LA POLITICA CHE L’ITALIA ASPETTAVA. DI VINCENZO ACUNTO

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La visita dell’On. Del Mastro (sottosegretario alla giustizia) all’isola d’Ischia e alle sue strutture giudiziarie, conferma l’attenzione che il governo in carica pone ai problemi reali della nostra isola. Senza giri di parole e usando un linguaggio che sa poco di politichese (a noi ben noto), Andrea del Mastro di Gattinara, avvocato e figlio di avvocato, ha detto che “il governo è impegnato alla stabilizzazione delle sezioni di tribunale sulle isole, contribuendo a tanto anche il novellato articolo 119 delle Costituzione”.

E quindi l’isola d’Ischia, con la sua popolazione stanziale, con quella accessoria turistica e il suo abbondante carico di lavoro giudiziale s’appresta, a pieno titolo, a divenire, sezione stabilizzata del tribunale di Napoli ove, bisogna sempre considerare, la magistratura è arroccata su posizioni che anelano alla chiusura. Soprattutto se si considera che avendo già mangiato il “cappone disossato”, della pseudo “gauche spending review”, si sarà poco propensi a digerire il “casatiello pasquale”, che manifesta quella gaudenzia culinaria “droite” che con poco fa tanto gusto. Ed è proprio svicolando tra “capponi e casatielli” che un governo del fare, non potendo mantenere un contenzioso perenne con “i dipendenti del ministero di grazia e giustizia”, deve trovare gli ingredienti giusti per rendere digeribile il piatto a chi è già sazio. Penso che gli ingredienti non vanno cercati lontano. Ricordo che al tempo delle preture mandamentali esisteva una norma che imponeva al Pretore (in genere un magistrato di prima nomina) di avere la dimora nel mandamento, ove era obbligato a restare per un tempo non inferiore a quattro anni. Il posto era ottenuto con concorso. Il capo del pretore mandamentale era il presidente del Tribunale e non il dirigente della pretura cittadina. E così potrebbe essere, per i posti a concorso, per le sezioni distaccate. Anche se potrebbe apparire una forzatura con talune norme del diritto del lavoro, ritengo che la modifica integrativa dell’art. 119 della Costituzione consentirà, per le sedi disagiate (quali sono appunto le isole), di prevedere, ai fini dell’avanzamento di carriera (sia per i magistrati che per i funzionari) un diverso computo del tempo di permanenza ed un contributo per le spese di trasferenza della residenza. Così come avviene per le forze dell’ordine. Quello che lo Stato risparmierebbe per lo spostamento quotidiano di tanti suoi dipendenti dall’isola verso il Tribunale più vicino lo investirebbe per lo stimolo a restare sull’isola a chi manifesta l’intenzione di venirci. Ovviamente i funzionari isolani che lavorano altrove potrebbero avere una corsia di preferenza per gli avvicinamenti o gli avvicendamenti. Piccole ma efficienti cose. Se riflettiamo un attimo sui mutati orizzonti e sulle possibilità operative, che già dalle dichiarazioni dell’On. Del Mastro traspaiono, non possiamo non considerare che la chiave delle nuove aperture è data dall’ integrazione dell’art. 119 della Costituzione al quale, dopo il comma 5, è stato aggiunto il seguente periodo “La Repubblica riconosce le peculiarità delle isole e promuove le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivati dall’insularità”. È una modifica fondamentale per poter consentire ai legislatori, nelle varie materie, di intervenire e fare qualcosa nell’interesse delle popolazioni delle isole. Come appunto consolidare un presidio di giustizia, con concorsi nazionali vincolati per chi andrà ad operarci; rendere funzionale l’ospedale isolano, rendere i trasporti più adeguati alle esigenze delle popolazioni stanziali in ossequio al principio di continuità territoriale. Si potrà intervenire con maggiore sollecitudine in tutte quelle situazioni che hanno reso l’isola, insicura e invivibile per gli isolani.

Gli ischitani e gli isolani d’Italia, devono sapere che la spinta necessaria e fondamentale per la creazione dello strumento necessario (art. 119 della Costituzione) è stata data dall’Ancim (Associazione Nazionale Comuni Isole Minori) alla cui presidenza da anni c’è il sindaco di Forio, Francesco Del Deo. Quindi, se c’è da dare un riconoscimento a qualcuno per le mutate realtà, conosciamo il “nome ed il cognome”.

Non è da andare lontani o cercare altrove ed essere consapevoli che non ci si inventa, dalla sera al mattino, amministratori capaci a guidare comunità. Bisogna studiare e vivere i problemi del territorio non facendo promesse, peraltro illegittime, a destra e a manca. E lo scrivo ben consapevole che a qualche “asino vestito a festa per andare al mercato” possa dar fastidio ricordare i meriti di chi li ha. acuntovi@libero.it