PASQUA. “DAL DESERTO UN GIARDINO IRRIGATO”, IL MESSAGGIO DI MONS.LAGNESE ALLA DIOCESI DI ISCHIA

La nostra vita come un terreno arido che, con la morte e la resurrezione di cristo, diventa un giardino ridente!”: è su questa metafora che si basa il messaggio per la pasqua di quest’anno del vescovo di ischia ai fedeli della diocesi.

“Percorro in visita pastorale il variegato territorio dell’Isola, verde ancora e
incantevole sempre. Tuttora un giardino, anche se un tempo molto di più. Ischia,
bellissima e fragile, unica comunque, nonostante tutto, nonostante i soprusi e le
violenze, nonostante i nostri tradimenti. Sull’esempio di Maria di Nazareth vado in
cerca di vite in apparenza ormai sfiorite, per portare la presenza del Vivente e provare
ad annunciare il Risorto, il Veniente. Entro nelle case, costruite spesso in posti
inaspettati e sorprendenti, quasi piantate, dove si poteva o si voleva, come nate
spontaneamente. Per raggiungerle m’inerpico per strade quasi di montagna, m’inoltro
in sentieri di campagna, a tratti ancora scalinate, un tempo soltanto mulattiere.
Respiro il mare e la terra e, complice la primavera già avanzata, osservo le gemme
ormai sbocciate, i primi fiori e l’erba. Avverto i profumi trasportati dal vento e sento
la vita che riparte. E avanza. Che meraviglia: la creazione rinasce, la vita ritorna! E
penso a Dio, alla vita e alle sue dinamiche pasquali.
Alla mente mi tornano le parole del Papa che dice che la vita di un cristiano vero fa
del bene anche al creato, e poi parla di un giardino tramutatosi in deserto e del Figlio
di Dio che vi entra per farlo tornare ad essere giardino (cfr. Messaggio Quaresima
2019). E sento desiderio di Pasqua, di Risurrezione. Così con il cuore mi porto a quel
mattino, a quel giorno dopo il sabato che cambiò la storia, quando le donne, all’alba,
fecero l’incontro col Risorto.
Riprendo nei vangeli i brani della morte del Signore, quelli della sepoltura e della Sua
risurrezione: letti e riletti, ogni volta hanno un sapore nuovo! Mi fermo a pensare ai
luoghi della Pasqua: a quello della croce e a quello del sepolcro, poco distante, poi
rimasto vuoto. Spinto dal Messaggio di Francesco e, avendo in cuore ancora i
profumi della terra, leggo dal Vangelo di Giovanni e spiritualmente mi porto anch’io
in quel giardino.
“Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un
sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il
giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù”
(19, 41-42). Proprio là, in quel giardino, Maria di Magdala si precipitò il mattino di
Pasqua “quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro”
(20, 1).
Che bello! – mi dico – Gesù, dunque, muore e risorge in un giardino! Eppure a
scrutare molte delle immagini del Risorto, pare che, raramente, gli artisti, lasciandosi
ispirare da Giovanni, abbiano pensato al “giardino” per raccontare l’evento della
Risurrezione.
All’evangelista invece sembra che affermarlo stia proprio tanto a cuore. Appare
chiaro fin dalle prime battute del racconto; già dall’inizio della passione. Così per il
luogo dell’arresto: Matteo e Marco lo chiamano “un podere”, aggiungendo che si
tratta del “Getsèmani” (Mt 26, 36; Mc 14, 32) mentre Luca lo presenta come “Monte
degli Ulivi” (22, 39); Giovanni invece, non preferendo nessuna delle due espressioni
sceglie, volutamente, di parlare di “un giardino” localizzandolo “al di là del torrente
Cedron” (18,1).
Perché tanta insistenza? Quell’immagine pare sia una chiara allusione a qualcos’altro.
A Giovanni interessa riferirci degli inizi, richiamare i racconti delle origini, quelli
narratici nel Libro della Genesi e ricordarci del giardino della comunione, quando
l’uomo faceva esperienza della Vita, quando l’uomo viveva nella Pace (2, 8-15).
Per parecchi padri della Chiesa, come pure per diversi mistici medievali, c’è un
messaggio preciso che a Giovanni interessa comunicare: con la morte e resurrezione
di Gesù il giardino della creazione si spalanca nuovamente all’uomo; un nuovo inizio
è donato all’umanità. Nel Figlio, crocifisso per amore, Dio riammette gli uomini alla
comunione con Sé ed essi ritornano alla Vita.
E non solo! Pare che nel raccontare la scena dell’incontro, quello tra il Risorto e
Maria di Magdala, Giovanni voglia dire anche dell’altro. Più di un commentatore ha
infatti ricordato che il IV Vangelo, al quale pure sta a cuore il tema delle nozze (cfr.
Gv 2, 9; 3, 29), adoperando l’immagine del giardino voglia richiamare anche il
Cantico dei Cantici.
«“Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Ella, pensando che fosse il custode del
giardino, gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò
a prenderlo”» (Gv 20, 15): come non vedere in questo incontro la sposa del Cantico?
Anche là si parla – e più volte – di un giardino; anche in quel Libro c’è una donna che,
correndo ansiosa, cerca il suo amato (3, 1-4; 5, 6-8), e, paragonata essa stessa a un
giardino (4, 12-5, 1; 6, 1-2), è invitata, peraltro, come in Giovanni, a voltarsi due
volte (7,1). Sì, nell’incontro con Maria di Magdala vi è il racconto dell’intera storia
dell’umanità: un’umanità che cerca l’Amore e che in Cristo ha la possibilità di
trovarlo: “Avete visto l’amore dell’anima mia? Sono venuto nel mio giardino, sorella
mia, mia sposa” (Ct 3,3.5,1).
Carissimi, l’augurio che faccio ad ognuno, a me e a ciascuno di voi, è che anche noi,
come Maria di Magdala, possiamo fare esperienza del Risorto! Con Lui davvero tutto
cambia! In Lui il deserto può davvero diventare un giardino (cfr. Is 32, 15), la terra
arida, una zona di sorgenti (cfr. Is 41,18).
“Egli – ci dice Papa Francesco – è la nostra speranza e la più bella giovinezza di
questo mondo. Tutto ciò che Lui tocca diventa giovane, diventa nuovo, si riempie di
vita” (Christus vivit, 1). Se lo vorremo anche la nostra creazione, la mia e la tua,
saranno riportate al principio. Nel Figlio Suo, anche la nostra umanità potrà essere
rigenerata. Con Lui una nuova vita ci è donata. Dio ci dà la possibilità di
ricominciare! E lo fa piantando a Pasqua, nel deserto del mondo, l’Albero della
Croce. Gesù di Nazareth, fiorito nella risurrezione, diviene lievito di vita nuova. A
partire da Lui, il deserto rinasce e diventa giardino.
Voglia il Signore che anche la mia e la tua vita siano abitate da Lui. Allora, come per
Maria di Magdala, come per la Sposa del Cantico dei Cantici, anche la nostra vita
diventerà giardino, anzi giardino irrigato (cfr. Is 58, 11). Scopriremo che è Lui lo
Sposo, Colui che ognuno cerca, anche senza saperlo; e che la vita è, in fondo,
accogliere l’Amore. “Lui è in te, Lui è con te e non se ne va mai. Per quanto tu ti
possa allontanare, accanto a te c’è il Risorto, che ti chiama e ti aspetta per
ricominciare. Quando ti senti vecchio per la tristezza, i rancori, le paure, i dubbi o i
fallimenti, Lui sarà lì per ridarti la forza e la speranza” (Christus vivit, 2). Lasciamo
che il Risorto abiti i nostri deserti! Allora, piantati nella casa del Signore, fioriremo
negli atri del nostro Dio, nella vecchiaia daremo ancora frutti, saremo vegeti e
rigogliosi (cfr. Sal 92, 14-15).
Maria, Colei che ci ha dato il frutto più squisito, interceda per noi!
Santa Pasqua di Risurrezione!”

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