IL NATALE PER UN’ISCHIA AUTENTICA: UN SOGNO CHE PUO’ DIVENTARE REALTA’ SE CONDIVISO. DI ANTIMO PUCA

Natale in casa Cupiello. 1931. Un periodo difficilissimo per il nostro Paese. L’opera di Eduardo vede il cuore buono del padre resistere abbarbicato al presepe e campeggiare eroico in mezzo a inganni, tradimenti, ripudio, guerra e profittatori. Tutto si supera. Perché “mi piace ‘o presepe”. Anche se allestito con libri vecchi o il più improbabile materiale di recupero. Natale 2020. Case e famiglie resteranno con delle sedie vuote. Natale in casa Cupiello mi fa ricordare che, oltre alle normali statuine, nel presepe napoletano c’ è Beniamino, il pastorello che dorme. Guardiano delle pecore,la sua figura è implicitamente contenuta nel Vangelo, visto che Luca, dicendoci di pastori che vegliavano(cfr Lc, 2,8),parla di quel normale lavoro di custodia per cui alcuni vegliano mentre altri dormono. Beniamino sogna il vagito di un infante che chiama  l’umanità a svegliarsi. A rinascere. Se si continuasse a dormire ci sarebbe la tristezza di chi è vissuto senza accorgersi più dello stupore delle piccole cose. Anche Giuseppe sogna. E la vita gli insegnerà, quando è in Egitto, che il senso del sogno è il senso stesso della vita di ogni uomo. Beniamino e Giuseppe sono chiamati a collocare ciò che sognano nell’ambito di ciò che accade loro, facendo appello alla saggezza. Questo è un potere, inteso come possibilità, che passa per la libertà di ciascuno. Giuseppe avrebbe potuto obbedire in maniera meccanica all’angelo che gli diceva di tornare a Betlemme. “Ma avendo saputo che regnava Archelao”(MT 2,22) decise di indirizzare diversamente la propria vita. Essere “uno che sogna” significa essere uno che sa guardare. Essere uno che rompe la crosta della realtà. Perché se non si è capaci di sognare, di essere come Benito, non si è capaci di guardare. In questo natale 2020 sogno un isola autentica nel suo significato, a misura di uomo, capace di tornare al valore isolano, un valore relegato ai pochi che hanno il privilegio di abitarla. Ripristinare strade e viali alberati, valorizzare muri di cinta, parracine, dare spazio alla macchia mediterranea, ma anche annullare parcheggi superflui e rimpiantare spazi verdi ovunque si può. Assumere un ingegnere specializzato in urbanistica e progettare un piano traffico stradale che ridia dignità al pedone ed al turista. Il sogno accende i colori più belli sul carcere che predomina l’alta costa della Mandra. Sarebbe un sogno rivedere quelle arcate che hanno immortalato la bellezza di tutti i tempi nei giochi dei caldi raggi obliqui posati tra i cespugli di capperi in fiore e delle ombre a strisce. Ma non solo. Di ragazzini che giocavano alla sua ombra e coppiette che si dichiaravano amore eterno. Sarebbe un sogno se chi ha compiuto cotanto scempio si auto denunciasse in coscienza  e restituisse i soldi rubati alla comunità per distruggere un luogo che fu storia e la cui struttura ridotta, oggi, fa fatica a riconoscersi e a parlare ancora di sé. Il sogno accende i riflettori su La Siena, che fu terreno coltivato a carciofi. Sarebbe doveroso, oltre che bello, impegnarsi a valorizzare la sorgente che fuoriesce e che potrebbe essere motivo di vita e di salute per ischitani e forestieri. E poi, insisto con la tanto amata Piazza degli Eroi e mi permetto di aggiungere che rivederla rinverdire con la macchia mediterranea che in tempo la circondava e valorizzarla con gli storici lampioni stradali risalenti agli anni ’50 sarebbe un dovere sia nei confronti della allora popolazione che fece non pochi sacrifici sia al cospetto della bellezza che, soprattutto in un Comune come il nostro, va perseguita a tutti i costi. Ed insisto per il ripristino del basilati, frutto di rinunce e sacrifici ischitani all’inizio del ‘900 e che aiutavano il defluire delle acque piovane. Valorizzare l’accoglienza con caratteristiche e folclore, dando risalto ad una memoria di  Ischia viva e presente ai nostri giorni. Promuovere zone di passeggio. Dare il via a bar a mó di vecchie cantine e a taverne caratteristiche casarecce che valorizzano gli assaggi ischitani. Tutto ciò è possibile se a sognare siamo in tanti. Ripartire dal basso, dall’essenziale, dalle cose semplici e realizzare questo immenso sogno che vuole ancora, nonostante tutto, l’ischia che fu, con i suoi odori di pino, lo scalpiccio dei cavalli, la signorilità delle zone di silenzio e troppo altro ancora. Un sogno è realizzabile nel momento in cui entra nel cuore e nelle coscienze di molti. Che il Bambin Gesù possa farci credere ancora e nonostante tutto nel sogno di una Ischia autentica. E che possa far fiorire, nei nostri cuori e nelle nostre coscienze, il desiderio comune di batterci per rinsaldare la nostra autentica identità isclana.

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