Tra gli antichi proverbi napoletani, quello di cui al titolo, che in lingua italiana diventa “il comandare è meglio del copulare”, è stato nei giorni scorsi riportato in auge per commentare gli eventi familiari della premier Meloni la quale, per evitare che da vicende private si riverberassero strascichi sulla sua attività politica, ha licenziato, via “media”, il compagno con un messaggio che val la pena leggere più volte, anche tra le righe. Lettura che mi ha stimolato a pensare se il vecchio detto napoletano è stato propriamente accomunato alla copulazione o se il suo significato originario fosse riferito ad altro. Nella lingua italiana il verbo “fottere” ha diversi significati “possedere carnalmente”, “imbrogliare”, “ingannare”; al participio passato “procurare un danno a sé stesso”, ed altro ancora. Il primo “possedere carnalmente”, appare quello più vicino alla interpretazione e porta a ritenere, considerato il significato del verbo possedere, che sia un proverbio coniato da una donna che, nella copulazione possiede, prendendo in sé, il maschio. Pertanto, chi ha utilizzato il proverbio nella vicenda Meloni/Giambruno l’ha fatto con capacità di sintesi. Anche se la lettura del “messaggio di licenziamento” fa intendere un ben altro sentimento ed un altro fine della donna nei confronti della persona con la quale ha vissuto dieci anni ed alla quale ha detto “ti ringrazio per gli anni splendidi che abbiamo trascorso insieme, per le difficoltà che abbiamo attraversato e per avermi regalato la cosa più importante della mia vita, che è nostra figlia Ginevra. Difenderò quello che siamo stati, difenderò la nostra amicizia e difenderò, a ogni costo, una bambina di sette anni che ama la madre e ama il padre, come io non ho potuto amare il mio. Non ho altro da dire su questo”.

La reazione politico/emotiva della premier è venuta fuori a seguito della pubblicazione di alcuni spezzoni di video, rapiti da registrazioni fuori onda, dell’attività lavorativa del Giambruno che, “guasconando” con una collega, s’era lasciando andare in qualche battuta sciocca che, nei tempi che corrono, è qualificata “sessista”. Fuori onda che, all’insaputa dei protagonisti, sono stati “mandati in onda” da altri giornalisti che ritengono di fare la professione per la pagnotta utilizzando gli strafalcioni o le guasconate di altri. Non sto qui a fare valutazioni sul comportamento del Giambruno; sul se fosse corretto o meno (non lo è), ma che si utilizzi una guasconata per fare notizia o per fare politica. Tutto ciò esprime il livello, misero, nel quale è caduta sia la nostra informazione, un tempo espressione di autentici campioni del “piccolo tasto” (come Dino Buzzati, Enzo Biagi, Giorgio Bocca, Indro Montanelli, Giovanni Guareschi, Oriana Fallaci, Goffredo Parise, Mario Soldati, Pier Paolo Pasolini, Gianni Brera, Beppe Viola ed altri) che la nostra politica, un tempo presidio di giganti di cultura e di correttezza, nei diversi schieramenti. Mai nessuno, al tempo di Gronchi, commentava le dicerie quirinalizie sull’argomento o che Togliatti e la compagna Nilde vivessero in “nota clandestinità” in un attico a Botteghe Oscure o che Craxi avesse una sua allegra dimora alberghiera. Per cui ho enorme difficoltà a ritenere che un tale modo di fare possa essere qualificato “giornalismo” e che certe dichiarazioni di deputati possano essere considerate “politica”. Conclamano unicamente che, in questa nostra Italia, tanti principi e tante regole sono saltate e in tanti raggiungono la gaudenzia attraverso la sofferenza degli altri che nel caso in esame appare ancor più distonica se si considera che si vive il tempo in cui tutto sembra ispirato alla magnificazione della donna. Se da un lato, ipocritamente, si magnifica l’evento che, per la prima volta, una donna ricopre una carica così alta, dall’altro, non potendole contestare nulla del suo agire politico, si vanno a fare le pulci ai familiari o conviventi. Si attacca la Meloni perché la sorella (che fa politica prima di lei, nello stesso partito) è nominata coadiutrice del tesseramento; si attacca la Meloni perché il compagno in una trasmissione televisiva, mentre si parla dei tanti stupri che si verificano ai danni delle ragazzine, dice un’ovvietà (che ognuno direbbe a sua figlia che la sera va in discoteca) “cerca di non ubriacarti così sarai attenta a non incontrare il lupo” e la si attacca ancora se, il compagno, scioccamente, pensando di rivolgere un complimento ad una collega gli dice “ma perché non ti ho conosciuto prima” o altre amenità del genere. Non saprei individuare, nel comportamento di Giambruno, il confine tra sessismo e stupidità che, invece, trovo ben marcata in chi utilizza certe frasi per montarne un caso, obbligando una donna a risolvere una relazione familiare in modo traumatico e pubblico. Senza dargli la possibilità di correggere un comportamento sciocco con un bel ceffone e salvare l’interesse della famiglia che va molto al di là di una stupida battuta. Io spero che il Giambruno comprenda la sofferenza di quel messaggio e le tante porte aperte che la donna gli ha lasciato nell’interesse “superiore” di entrambi e della figlia. Nella speranza che anch’ella comprenda che, in Italia, le sarà impossibile avere vicino un “signor Merkel” o un “principe Filippo” perché il patrimonio genetico degli uomini italiani, da sempre molto apprezzato sia dalle donne teutoniche che britanniche, è completamente diverso sia da quello dei maschi inglesi o tedeschi, per il fatto che tra i verbi del proverbio prediligono il secondo. Nell’ulteriore speranza che il sistema editoriale italiano verifichi se certe trasmissioni siano utili ai video utenti italiani ed alla loro storia culturale. acuntovi@libero.it