante della Polizia Municipale. Anche i permessi di sbarco e di circolazione sull’isola di Procida, che all’origine potevano essere rilasciati solo dalla Prefettura di Napoli, venivano invece rilasciati direttamente dal Comandante della Polizia Municipale e solo a medici o imprenditori compiacenti, mentre a coloro che erano ritenute “persone normali”, o non utili ai propri scopi, il permesso veniva negato, paventando la propria incompetenza, e gli interessati venivano invitati a rivolgersi agli uffici prefettizi. Ma le accuse contro il Colonnello Trotta non si fermano alla gestione delle infrazioni al Codice della Strada. Secondo l’ordinanza, infatti, il Comandante avrebbe redatto atti falsi al fine di punire dipendenti e persone che avevano reso informazioni utili alle indagini in corso. Infatti, subito dopo le perquisizioni e i sequestri effettuati il 25 luglio 2012 dai Carabinieri di Ischia, per trovare riscontro a quanto emerso dalle intercettazioni, il Comandante avrebbe avviato improvvisi controlli nelle zone in cui prestavano servizio i propri dipendenti e, dopo aver verificato che alcune delle autovetture in sosta vietata non erano state multate, avrebbe provveduto ad avviare dei procedimenti disciplinari contestando a quei vigili urbani, da lui ritenuti ostili ed inesperti, e che avevano reso informazioni agli inquirenti, addirittura la violazione all’art. 328 del codice penale. La successiva sanzione disciplinare sarebbe, però, stata irrogata non in base alla gravità della condotta e della violazione commessa, ma solo dopo che l’interessato, avvicinato o direttamente da Trotta, o da poliziotti municipali a lui vicini, veniva invitato a rivelare il contenuto delle proprie dichiarazioni agli inquirenti e tutto quanto era a sua conoscenza sulle indagini: se non accettava di collaborare la sanzione disciplinare era la “consegna”, mentre in caso caso contrario sarebbe incorso nel più lieve “rimprovero verbale”. Ma c’è ancora altro. Secondo gli inquirenti, infatti, molte delle azioni criminose condotte dal Comandante della Polizia Municipale di Procida erano finalizzate dal fine ritorsivo. Dalle indagini sarebbe emerso che, dal 07 giugno 2010 al 31 marzo 2012, il Dottor Alessandro Tafuri, Segretario Generale del Comune di Procida, sarebbe stato pedinato e fotografato, su incarico dello stesso Trotta, da alcuni poliziotti municipali vicini al Comandante. L’intento sarebbe stato quello di screditarlo innanzi al vertice dell’Amministrazione locale e di inficiarne, quindi, l’azione di controllo su alcuni capitoli di spesa pubblica sostenuti, anche, dallo stesso Comando di Polizia Municipale. Analogo atteggiamento nei confronti dell’Agente della Polizia Municipale Vincenzo Intartaglia, il quale aveva più volte preteso una gestione meno clientelare del comparto contravvenzionale. Come conseguenza, l’Agente sarebbe stato accusato ingiustamente di un furto perpetrato all’interno dell’ufficio del Comandante della Polizia Municipale. Le accuse sarebbero state mosse sulla base di verbali, predisposti nel 2009, direttamente dal Colonnello Trotta, a chiaro scopo intimidatorio. Intimidazioni che sarebbero emerse da un colloquio, intercettato dalla Polizia Giudiziaria, tra il Comandante e lo stesso Intartaglia. Secondo la ricostruzione degli inquirente, poi, molti degli agenti che in passato avevano firmato gli atti posti a base delle accuse contro il collega, si sarebbero trovati, anche se solo in parte, in uno stato di sudditanza psicologica nei confronti del proprio Comandante, tanto che quando sono stati chiamati a rendere informazioni sul contenuto di tali verbali ne contraddicevano integralmente il contenuto.