MALA TEMPORA CURRUNT… SED PEIORA PARANTUR. DI VINCENZO ACUNTO

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Mala tempora currunt…….sed peiora parantur. La prima parte dell’espressione, nella lingua dei nostri “padri”, viviamo tempi brutti, è nota per essere spesso usata mentre la seconda, forse per scaramanzia “….ma se ne preparano dei peggiori”, la si usa meno. Temo però che, sulla nostra isola, diverrà corrente nel tempo che ci aspetta. L’evento calamitoso del 26 novembre scorso, ha tolto il coperchio al “vaso di pandora” che da oltre trent’anni custodisce il “malaffare” che si è perpetrato sull’isola d’Ischia e sul quale hanno chiuso gli occhi un po’ tutti.

A memoria, ricordo solo l’eccezione di un capitano dei carabinieri che, con eccesso di fiducia in sé stesso, si dette anima e corpo all’avventura, patendo, poi, più di qualche fastidiosa conseguenza. Un mio lettore, habitué dell’isola, mi ha scritto che i miei commenti domenicali “sono sempre molto amari ma molto profondi e veri”. Considerando l’alta levatura professionale della persona, dirigente di uno strategico ufficio pubblico europeo, mi son chiesto come mai, in un perimetro ristretto, come il nostro, che dovrebbe essere più interessato, le stesse verità non si percepiscono!

Degli intrecci burocratici che da oltre sessant’anni tolgono il respiro, ho più volte scritto (chi ne è interessato può far ricerca su questo stesso sito) e quindi è inutile ripetersi. Vale la pena spendere qualche, ulteriore attenzione sul come gli stessi intrecci continuano ad operare, pur se la morte ha bussato alle nostre case e continua a minacciare sfracelli verso tutti.

 

Come rilevato da tanti, il fatto di oggi, purtroppo, già successe un secolo fa -foto 1- e ancora,
poi, 13 anni fa -foto2-. Chi legge “le carte dell’epoca” si rende conto che, con i poveri mezzi del tempo,
ad Ischia furono mandate squadre di “zappatori”, “rocciatori”, “genieri” ed altri “faticatori”, oltre gli animali
-muli ed asini- necessari per l’abbisogna. Figure che nel tempo, misero in sicurezza il territorio.

Chi segue gli eventi di oggi si rende conto che: la sala operativa delle operazioni è stata collocata nell’ex sala bar “Capricho de Calise” -foto3- che, già insufficienti ad ospitare gli uffici municipali -post terremoto 2017- si
può immaginare come può essere efficiente per l’abbisogna ulteriore; all’esterno di detto stabile corre
l’unica strada che consente la movimentazione sull’isola. Su di essa sono in perenne stazionamento, dal
27 novembre scorso, autobus della polizia, camionette dei carabinieri, camion dei vigili del fuoco, veicoli
della protezione civile, bisarche per il trasporto di buldozer ed altre infinità di veicoli di associazioni varie
-foto4-. Con essi centinaia di persone che non si sa chi aspettano e quale potrebbe essere il loro compito.
Qualcuno ha detto che stanno lì a guardare il cielo in attesa di un’allerta meteo visto che ad ogni fruscìo
di pioggia viene diramata un’ordinanza che impone la chiusura della statale in quanto il costone
(retrostante la “Casa del cantoniere”) -foto5- minaccia di crollare e potrebbero essere insufficienti i “new
jersey” appena installati.

Chi legge si rende conto che il ridicolo è nelle cose e attesta come su quest’isola,
da decenni, si è sempre approfittato della “carne paziente degli ischitani” che oggi addirittura ci rimettono
la pelle; oltre ad essere additati come devastatori del territorio. Quella che nacque come la “casa del
cantoniere” era stata edificata dallo Stato (al di sotto di un costone rimasto senza protezione) e lasciata
in condizione di pericolo con il suo carico umano per oltre 50 anni. E dopo venti giorni dal fatto di oggi,
mentre il pericolo continua ad incombere e si aggrava con la pioggia, tutti stanno a guardare e a
confezionare carte che servono solo a “parare il culo di qualcuno”. Su quella stessa strada, pochi metri
più avanti, qualche anno fa, un’altra frana mise in pericolo la circolazione stradale. Per giorni personaggi
con divise di vario colore restarono a guardare il costone, tra fumi di sigarette e conversazioni prolungate.
Furono messi i soliti “new jersey”, una rete di protezione di piccoli sassi e poi la vegetazione ha “costruito”
il muro di contenimento -foto 6 -.

Il pericolo è ancora lì. Ordunque, se tutti quegli esperti che dal 27
novembre affollano e intralciano la statale di Casamicciola aspettano che sia “la natura” a fare il
contenimento al costone e a stendere il velo sul disastro, possiamo, tranquillamente, usare l’antico detto
“campa cavallo che l’erba cresce”. Anche perché nel contesto che si vive, appare evidente il
disorientamento della dr.ssa Calcaterra che, mandata a reggere il comune per le evenienze di una
“bagattellare” crisi politica, s’è trovata inghiottita in un’evenienza che nemmeno i chiromanti più accreditati
gli avrebbero potuto pronosticare. Anche in considerazione del fatto che le denunce inviate al suo ufficio,
dall’ing. Conte, sono state ritenute meno di un fastidio provocatorio, da utilizzare “in ambienti di necessità”
siti quasi sempre “in fondo a sinistra” non avendo, a detta del presidente della regione, dimostrato, il
denunciante, di avere un collegamento diretto con il Padreterno! È evidente che, in tale contesto, oltre
al “cattivo tempo che si vive” sarà “ancora peggio quello che ci si prepara a vivere” atteso che appare
lampante che ci si trovi di fronte ad improvvisati di livello. Da quello politico a quello operativo. A livello
politico non si comprende l’ostinazione a voler insistere nel solo “stato di emergenza” e non dichiarare lo
“stato di calamità e di emergenza” atteso che l’evento si è verificato per un fenomeno naturale (un
acquazzone”) che ha determinato lo “scivolamento della montagna” senza diversi interventi. Gli esperti
sanno che la differenza non è di poco conto sia per l’immediato che successivamente. Tanto in  campo amministrativo che economico. Soprattutto per i danneggiati.

I sindaci dell’isola (con i loro parlamentari
di riferimento) dovrebbero fare blocco comune per far comprendere al governo la necessità della doppia
previsione; la necessità e l’opportunità che per l’isola d’Ischia si legiferi con decretazione di urgenza,
affidando l’emergenza ad una gestione commissariale (come per il ponte di Genova) affinché sia messa
in sicurezza l’intera isola (a terra come a mare) superando le pastoie di una burocrazia sempre affamata
e pronta a produrre carte inutili. Lungo la litoranea di Casamicciola, vanno eseguite attività di somma
urgenza (lavorando anche di notte e nei festivi), va liberata immediatamente la strada da quei tanti veicoli
che stanno lì solo ad intralciare il traffico e a rendere più difficoltosa anche una possibile fuga. La
protezione civile individui altro stabile (anche altrove visto che il pericolo è diffuso) e vi si trasferisca con
i propri mezzi e si mandino gli “zappatori”, i “mulattieri”, i “piantatori” a “faticare” lungo le pendici
dell’Epomeo che incombe su tutta l’isola. Si liberino le cave “tombate” da decenni di incuria e di non
controlli. Si ripristino i terrazzamenti con gli antichi muri a secco; si favorisca, con opportuni interventi di
fiscalità, la ripresa di quell’agricoltura che ha dato tanto buon vino all’Italia intera e tanto “buon orto” ai
turisti che vengono. Si allontani, quanto più possibile, l’isola da provvedimenti “sceriffoidi” buoni per il
cabaret e non per il territorio! acuntovi@libero.it