I TRE GRANDI MALI CHE FRENANO LA NOSTRA ISOLA. DI ANTIMO PUCA

0
56
Ritengo che siano tre le cause che impediscono al nostro popolo di volare alto: il dilagare della stupidità ; la tracotanza dei furbi ; il silenzio degli onesti. Sembra che la stupidità sia la cifra dei nostri tempi. A fine ottocento, lo scrittore Gustave Flaubert concepì lo Sciocchezzaio (1881), un’opera che doveva raccogliere tutti i luoghi comuni, le piccolezze, le banalità della sua epoca. Il dilagare della stupidità con il diffondersi delle sciocchezze rischia di diventare una vera e propria emergenza umanitaria nella nostra Ischia. L’emergenza riguarda la nostra umanità. Il nostro restare umani è in emergenza di fronte all’imbarbarimento di tutto ciò che svilisce e sbeffeggia quelli che un tempo erano considerati i valori fondanti del senso civico. Ritengo che il dilagare delle stupidità sia da attribuirsi a un fenomeno simile a quello che sta caratterizzando la stagione estiva di quest’anno: la siccità. Il nostro paese da tempo soffre di siccità culturale. Un rimedio sicuro contro la stupidità è la cultura. La cultura è un bene comune primario e vitale come l’acqua. I libri, i teatri, le biblioteche, i cinema… sono come tanti acquedotti. Nel nostro paese , però, di cultura non ne vogliamo sapere, perché costa ricerca, tempo e fatica. Si preferisce articolare le mascelle per mangiare anziché spremere le meningi per pensare. Siamo geneticamente borbonici. Ne è prova che ad ogni cambio di guardia nella gestione della cosa pubblica si assiste a nugoli di galli canterini e galline chioccianti che , con variopinto e cangiante piumaggio, in preda ad euforia isterica, sono intenti ad attendere una manciata di mangime nel cortile del potere.
L’Italia è arcinota per essere il Paese dei furbi, verrebbe da dire, record atavico che viene da lontano. Peraltro, i padri dei padri dei nostri padri onoravano l’astuto Ulisse come un “eroe dal multiforme ingegno “. Una vera condanna sociale della furbizia, insomma, non c’è mai stata, è rimasta un po’ nel limbo, una di quelle doti che – nel giudizio comune – un po’ è meglio avere. Questione di misura, più che altro, non tanto di principio. Il vero problema semmai sono i “troppo furbi”. Un po’ di condiscendenza c’è, ammettiamolo. Ora, la parola “furbo” ha un’origine un po’ incerta. Per molto tempo è stata fatta risalire al francese “four bir”, che significa “ripulire”. Ripulire cosa? Le tasche del prossimo, dicevano i linguisti. Più recentemente pare trovare favore la tesi che la parola venga in realtà dal latino “fur” attraverso un italiano antico “furvus” che significava “oscuro”. Ma “fur” in latino vuol dire “ladro”, ha un evidente legame con la parola “furto” (cosa che certamente riesce meglio nell’ oscurità), per cui, da qualunque lato lo si guardi, quello che emerge è che il furbo è sostanzialmente un ladro, uno che si appropria di ciò che non gli spetta, l’etimologia non mente mai. Altro che condiscendenza! E qual è l’essenza della prepotenza e della furbizia ? È l’ostentazione della propria superiorità rispetto a tutte le regole sociali, morali, legali e al giudizio della comunità. Il prepotente agisce sempre in modo tale da dimostrare agli altri che può fare ciò che vuole. Nel nostro paese l’esercito di chi, pur di perseguire il proprio utile, danneggia il prossimo arruola sempre più coscritti . E così il regno del malaffare cresce a dismisura. Come reagire? Anziché fare da picchetti d’onore di questi loschi figuri davanti ai bar o a bearsi di essere commensali ai loro lauti banchetti, vi invito ad esprimere pubblica riprovazione verso gli artefici del malaffare. La riprovazione sociale è già sanzione sociale, un discredito. La riprovazione sociale può essere più efficace di un sistema formale di norme e punizioni codificate. Dagli stupidi ci si difende con la cultura, dai furbi con la riprovazione sociale.
Non ho paura degli urli dei violenti, ma del silenzio degli onesti”. Questo sosteneva Martin Luther King, con gran ragione. Nel nostro paese l’onesto cittadino da sempre ha deciso di racchiudersi nell’angosciante silenzio dell’omertà. Il muro di gomma costruito dal silenzio omertoso degli uomini onesti, l’omertà degli onesti alimenta la politica degli interessi di pochi e non del ben comune. La nicchia omertosa e vigliacca del silenzio, nella quale è umano sentirsi come un animale in gabbia, libero di vivere ma solo in quella gabbia. Il che non significa vivere, ma sopravvivere. Perché tacciono gli onesti, ieri come oggi? Per ignavia, si dice, per pura concentrazione sull’interesse personale. Vero. Tuttavia è altrettanto evidente come siano attive altre dinamiche che blindano il silenzio in modo più preoccupante e trasversale. La paura e il bisogno di autoprotezione, innanzitutto. Di fronte ad una malavita sempre più organizzata, e sempre più protetta, nella sostanza, dallo stesso sistema che dovrebbe giudicarla e punirla, chi osa parlare? Cresce quindi, spontaneamente, come un virus silenzioso e maligno, la censura personale anche verso i comportamenti devianti altrui: meglio stare zitti, per non mettersi nei guai per troppo zelo o senso civico. Tuttavia, non è solo la paura a chiudere la bocca agli onesti. E’ anche, e forse soprattutto, la sfiducia nel poter agire efficacemente per cambiare le cose. Purtroppo, il loro silenzio può portare il paese all’anarchia morale, cui è già avviato.
Nessuno si ritrovi a rivestire il ruolo di compagno di merende di chi trama il malaffare. I cittadini hanno bisogno di recuperare fiducia nelle istituzioni e in chiunque riveste ruoli di responsabilità. Il tumore del malaffare va denunciato ed estirpato con determinazione, ovunque esso si annidi. Riaccendiamoci  di passione per il senso civico, a costo di pagare di persona