L’ISOLA D’ISCHIA AD UN BIVIO PERICOLOSO. DI VINCENZO ACUNTO

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Nella settimana che si chiude abbiamo letto le “note di dolore” di chi ha patito la scarsa affluenza turistica sull’isola, ove tanti alberghi sono rimasti chiusi. Non mi piace dire “l’avevo scritto” in quanto gli indicatori erano noti da tempo e temo, purtroppo, che saranno così per parecchio. Mi son chiesto “perché la mia isola che solo un anno fa era definita la più bella del mondo non attrae più?”.  I motivi sono tanti e che i fatti ultimi hanno “chiuso e non scoperchiato” il vaso di pandora dal quale, da troppo tempo uscivano solo negatività. Ricordo che nel settembre del 1980, parlando con quella grande persona che era il dr. Gernot Walde (per ricordare fu quello che inventando i giardini Poseidon a Forio e poi i giardini Apollon a S.Angelo trasformò il turismo dell’isola d’Ischia) delle problematiche che viveva l’isola, che io avevo denunciato nella mia prima campagna elettorale di quell’anno, esclamò “l’isola d’Ischia è a un bivio tra una grande birreria bavarese e quella che oggi è Piazza Garibaldi a Napoli”.

Nell’immediatezza non percepii il senso dell’espressione che, già all’epoca, condensava lo sconforto dell’uomo che arrivato sull’isola alla fine degli anni 50 (mentre gli altri s’affastellavano tra i cavolfiori e le lattughe negli orti di citara (foto1), intuendo la potenzialità dei luoghi, con operazioni coraggiose, realizzò quella magnificenza che ancora oggi sono i Giardini Poseidon di Forio foto2), la vedeva abbandonata dalla grande cinematografia, dagli artisti e dalle persone di cultura che immortalandola su pellicole, tele e in scritti l’avevano resa desiderata al mondo intero.

Lo svilimento dell’uomo era perché vedeva nascere la “politica dei porti turistici”, dei quali ogni amministrazione municipale avvertiva l’esigenza, delle condotte fognarie con sversamento a mare, l’abbandono progressivo della montagna che, nessuno lo ricordava più, decenni prima aveva fatto sentire la sua voce con parecchi morti. Si viveva alla giornata, con l’unico obiettivo del business sfrenato, case su case, auto e rumori ovunque pur se nel tempo qualche campanello suonava. Alla fine degli anni 70 una frana seppellì sulla spiaggia delle fumarole 4 turisti che prendevano il sole. Alla fine degli anni 90 i tedeschi lasciavano l’isola (divenuta troppo caotica e poco ospitale. Nel 2010 la montagna a Casamicciola suonava l’allarme con un morto; nel 2017 un piccolo terremoto lasciava disorientata la cosa pubblica, incapace a reagire (i calcinacci di sei anni fa sono ancora per strada). Si giunge inesorabilmente al 26 novembre scorso quando la montagna, abbandonata da oltre 40 anni, ha fatto, pesantemente, risentire la sua voce.  I morti sotto il fango sono stati 13 e chissà quanti ancora ce ne saranno tra le attività commerciali ischitane. L’incapacità degli amministratori locali ha fatto sì che il post terremoto fosse affidato a funzionari altrettanto incapaci che si sono avvicendati, percependo stipendi da favola, senza riuscire (fino all’arrivo dell’ultimo) nemmeno a togliere i calcinacci dalle strade. L’effetto mediatico della frana di novembre è stato devastante ed oggi il sindaco di Lacco Ameno, intervistato da un quotidiano nazionale (Il mattino di martedì 12 aprile), dice che se non si apre il porto di Casamicciola (ai traghetti) l’economia turistica ne risentirà. Mi sembrano considerazioni puerili che, peraltro, si sono succedute ad un altro evento mediatico di particolare gravità per l’economia turistica dell’isola che meritava adeguata risposta. Sabato 8 aprile sul canale La7, in prima serata, è stato mandato in onda il documentario di Licia Colò “Eden un pianeta da Salvare” girato sull’isola d’Ischia prima della frana. L’intento, considerato che era stato girato nei primi di ottobre, era quello di rendere noto al grande pubblico televisivo le bellezze dell’isola (con i suoi tramonti, le sue acque termali, le fumarole, l’avvistamento dei delfini etc.etc.).

All’interno del programma, però, era inserito l’intervento del prof. Valerio Rossi Albertini (divulgatore scientifico noto alla grande platea televisiva per aver partecipato al programma “ballando con le stelle”) -foto3- che utilizzando il magnetismo dei suoi occhi azzurri, che tanto piacciono alle donne, con l’utilizzo di un plastico, plastichina, acqua e borotalco, commentava la frana del 26 novembre. Che motivo c’era di inserire un tale commento (a pagamento) in un programma che aveva uno scopo diverso considerato che la frana non c’era ancora stata quando le riprese erano state effettuate? Il sospetto è cresciuto considerando quello che ha detto il divulgatore che sgranando le sue pupille fluorescenti ha detto che il territorio dell’isola d’Ischia è fragile, che la montagna per le sue polveri vulcaniche non lascia più attecchire il muschio e quindi non sviluppandosi vegetazione, non crescendo gli alberi, quando piove il terreno viene giù e poiché c’è tanto abusivismo edilizio il pericolo è grande.

Chi non pensa che il sindaco di Lacco Ameno -foto4-, più che dire quello che ha detto, avrebbe dovuto pesantemente reagire sulle sciocchezze di Albertini? Tutti sanno che l’ultima eruzione dell’Epomeo data 1302 (notizie apprese dal sito INGV dell’Osservatorio vesuviano) e che da tale epoca l’isola non ha più registrato emissioni di polveri vulcaniche. Qualche osservatore ha registrato presenza di polveri di zolfo che, unanimemente, sono riconosciute come necessarie a molte funzioni di crescita nelle piante.

Forse il prof. Albertini forse non sapeva che da oltre 40 anni la montagna dell’isola d’Ischia (oggetto di interventi di rimboschimento e di terrazzamenti a seguito della frana del 1910) -foto 5- è stata abbandonata e si è persa nelle pastoie di una burocrazia sempre pronta a difendere sé stessa, ricorrendo ad interventi di pseudo competenti per individuare responsabilità di altri e non degli effettivi. Il prof. Albertini evidentemente non sa che, per la mancata pulizia del sottobosco, ogni anno si sviluppano incendi che vengono domati con esclusivo utilizzo dell’acqua di mare che, modificando il PH del terreno, specialmente laddove ha una componente argillosa, provoca la morte delle piante. Ognuno di noi può fare la prova innaffiando a casa sua una piantina con acqua salata per rendersi conto di quel che succede. L’acqua salata gettata dal cielo provoca prima l’ingiallimento della chioma e poi da quella trattenuta nel terreno argilloso la putrefazione delle radici che non avranno più la forza di trattenere il terreno.

Forse il prof. Albertini non sa che i canali di scolo realizzati dagli “zappatori” mandati dal Re sono da decenni tombati foto6-per l’incuria e gli abusi di una classe politica che ha diluito ed annullato attività considerandoli spese inutili. E forse il prof. Albertini nemmeno sa che i terrazzamenti e le parracine realizzati/e dopo la frana del 1910 (gli ischitani sono stati maestri nel mondo nel realizzare i contenimenti con le parracine) sono praticamente scomparsi dal crinale della montagna perché da oltre 40 anni non si fa più manutenzione. E allora, chiediamoci “chi avrebbe dovuto assicurare la pulizia delle cave e dei canali di scolo della montagna?” Una volta c’era il corpo forestale che con i suoi “operatori” assicurava il controllo e la manutenzione delle montagne e dei boschi.  A qualcuno sembrava una spesa inutile per cui con decreto legislativo n.177/2016 (governo Renzi) il corpo della guardia forestale è stato assorbito dall’arma dei carabinieri e da tale periodo è difficile, non solo il distinguo fra le attività, incontrare un forestale con le scarpe sporche di fango. E non serve aggiungere altro. Ricordiamo che ogni fenomeno ha una sua paternità.

Quando percorrendo la statale che da Ischia va verso Casamicciola e poi a Lacco Ameno e poi a Forio, guardiamo la montagna -foto7,8- e noteremo che, a primavera inoltrata, le chiome degli alberi sono secche.

Significa che le radici non hanno più la forza di mandare linfa verso l’alto per cui non è difficile porsi la domanda “e se stanotte ci sarà un altro acquazzone come quello del 26 novembre che succederà?”. E poiché ritengo che una domanda simile se la faranno anche le persone che stanno per andare in vacanza (ed ascoltano dai media che ad ogni pioggerellina è diramata l’allerta meteo per le zone alluvionate di Ischia) chi (o quanti) potranno decidere di andare in ferie in un posto pericoloso? Ecco perché, in un quadro del genere, le considerazioni del sindaco di Lacco Ameno, che ritiene fondamentale per “ammorsare” la crisi turistica riaprire alla navigazione dei traghetti il porto di Casamicciola, appaiono come esercizio di dilettantismo politico per fuggire dai problemi reali del paese. Per risalire la china dai morti (dell’alluvione e del terremoto) e dai fallimenti commerciali, bisogna approfittare della drammaticità del momento (e della attenta congiuntura governativa) per fare delle scelte importanti e rapide. È necessario (ed i politici del posto lo dovrebbero chiedere all’unisono) che il governo mandi sull’isola d’Ischia l’esercito che con la propria logistica ed i propri mezzi metta in sicurezza la montagna con un programma di ripresa dei terrazzamenti e di idonea piantumazione. Ripristinando i canali di scolo e liberando le cave dalle tombature del tempo e degli abusi e quelle condizioni che per oltre cent’anni hanno fatto vivere in sicurezza gli ischitani e i turisti che venivano per le ferie. Un impatto del genere darebbe fiducia a tutti e invoglierebbe da subito a ritornare in vacanza sull’isola. Di poi si avvertono interventi legislativi all’altezza dei tempi in quanto non è più giustificabile affidare la gestione dei territori ad un “quisque de populo” qualunque. È necessaria una legge che eliminando gli obbrobri della Bassanini ridia la possibilità alla politica di amministrare gli enti locali e che lo stato restituisca agli isolani, in termini di benefici, quanto è stato sottratto loro con le leggi impositive dei vincoli territoriale che vincolava l’utilizzo della proprietà ma non la sua trasferenza tra non residenti. acuntovi@libero.it