IL MONTE EPOMEO: IL FALLIMENTO E’ DIETRO L’ANGOLO! DI ANTIMO PUCA

Quasi una favola! Un luogo mitologico dove, si dice, si trovi uno dei punti di accesso al mondo sotterraneo di Agarthi, il regno all’interno della Terra descritto nelle opere di Willis George Emerson. Epopon, Epopos o Epopeus, il gigante che sovrasta tutte la fanciulla Aenaria e le sorgenti. Per Lamartine l’Epomeo era «luogo paradisiaco dove l’anima si innalza a Dio e dal quale l’occhio beato si espande in un panorama incantevole e meraviglioso che nessuna penna potrà riprodurre, dove si vive l’aria di un altro mondo». Castagni, Lecci, xerofile, querce, olivi, carrubi, viti. Frassitelli. Pietra dell’acqua. Pietre vulcaniche e rocce a strapiombo sul mare sottostante. Stradine solitarie, mulattiere, misteriosi sentieri, viottoli, viti. Qua e là ciuffi di rosmarino nano, origano, violetta, ciclamini e ginestre. Quasi un lavaggio del cervello che resta frastornato da tante varietà di piante.

(Antimo Puca)

L’Epomeo rappresenta un alto valore ecologico, storico, culturale e botanico. Un alto valore forestale. L’Epomeo, boschi e colline circostanti, sono importanti per la stabilità idrogeologica e per la biodiversità, racchiudendo varie specie di piante. Paesaggio è ambiente. Ambiente è biodiversità, ecosistemi, suolo. Da tutelare nell’insieme. Ischia, una delle isole più note al mondo per il suo valore paesaggistico, storico, artistico, sta operando il suo compito di tutela? Si opera con lungimiranza? Che risposta si darebbe, domani, alle generazioni future e, oggi, al mondo intero, che ci invidia le nostre straordinarie ricchezze? Ischia, specialmente con i suoi vasti boschi, le pinete e le sue ingenti risorse idriche, è dimora e generatore di quei servizi, benefici multipli forniti dagli ecosistemi al genere umano senza i quali la vita non sarebbe possibile. Ed è un territorio instabile e fragilissimo! Ad alto rischio sismico e idrogeologico, come dimostrato quando, a causa di pochi giorni di pioggia, si sono verificati smottamenti e frane di strade e di intere aree. Bisogna rispettare il patrimonio arboreo già esistente, operazione che non ha costi. Sottostimare l’impatto paesaggistico, che sarebbe addirittura tutelato dalla Costituzione, è un errore macroscopico e annulla inevitabilmente l’attuale grande interesse turistico. L’intenzione di non prendere in considerazione l’impatto ambientale, con valutazioni ridotte al minimo, è aberrante. Ogni atto “politico” avente effetti sul territorio, se non ha alla base un’adeguata dose di onestà intellettuale che tenga ben lontano qualsiasi eventuale (e letale) pericolo di contaminazione da ipocrisia, facilmente genererà danni. E non solo al territorio o alla sua rivalorizzazione. Ma anche di più alla cultura di esso e della gente che lo vive. Non è stata messa in atto alcuna attività di contrasto al transito abusivo e invasivo dei mezzi motorizzati sui sentieri e le strade agro-silvo-pastorali (VAPS) e che hanno interessato i boschi, consentendo in tal modo lo sviluppo di una forma di turismo ai limiti della legalità e di raid motoristici fuoristrada. Il vero “rilancio”, la rivalorizzazione delle risorse ambientali e umane, della socialità, della cultura e dell’identità culturale, del senso civico dei residenti a supporto della miglior gestione politica e amministrativa dei territori di montagna e dei boschi, oltre che dei migliori progetti di sviluppo economico, non passa certamente attraverso l’uso in ambiente dei mezzi motorizzati! Sarebbe come pretendere di aiutare la popolazione di territori afflitti da gravi siccità idriche installando distributori automatici di bevande in lattina! Si tende ad eliminare quella “forma di turismo” lungo sentieri e mulattiere chiuse al transito dei mezzi motorizzati. C’è il rischio concreto che “normalizzi” la presenza di motociclette pure lungo le vie prettamente escursionistiche in ambienti naturalistici di pregio. Ennesimo frutto di una visione e di un atteggiamento nei confronti della montagna e dei boschi isolani pesantemente antropizzanti e colonizzatrici, identici a quelli che nei decenni scorsi hanno (ad esempio) piazzato impianti di risalita e condomini di infimo pregio architettonico ovunque e coi risultati (e i fallimenti) che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Il sacrificio del paesaggio rurale storico e della fruizione dolce da parte del turismo lento (con gravi danni per le aziende agrituristiche e per i tanti borghi locali che si sono faticosamente organizzati in funzione di quello) è davvero necessario? La risposta sensata dovrebbe essere: NO. Soprattutto se, sull’altro piatto della bilancia, si può ben intravedere una palese, enorme bolla speculativa a beneficio economico di pochi e a mero danno dei territori e delle persone che li vivono. Sullo sfondo un’idea diffusa, del fare a qualsiasi costo, trasformando luoghi fragili in zone simili alle invivibili città. Il turismo di massa porta solo danni. Va incoraggiato e sviluppato un turismo lento ed educato. Bisognerebbe orientarsi su obiettivi quali sono la promozione turistica e delle strutture locali, la produzione dei prodotti tipici, lo sviluppo di reti di sentieri sicuri fruibili, riprendere la manutenzione del territori, la prevenzione idrogeologica e la gestione dei boschi, abbandonati da decenni. Possiamo parlare dunque di distruzione creativa? Forse. Dico “forse” perché, per nostra fortuna, il bosco è un sistema perfetto, e non c’è quindi bisogno né di aggiungere né di togliere nulla. Ciò che è cambiato (e qui arriva la parte creativa) è la percezione di cosa sia veramente il bosco, e cosa rappresenti per le nostre vite e per quelle delle generazioni future. Probabilmente quello che manca ancor prima di una transizione ecologica è una transizione mentale. Cioè, non riusciamo ancora a capire quanto sia centrale la risorsa suolo nell’equilibrio degli ecosistemi e nel mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici.

di Antimo Puca

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