IL DRAMMA DEI SENZA DIMORA AD ISCHIA, LE ASSOCIAZIONI SOLLECITANO I COMUNI

Le Associazioni Libera, Caritas, Kres, Mensa del Sorriso, C.U.D.A.S,  Catena Alimentare, Luca Brandi Onlus, recentemente hanno inviato una nota ai sindaci per portare alla luce il dramma dei senza fissa dimora insistendo sulla necessità dell’ iscrizione anagrafica delle persone senza dimora presenti  sul territorio e la creazione di un dormitorio che li accolga.

“Recentemente, e per l’ennesima volta, Papa Francesco ha espresso l’auspicio che autorità religiose e politiche
e rappresentanti della società civile superino i particolarismi, condividano idee e speranze e dialoghino per
promuovere l’accesso ai diritti fondamentali.
Ma c’è qualcuno in ascolto?
Le Istituzioni non esistono, le Istituzioni sono fantasmi, se nessuno ne incarna ideali e propositi.
Abbiamo in molte altre occasioni sollecitato le Amministrazioni comunali dell’Isola e l’Ambito Sociale N13,
chiesto loro un confronto e sottoposto proposte di collaborazione: la grave condizione delle Persone Senza
Dimora sulla nostra Isola reclama soluzioni da concepire in sinergia.
Ma c’è qualcuno in ascolto?
Gli Enti sono – speriamo – ormai tutti concordi sulla necessità dell’iscrizione anagrafica delle persone senza
dimora presenti abitualmente sul territorio comunale e di un dormitorio che li accolga, per “non lasciare
nessuno sul ciglio della strada” come ha detto il Ministro Orlando.
Ma le buone intenzioni non bastano.
Serve una strategia e la partecipazione attiva degli Enti; serve un coordinamento delle risposte emergenziali
affinché contemplino – accanto alle proposte di accoglienza immediata (comunque rimaste lettera morta) –
soluzioni abitative a lungo termine e percorsi di accompagnamento all’autonomia; serve il coinvolgimento
della rete delle Associazioni.
Serve il dialogo e la collaborazione tra i diversi attori: la divisione tra Pubblico, Privato e Terzo Settore
disorienta. Le antenne sociali che hanno competenze ed esperienza meritano un posto in prima fila accanto alle
Istituzioni per programmare, progettare, organizzare e agire.
L’obiettivo è togliere le persone dalla strada ma anche evitare che ci ritornino ed è quindi necessario
promuoverne il progressivo reinserimento sociale con azioni rapide e articolate.
Ma va fatto adesso… o mai più!
Nel giugno scorso a Lisbona il Ministro Orlando – insieme agli altri ministri nazionali, ai rappresentanti delle
istituzioni dell’UE e alle organizzazioni della società civile – in occasione della conferenza organizzata dalla
presidenza portoghese del Consiglio dell’UE, dalla Commissione europea e da FEANTSA (Federazione
europea delle associazioni nazionali che si occupano dei senzatetto), ha firmato la Dichiarazione di Lisbona
sulla piattaforma europea per la lotta contro la mancanza di una fissa dimora, garantendo l’impegno
dell’Italia per combattere il fenomeno. Gli obiettivi concordati sono:
• nessuno deve dormire per strada per mancanza di alloggi di emergenza accessibili, sicuri e adeguati;
• nessuno deve vivere in un alloggio di emergenza o provvisorio oltre il tempo necessario per passare
ad una soluzione abitativa permanente;
• nessuno deve lasciare un’istituzione (carcere, ospedale, struttura di accoglienza) senza che gli sia
offerto un alloggio adeguato;
• lo sfratto va evitato per quanto possibile e chi lo subisce deve essere aiutato a trovare un’altra soluzione
abitativa;
• nessuno deve essere discriminato per la sua condizione di senzatetto.
Ambiziosi ma raggiungibili traguardi grazie alla disponibilità di finanziamenti dell’UE nonché di parte delle
quote degli Stati membri provenienti dal Fondo sociale europeo Plus (FSE+), oltre che alla disponibilità degli
investimenti di InvestEU che sostengono infrastrutture sociali e edilizia popolare.
Nel luglio scorso lo stesso Ministro Orlando ha poi approvato il Piano Nazionale degli Interventi e dei
Servizi Sociali, che contiene al suo interno il Piano sociale nazionale 2021-2023 e il Piano per gli interventi
e i servizi sociali di contrasto alla povertà 2021-2023. Un lavoro condiviso con le Parti sociali e con gli
organismi del Terzo Settore e grazie al quale l’homelessness entra nella programmazione nazionale con servizi
alle persone e progetti di housing come l’Housing First (“la casa prima di tutto”), uno degli approcci più
innovativi nel contrasto alla marginalità, quello che ha dato i risultati più promettenti e che ha innescato
processi virtuosi di cambiamento nelle persone destinatarie del servizio.
In Italia questi progetti sono già attivi in 52 città e accolgono circa mille persone. Nel Pnrr sono oltre 250 i
progetti di Housing First già finanziati, con un investimento di circa 250 milioni di euro.
Relativamente al problema della residenza sono invece solo il 2,5% dei Comuni Italiani ad aver istituito la “via
fittizia” e i comuni dell’Isola Verde non sono tra questi. Ma perché ignorare il problema? Dall’iscrizione
anagrafica delle persone senza dimora presenti abitualmente sul territorio comunale non scaturiscono
movimenti contabili: è un provvedimento che non comporta alcun impegno di spesa né diminuzione di entrata.
Se il timore è quello di appesantire il proprio welfare, è un timore ingiustificato: le politiche di welfare sono
ormai nazionali e non comunali. Inoltre, l’anacronistica divisione amministrativa della nostra Isola in 6
Municipalità non è impedimento alla soluzione delle emergenze sociali del territorio: con l’obbligatorietà degli
Ambiti Sociali lo Stato ha garantito ai Cittadini un sistema integrato di interventi e servizi sociali attraverso un
unico soggetto amministrativo, che nel nostro caso include anche l’Isola di Procida.
E’ importante non derogare al principio amministrativo di aggregazione intercomunale e non consentire
rivendicazioni di natura campanilistica. E’ importante che il principio di cultura dei servizi indichi la strada e
orienti l’impegno finanziario e con esso gli interventi, assecondando le esigenze economico-sociali, le
problematiche, e non percentuali astratte di implausibili quote.
Possiamo definire la residenza anagrafica uno strumento di controllo che consente alla comunità territoriale di
identificare, raggiungere e tutelare i suoi membri più deboli; ma essa è soprattutto uno strumento essenziale di
integrazione sociale che consente alle persone di essere cittadini oltre che portatori di bisogni.
Negare la residenza ai Senza Dimora significa negare loro il diritto al voto, il diritto al gratuito patrocinio, il
diritto alla riscossione della pensione, il diritto all’iscrizione al collocamento, il diritto ad aprire una partita
Iva, il diritto all’assistenza sanitaria e il diritto al welfare.
Difficilmente incontriamo e conosciamo le persone senza dimora, i senza tetto, i barboni, i clochard…
comunque vogliamo chiamarli… e questo ci può indurre a colpevolizzarli e a stigmatizzarli per la loro
indigenza. Ma potremmo essere noi! Gli Avvocati di strada ci dicono che 20 anni fa le PSD erano poveri con
problemi di alcolismo; oggi sono imprenditori falliti, piccoli artigiani, pensionati, lavoratori licenziati a 50
anni che non sono riusciti a reinserirsi, donne, migranti e persone con problemi di salute mentale.
In Italia ci sono circa 50mila persone senza dimora e oltre 5 milioni di persone che vivono in povertà assoluta:
un’emergenza strutturale che può solo peggiorare con lo sblocco degli sfratti e dei licenziamenti.
Povertà estrema, solitudine, marginalità. Un problema delle Pubbliche Amministrazioni, un problema dello
Stato.
Lo Stato deve provvedere agli indigenti: lo Stato deve garantire loro la tutela dei diritti umani e dei diritti civili.
Tutti sono chiamati a partecipare. Bisogna costruire e consolidare legami. E innescare processi collaborativi.
In linea con gli obiettivi nazionali ed europei e consapevoli delle risorse finanziarie disponibili vi chiediamo
pertanto di:
• Riconoscere il diritto alla Residenza a chi ne ha i requisiti per legge;
• Rispondere alla logica emergenziale delle accoglienze notturne realizzando un dormitorio;
• Sostenere le politiche dell’abitare come Housing First;
• Creare percorsi di presa in carico delle PSD a cura di servizi sociali, uffici anagrafe, polizia locale,
nonché uffici delle politiche abitative e del lavoro, che conducano all’autonomia e supportino il diritto
all’abitare;
• Diffondere la conoscenza del fenomeno Homelessness e incentivare azioni che favoriscano l’inclusione
e la coesione sociale;
• Ottimizzare l’utilizzo dei fondi stanziati, evitando che il costo della struttura diventi patologicamente
maggiore del costo dell’utilità effettiva resa all’utente;
• Utilizzare gli strumenti, consentiti dalle attuali normative, della co-programmazione e coprogettazione per garantire la partecipazione territoriale di enti del terzo settore, di associazioni e di
altre istituzioni pubbliche alla definizione dei piani di intervento.
Come spiegare il sentimento di esilio sulla Terra, il sentimento del vuoto, il rifiuto di tutto? Forse, come
scriveva Emil Cioran “se ciascuno facesse la sua piccola esperienza di barbone! Indossare degli stracci,
mettersi a un incrocio, stendere la mano ai passanti, subire il loro disprezzo o ringraziarli del loro obolo – che
disciplina!”

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