Quella che vi raccontiamo adesso è una storia di mala giustizia. Rispetto alla notizia di ieri della condanna del 44enne di origini srilankesi condannato per maltrattamenti in famiglia, sono emersi nuovi e terribili particolari, che riguardano però le vittime di questa storia, ovvero la moglie e la figlia di 11 anni dell’uomo.
In seguito alla denuncia presentata il primo gennaio ai Carabinieri, madre e figlia avevano trovato rifugio in una casa famiglia in terraferma, poiché nella immediatezza dei fatti non si era proceduto all’arresto. La permanenza presso la casa rifugio è durata fino allo scorso 21 gennaio, quando l’uomo è stato tratto in arresto dai Carabinieri in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, Enrico Campoli.
Le due donne erano quindi tornate a casa loro a Forio, a Panza, dove lavoro e scuola le vedevano rispettivamente occupate ed inserite nella comunità. Il conseguente avvio del procedimento presso il Tribunale per i minorenni di Napoli nei confronti del padre della piccola per la revoca della patria potestà, ha però scatenato un vortice che ha finito per ingoiare di nuovo madre e figlia, incolpevoli vittime prima della violenza dell’uomo e poi del mal funzionamento della giustizia.
Infatti, a distanza di due mesi e mezzo dai fatti, con finalità di protezione e tutela della minore, viene nuovamente disposto il loro trasferimento in una casa rifugio. Tutto ciò, con il padre accusato delle violenze già in galera, dunque con nessuna possibilità di nuocere. A nulla sono valse le rimostranze della donna, mamma della piccola, nel tentativo di spiegare l’inutilità del provvedimento, stante il venir meno del pericolo di ulteriori violenze, di evitare il nuovo trasferimento fuori dall’isola.
Addirittura il comportamento della donna viene travisato e ritenuto un’opposizione al provvedimento del Giudice minorile, che evidentemente non era a conoscenza dell’arresto dell’uomo violento. Ed ecco dunque l’atto più drammatico.
Senza alcun preavviso alla mamma, i servizi sociali si palesano presso la scuola frequentata dalla bambina, al termine delle lezioni, per prelevarla e portarla di nuovo in casa famiglia, inizialmente da sola, poi raggiunta dalla madre. Tutto ciò sempre con il padre già in galera da settimane. Qui si è innescato un vero e proprio calvario per madre e figlia, che si è concluso solo ieri, grazie all’insistenza e alla tenacia del loro avvocato, Michele Calise, che ha fatto in modo che tornassero a casa loro, a Panza, per cercare finalmente di ricominciare, ancora.
Di Claudio Iacono