Se la Giustizia “omnium est domina et regina virtutum”, come già arrivò a concepirla Cicerone, De Officiis, 3,6, la attività di ogni membro della Giustizia deve essere caratterizzata da un assiduo, vigile impegno morale, e deve ispirarsi costantemente a quei principi etici, aventi nell’ordine della Legge, non meno che nella Coscienza soggettiva, la loro consistenza, e che conferiscono alla norma giuridica, oltre che la sua “ratio iuris”, la sua stabilità e il suo valore sociale.
Il Tribunale è baluardo della Giustizia e della Verità, vittorioso sempre contro ogni dominio di disumanita’. Esso, come porto sicuro, deve costantemente dare efficace prova di sé. Il ghetto in cui l’istituzione Tribunale si è cacciato appare come carcere di insensatezza e vuoto che bisogna infrangere per ritrovare la originaria Giustizia, la originaria Verità, il tutto segnato da un progresso che sia definitivo. Proprio al raggiungimento del “fine altissimo” è teso il lavoro generoso, silenzioso, disinteressato, di sacrificio ed abnegazione che in tanti svolgono quotidianamente nelle diverse mansioni, dimensioni e sfaccettature, servizio della Istituzione che opera una vera e propria funzione sociale e politica. Il Tribunale costituisce il simbolo più evidente di libertà e civiltà di un Paese, una Madre a difesa della Verità, del trionfo della Giustizia e della indipendenza e contro ogni forma di sopruso e prevaricazione soprattutto in un momento storico come quello attuale in cui si tende ad appiattire, semplificare e, spesso, banalizzare ogni concetto, ogni azione, ogni intelligenza.