L’ISOLA D’ISCHIA NELLE SUE EVOLUZIONI TEMPO/UMORALI. DI VINCENZO ACUNTO

In un sondaggio condotto dalla rivista “Travel&Leisure” nell’anno 2022, i lettori qualificarono l’isola d’Ischia come “l’isola più bella del mondo”. Facevano da cornice al servizio: il Castello Aragonese, l’isolotto di S.Angelo, i tramonti di Forio, gli squarci panoramici dei Maronti ed altro. Per un indigeno, innamorato patologico, che ha disatteso più di qualche opportunità di lavoro lontano dal sito natio, non è stata una scoperta, provando, ancora oggi, emozioni non descrivibili di fronte agli scenari che l’isola riesce ad offrire. Emozioni cristallizzate in poesie di Lamartine “Ischia” o in canzoni: “Ischia Mia” del principe “De Curtis – Totò” che così articolò le sue meraviglie “Ischia paravis ‘e giuventù, Ischia chistu mar’ è sempre blu, chistu ciel ch’è nu mant, chistu golfo ch’è n’incant’ chest’ ‘o tien sul tu, sti bellizze songh’ e ‘o vero, chesto ‘o dice ‘o furestier, ca scurdà nun se po’ chiù”; oppure “Biondina” del musicista/poeta foriano Giuseppe Colella che così narrò della sua Isola “Tu ch’è girat’ o munn san, te si fermat’ a Napoli ‘o madà, vien’ a Surrient a Capri e a Positano, ma nun e vist n’ata rarità, addò pe’ tutta a vita po’ campà” – “Ce ne andremo in carrozza ad Ischia Ponte a Forio a S.Angelo ai Maronti. Là ce stann’ e Cavascure, pe te fà na bona cura, si nu mes’ stai cu mmé, ttt’a vit te facce gudé, tutt’a vita te facc’ gudé”. Nel mettere insieme le emozioni mie, con quelle dei poeti e dei maestri della cinematografia che, riprendendo l’isola e proiettandola nel mondo la resero desiderabile a tutti, non posso non chiedermi dove si è ecceduto (per non dire sbagliato) per patire la condizione dell’oggi che la vedono allontanarsi, sempre più, dal circuito mondiale del turismo di qualità lasciandola oggetto di rapina del “mordi e fuggi” occasionale. Posso dire, per conoscenza diretta ed esperienza vissuta, che nel tempo in cui l’isola esplodeva al turismo, le condizioni erano queste: 1) le sei amministrazioni isolane erano espressione di un unico partito la “democrazia cristiana”. All’interno di esse, la classe dirigente selezionata non in base al numero dei voti delle famiglie ma in base alle capacità di rendere servigi alla cosa pubblica, si discuteva della realizzazione di strade, di un acquedotto, di una centrale elettrica, di un ospedale, di un aeroporto. 2) Le acque termali ischitane, rese note al mondo, da una stampa attenta del posto, sia nell’utilizzo delle parole che delle forme di comunicazione, che attirava studiosi particolari, come madame Curie due volte nobel (F.1 la lapide),

artisti di rilievo (che con i loro ricalchi pittorici rendevano immortale il fascino dei panorami), frequentatori di prestigio (la regina di Persia Soraya Esfandiyāri), imprenditori di livello internazionale (Rizzoli, Marzotto) e progressivamente tanti turisti. 3) I luoghi di cure termali erano a Casamicciola, a Ischia e Serrara con le terme di Cavascura -F.2-.

 Vennero poi dopo i giardini Poseidon a Forio e successivamente altri. 4) Gli alberghi esistenti erano pieni, dall’apertura pasquale fino a metà ottobre mentre Le abitazioni private, con la chiusura delle scuole, si occupavano fino a metà settembre. 5) I collegamenti con il continente erano assicurati da motobarche (ex residui di guerra) che trasportavano in prevalenza solo persone e, con estremo pericolo, qualche auto nella condizione in cui si può vedere dalla foto che accludo – F.3-.

L’entrata nel porto di Ischia avveniva attraverso due percorsi “la canaletta” (per i pescatori, poi chiusa con l’arrivo del cavo per la fornitura dell’energia elettrica) e “la bocca grande” per le navi da transito, tuttora esistente. 6) le classi professionali contavano, per categoria, meno di dieci professionisti. 7) L’isola era: sede di Episcopio con un centinaio di chiese (tutte occupate da sacerdoti); sede di Pretura con una sezione distaccata a Forio; sede di sei uffici di conciliazione per contenziosi di basso valore; sede dell’Ufficio delle Imposte e del Catasto. 8) Le auto esistenti erano poche. Le stazioni servizio carburanti: una a Forio, due a Casamicciola, due ad Ischia. 9) Gli spostamenti erano assicurati da pullman della società Sepsa che nel 1965 mise in movimento, per i turisti, “la corsa turistica” con sediolini imbottiti e motori meno rumorosi (ad Ischia operava, per la circolazione interna, anche la ditta Carcaterra). 10) I Taxi esistenti si distinguevano in “micro-carrozzette” (costruite dalla Piaggio su idea di un contadino Ischitano F.4

che hanno fatto la storia della movimentazione turistica dell’isola, e macchine grandi (in prevalenza Fiat 1100 e 1400) che, a prezzo modico e con tanta cortesia, scarrozzavano i turisti per l’isola. 11) Ogni paese (da S.Angelo ad Ischia Ponte) aveva la sua edicola,  il suo ufficio postale, la sua scuola elementare. 12) Forio, Lacco Ameno e Casamicciola avevano una cartolibreria. Ischia (sede di tre complessi scolastici) ne aveva due.  Dal 1970 la geografia politica dell’isola incominciò a modificarsi. Casamicciola fu, in tale anno, il primo comune a eleggere un sindaco non democristiano, poi nel 1975 seguì Serrara, nel 1980 Barano e nel 1990 Forio. I mutati equilibri politici provocarono anche una trasformazione della visione strategica dell’isola. Dagli anni 75 in poi l’isola divenne preda di un abusivismo edilizio impressionante, del quale mai nessun analista ha voluto approfondire la genesi e i cui effetti li stiamo, caramente, pagando oggi. La mutata condizione politica dell’isola faceva “pendant” con quella nazionale ove i partiti storici andavano progressivamente perdendo consensi e, conseguenzialmente, le regole di indirizzo civile, anche nelle piccole comunità, erano spesso frutto di “compromessi” che, nel tempo, hanno reso l’Italia ingovernabile. Tanti piccoli centri sono rinvenuti fuori dei circuiti istituzionali in cui le regole erano diventate semplici orpelli scritti. Rispetto alle quali furbi e profittatori avevano la meglio. Le conseguenze sono state il progressivo depauperamento delle classi politiche, la disaffezione dei più al ruolo di amministratore pubblico con la conseguenza che esso è divenuto appannaggio di mestieranti (alla ricerca di un emolumento mensile). Mestieranti che, spesso, all’insegna del motto “festa farina e forca” di borbonica memoria, mai efficacemente e tempestivamente contestato, hanno ridotto in brandelli un patrimonio inestimabile. Con la complicità di norme, frutto di partenogenesi lobbistiche, quel mare sempre blu, decantato dai poeti, è stato invaso da condotte sottomarine che, non rispondendo ai principi per i quali erano costruite, hanno reso il nostro mare inquinato e oggetto di dissanguamenti periodici per mettere pezze inutili. La “furia culturale” di proteggere le coste e le spiagge, senza studi seri di persone competenti, ma solo per spendere danaro pubblico, ha portato, alla realizzazione di scogliere -F.5-

che oltre a non rispondere allo scopo hanno, irrimediabilmente, alterato squarci panoramici di incommensurabile bellezza F.6-.

La “sconsiderata politica dei porti o approdi turistici” ha fatto sì che ogni comune con sbocco a mare realizzasse un approdo per barche -F.5a-.

Con la conseguenza che bellezze rare come l’istmo di sabbia di S.Angelo -F. 7-

o il fungo di Lacco Ameno -F.8-

o i tramonti foriani lasciassero posto a scatole galleggianti ed inquinanti. Con l’aggravante di consentire ingressi di delinquenza certificata che ha vomitato sull’isola sostanze e metodo di traffico un tempo sconosciuti. L’inesistenza di una attività di controllo e di tutela del paesaggio e del territorio, specialmente in certi uffici -F.9-

con funzionari lautamente compensati, ha consentito, non solo gli obbrobri dei porti e delle scogliere ma, anno dopo anno, l’installazione di vergognose baracche F.10-

che occupando arenili o cementificando gli scogli F.11

per lo sfruttamento privato di pochi, deturpano in modo irreversibile scenari bellissimi e unici. Il mancato controllo del territorio ha fatto sì che, anno dopo anno, si sviluppano incendi che vengono spenti con l’acqua di mare, che fa marcire le radici di piantagioni secolari che, non riuscendo a trattenere i declivi dell’Epomeo, precipitano a valle procurando morte e distruzione. Da dove vogliamo ripartire per invertire il trend? Dal motto ferdinandeo delle tre “F” (festa, farina e forca -di cui negli ultimi mesi si è avuta ampia dimostrazione di fede) o dal principio “piscit a capita fetit” in virtù del quale, rivisitando una serie di norme che hanno avuto partenogenesi lobbistica, si riporterebbe il paese nell’alveo della legalità e del buon governo e consentirebbe alla nostra isola di recuperare lo scettro della più bella del mondo?  acuntovi@libero.it

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