E’ un po’ di anni che, in occasione delle consultazioni elettorali (sempre più complicate in campo nazionale),
inizia lo show dei sondaggi con rilevazioni (o pseudo tali) degli umori della gente per l’evento al quale sono
chiamati a partecipare. Rilevazioni che, molto spesso, si sono rivelate sballate rispetto agli esiti finali. A
braccetto con le “rilevazioni umorali” viaggia “l’informazione interessata” che in Italia è proposta da editori
interessati per i propri affari. Disquisire delle rilevazioni umorali diventa interessante, atteso che esse
declamano, all’unisono, un vantaggio del centrodestra che, addirittura, sfiorerebbe il 20%. Come
interessante è disquisire degli avvertimenti sibillini che vengono propinati al popolo con i quali si dice che
una “vittoria di tali proporzioni sarebbe un disastro per l’Italia”. Come se al potere si insediassero “Gli Unni”
(popolo guerriero che nel IV secolo d.c. passò alla storia, con Attila, per le terribili incursioni contro l’impero
romano) che porterebbero l’Italia fuori dall’Europa, fuori dal “patto atlantico”, forse anche “fuori dalla
chiesa” o altro ancora. Facendo degli italiani un popolo reietto. A me non sembra tutto ciò e, non avvertendo
tale timore, tento di dire il perché. Innanzitutto chiediamoci chi paga le attività dei sondaggi. Non credo il
governo, il centro parrocchiale o cittadini normali.
Li commissionano soggetti interessati a sapere, anzitempo, che cosa può succedere da un evento imprevedibile. E, l’interesse non è mai a scopo culturale o di beneficenza. Ordunque se a ciò si aggiunge che in Italia il voto è segreto e che è indole dell’italiano non far sapere mai le proprie cose, ne viene di conseguenza che, essendo in pochi quelli che alla domanda “per chi voti” direbbero le reali intenzioni, c’è da chiedersi, come mai i “sondaggisti” sfornano a ripetizione numeri che i media poi amplificano e distorcono quello che dovrebbe essere un tranquillo percorso di proposte e di analisi? La distorsione si manifestò già parecchi anni fa al punto che dovette intervenire il legislatore (legge 228/2000) ad imporre la sospensione delle attività di rilevazione nei 15 giorni antecedenti la consultazione.
Una norma di buon senso che dovrebbe andare di pari passo con altre manifestazioni di pensiero
sull’argomento. Soprattutto se provenienti da alte cariche dello stato sia italiane che estere che, spesso, pur
con linguaggi contorti, lanciano messaggi di indirizzo al popolo chiamato alle urne. Sta succedendo, infatti, in questi giorni che responsabili di Stati esteri (lanciando il sospetto di finanziamenti illeciti a uomini di partito senza però fare i nomi) introducono, nella campagna elettorale, argomenti di tensione che il sentimento ideologico di gran parte degli editori indirizzano verso un certo lato politico come segnali divini da tenere in conto. O che il presidente della Corte Costituzionale parli di un possibile “caos istituzionale” che si potrebbe determinare, in campo europeo, ove si avverte “la tentazione di affermare il primato del diritto nazionale su quello comune europeo che non è solo di Polonia, Romania e Ungheria”. Tradotto, sembra dire agli italiani, “attenzione a come votate in quanto una possibile vittoria del centro destra, andrebbe a rafforzare il blocco nazionalista europeo che sovvertirebbe gli equilibri attuali”. A me appare come una pesante ingerenza nel procedimento elettorale vista l’autorevolezza del pulpito dal quale proviene in quanto ritengo che le informazioni che danno il centrodestra in grande vantaggio sono come quelle del cane che guardando la luna abbaiava al lupo. Non per farlo scappare ma per farlo stare pronto ad azzannare ancora. E allora cerchiamo di comprendere il perché di tanto gridare pauroso su un vantaggio del centrodestra? I motivi, a mio giudizio, potrebbero essere tre: 1) stendere una cortina di appagamento per affievolire gli sforzi a chi sta correndo “se sono convinto che ho già vinto non serve correre ancora”; 2) convincere l’elettore per un voto diverso “tanto non cambia il risultato e potresti sempre avere un amico in parlamento”; 3) intimorire l’elettore nel convincimento che una vittoria con largo scarto determinerebbe maggioranze pericolose per la democrazia.
I tre argomenti, agitando il torbido, tendono semplicemente a conservare lo “status quo” che gli italiani non
riescono più ad accettare. Tra i tre argomenti, il terzo “pericolo per la democrazia” è quello che merita
qualche riflessione ulteriore. Analizzando la cosa da vari punti non ho remore a dire, in serenità, di non
avvertire un tale pericolo per le seguenti semplici considerazioni. In Italia, tra le persone nate dagli anni
settanta in poi, non c’è nessun leader, impegnato in politica, che abbia mai manifestato cervellotici principi
o propositi fascisti. Grassi, comodosi e acculturati, come ha vissuto la mia generazione, nessuno è invaso da tali principi. Tanto è vero che nemmeno tra le gerarchie militari si avvertono simpatie o stimoli in tal senso.
Quindi, di che pericolo si blatera? Il secondo argomento è molto insidioso (richiama l’azione del politucolo
locale che, sapendo delle tue simpatie, ti chiede di votare l’amico che sta dall’altra parte “tanto non
provocherebbe danni visti i sondaggi”) e va considerato con intelligenza e riscontrato con scaltrezza. Chi, in genere, non è abituato a dire per chi vota, non neghi a nessuno il suo consenso, tenendo presente l’insidia
interessata che si nasconde dietro ogni richiesta e che nella cabina si è da soli e nessuno (a parte il voto
delinquenziale) può sapere tu per chi hai votato. Oggi la scelta che l’italiano è chiamato a fare, dopo anni che
siamo stati amministrati da non eletti, è quella di continuare a stare nella condizione dell’oggi o nell’auspicare una inversione di tendenza. Inversione che dovrà servire, innanzitutto, a modificare una macchina amministrativa ingolfata da sfaticati (i burocrati) che hanno steso quella ragnatela (burocrazia) in virtù della quale nulla si può fare, nulla si deve fare, nulla si deve modificare. Basti solo pensare che: per una politica scellerata dei governanti in uscita, mentre nelle nostre case stanno arrivando bollette mostruose di luce e gas ed un razionamento di dette fonti energetiche, su circa 1200 impianti per l’estrazione del gas, esistenti in Italia, ben 752 sono fermi e chi ha optato per fonti alternative e cede l’energia prodotta viene tassato sull’extraprofitto e quella che prelevi, dalla rete, la paghi al costo decuplicato per la crisi. E noi italiani
dovremmo stare ancora a discutere dell’opportunità o meno di stabilire un limite al prezzo del gas con chi
(facendo i cazzi suoi) trae profitto, dalle speculazioni borsistiche (Olanda) o da contratti di favore (Germania) ottenuti per il coinvolgimento diretto negli affari con i russi. E allora, bando alle chiacchiere. A chi sta bene così continui a votare quelli che denunciano i pericoli di un voto diverso. A chi, invece, così non sta più bene, non si faccia attrarre da lusinghe, apparentemente intelligenti o chic, in quanto bisogna riportare il paese a quell’operosità che sapemmo dimostrare negli anni 50/60. Affidando lo Stato a chi, operando con chiarezza, manifesta principi di libero mercato, di liberismo economico, di produttività e non di burocrazia.
Specialmente noi del Sud. Dobbiamo imparare a dismettere il vestito dell’elemosinante che si accontenta
delle briciole e indossare quello del decidente il proprio futuro. Nella nostra regione (la Campania) e sulla
nostra isola (Ischia), l’elettore del centro destra, non si faccia prendere, per i torti ricevuti, da isterismi di
rivalsa disperdendo il consenso altrove. Sappia punire i torti con intelligenza chirurgica, senza stare a credere ai sondaggi o alle cassandre interessate, andando a votare da italiani “schiattati in corpo”. acuntovi@libero.it