Il titolo non tragga in inganno in quanto il prosieguo non tende a rendere, dello scrivente, un’immagine da “Robin Hood” ma a stimolare il lettore a guardare, dalla parte di chi assiste e poi patisce, gli esiti del momento elettorale, che anche l’isola d’Ischia vive, con il rinnovo dei consigli comunali di Forio e di Casamicciola. Da troppi anni, in tanti vivono l’evento con distacco, anche fisico, rinunziando persino ad andare a votare, dimenticando che il voto costituisce il massimo riconoscimento che i sistemi democratici affidano al popolo, che la nostra Costituzione immortala nell’articolo 48. La progressiva disaffezione di recarsi alle urne, non può essere intesa come una forma di protesta verso questa o quella classe politica che amministra (in quanto è pur sempre espressione del consenso ricevuto) ma come disaffezione verso la democrazia che, di converso, può aprire percorsi verso altri sistemi pur vivendo, più volte negli ultimi 77 anni, in situazioni che spronavano verso tali direzioni. Tutto ciò grazie alla lungimiranza dei legislatori costituenti che, per evitare che i custodi degli strumenti di forza potessero con facilità prendere il potere politico in situazioni complicate, idearono una serie di griglie che sono state utili allo scopo. Andando alla ricerca delle cause che hanno portato alla disaffezione verso il voto, mi sento di riassumerle in due argomenti che sintetizzo nel precipizio culturale che il paese ha avuto (che consente di affrontare problematiche anche gravi a forza di slogan) accompagnato, nella caduta, da quello del sistema giustizia che ha smarrito, nel tempo, quella che è la sua vera funzione (mantenere in efficienza il sistema delle regole in un tempo congruo alle necessità). Di talché l’osservatore, esterno e superficiale, ha tratto la conclusione riassumibile nello slogan “ma che ci vado a fare a votare se poi non cambia mai nulla?” Salvo, di tanto in tanto, a reagire “di pancia” e non di intelletto. E, restando agli ultimi fenomeni noti, è stata proprio una reazione di pancia quella con la quale il popolo affidò le chiavi dello Stato ad un signore che di professione faceva l’intrattenitore comico. Con la conseguenza che abbiamo fatto ridere il mondo e, nelle risate degli altri, il nostro debito pubblico è balzato, in soli tre anni, da 134 a oltre il 144% del PIL. Ho fatto questa dissertazione per dire che non si può pensare che non si è responsabili dei danni prodotti da improvvisati se si lascia ad una minoranza la facoltà di eleggere chi poi amministrerà tutti. Anzi lo si è di più perché l’omissione, a volte, è più grave dell’azione. E senza fare ulteriori giri di parole appare evidente che, stando agli ultimi quozienti elettorali, anche sull’isola l’affluenza alle urne si è abbassata con gli esiti derivati che sono sotto gli occhi di tutti. Frutto di quella delega in bianco che troppo spesso si concede senza riflettere. A Casamicciola come a Forio si sono presentati tre candidati sindaci con una infinità di candidati al consiglio comunale. La discrasia più evidente è che nessuna delle coalizioni in gara si presenta con il simbolo di uno dei partiti eletti nel parlamento nazionale. Il che certifica non solo la lontananza dei partecipanti dal potere che conta ma anche l’assenza, tra i partecipanti, di ogni forma di idealismo politico o culturale che è un fatto pericoloso che potrebbe essere così riassunto: “Tizio e Caio si accoppiano con Sempronio e Mevio non tanto per affinità culturali o ideologiche ma per interesse”. Di che genere lo scopriremo, forse, quando sarà tardi, anche perché i preposti ai controlli si mostrano sempre più restii nell’andare a ficcare il naso negli eventi della pubblica amministrazione. Se non quando “i buoi sono già fuggiti dalle stalle”! La seconda discrasia è che mentre a Casamicciola ogni candidato sindaco ha la sua lista, a Forio è supportata da più liste. Il lettore deve sapere che tanto avviene non per capriccio ma in virtù di una legge, cosiddetta “Bassanini” d.lgs 267/2000 (art.71 e 72), che ha previsto due diversi sistemi elettivi per comuni fino a 15000 abitanti e quelli con popolazione superiore. Un’assurdità tecnica (tra le tante di quella norma) che, stravolgendo sistemi elettorali che si erano rodati in oltre 50 anni, ne ha creato uno che in poco più di venti ha allontanato dalle urne circa il 60% degli elettori. È un dato di fatto e non un’impressione, che in tante realtà (come ad es. nel comune di Ischia) ha prodotto anomalie gravi, come nel comune di Ischia, ove il consiglio comunale è privo di una forza di opposizione. Di quella forza alla quale, lo stesso legislatore, nelle sue immaginazioni culturali, aveva affidato il controllo degli atti (sottraendolo di fatto agli organi di un tempo e alle forze dell’ordine). Ho citato l’argomento per dire che le discrasie di un sistema, affidato ad improvvisati o incolti, si riverberano poi su tutti producendo danni economici rilevanti. E, per restare nell’ambito isolano: chi può non dire che: se a Casamicciola, al momento del terremoto il comune non fosse stato in affidamento al “buon Giovannone” ed ai suoi cari (che, come tutti i cari, l’hanno poi accoltellato alla schiena) forse non si sarebbe dovuto aspettare la lava del 26 novembre per allontanare

dalla strada i calcinacci terremotati? E a Forio, per aggiungere altro esempio, chi può non dire, percorrendo la strada che da Monterone porta a Panza, che quando era “Statale” era periodicamente sistemata e che dopo la sciagurata decisione di acquisirla al patrimonio comunale, da parte di un sindaco approssimato, è diventata un colabrodo

per mancanza di fondi? E allora è difficile comprendere che, se nella anomalia di una legge elettorale, si aggiunge il comportamento superficiale dell’elettore si continuerà ad affidare l’amministrazione del paese ad incompetenti che faranno ulteriori guai? Guardando l’elenco di quelli che si son messi insieme per sostenere la candidatura di un sindaco, chi non percepisce che c’è un’anomalia se, in un comune come Forio, a sostenere tre candidati sindaci c’è un esercito di ben 160 persone che aspirano al seggio di consigliere comunale? Da dove scaturisce un così forte appeal? Dobbiamo aspettare che sia il tempo a dircelo o lo possiamo intuire già oggi? Il dato di fatto che si presenta all’occhio dell’elettore foriano è che a sostenere il candidato Stanislao Verde

ci sono ben 96 candidati, a sostenere il candidato Capuano

ce ne sono 48 e a sostenere il candidato Vito Iacono

ce ne sono 16. Nel contenitore di Stanislao Verde sono confluite tante anime diverse sia per cultura che per aspettative e non si può negare che è una capacità ascrivibile al Verde. È altresì una capacità o una incapacità quella che, nel tempo (lungo) in cui ha occupato i banchi dell’opposizione, non sia riuscito a fare nemmeno un solletico alla giunta Del Deo? È una capacità o un elemento di preoccupazione se nelle sue liste sono confluiti ben 11 (o forse più) avvocati che, considerando l’indole culturale della categoria poco propensa all’accondiscendenza o a cedere il passo alle idee degli altri, lasciano immaginare una possibile trasformazione del palazzo municipale da luogo dell’operosità a luogo di litigiosità? Sono argomenti su cui l’elettore deve riflettere come deve riflettere sulle altre due colazioni. Quella che sostiene il candidato Capuano non è da meno, pur lasciando chiaramente apparire che abbia mirato, in coerenza con la formazione culturale che gli ingegneri hanno, più alla concretezza che all’apparenza. Sicuramente. Il terzo candidato va considerato più per lo spirito dell’irrinunciabile partecipazione che per altro. Per cercare di capirne di più e soddisfare le mie curiosità di cronista, domenica mattina mi sono recato ad origliare, nel sinedrio di Panza riunito, come al solito, sotto l’ombra dell’antico Leccio. Non sono rimasto deluso. La discussione stentava a decollare tra un “stavot’ nce vaco proprio a vutà” e….. “ma po’ a chi avessem’ vutà tra tutta sta gent?”. Fino a quando, scoperto ad origliare, “Lunardin ‘u furien” che conosco da anni mi dice “tu si venut’ cca pe sapè; è ver? Te pozz’ fa na domand io a te?” e a bruciapelo mi chiede “ma che mestiere fa stù Stani Verde?”. Rispondo di non saperlo in quanto non lo conosco personalmente. Mentre aggiungevo che conoscevo bene il padre i nonni e gli zii originari di Casamicciola, Angiolett e Cristinell, altro componente del sinedrio, aveva uno scatto e tamburellando il piede per terra, esclamava “Agg’ capit tutt’cos”. Senza però darmi la possibilità di percepire il significato di quanto aveva detto. Restai in silenzio a gustare lo sviluppo della conversazione che oscillava tra considerazioni apprensive per i tanti avvocati candidati “sai quant’ caus’ che nasciarrann” o per certi cambi di casacca dell’ultima ora “chigg po’ -riferentisi a un tale che non compresi chi fosse- ha fett semp e cazz suie abbesc’ a chiaia e po’, pe se mettere a chigghatu lat, ven’ a dicer ca sciammerch è: zonchè, zonquant”. La conversazione mi rapiva e mentre cercavo di decifrare quel linguaggio armonioso e spesso incomprensibile, Peppe ‘u filosof intervenne e dice “nuie ca nun simm chiù guagliun, c’ amm ricurdà ca’ pe ffa na bona sciammerca, ce vo nu buon cazzuligh” e, assumendo un’espressione seria con voce grave, aggiunse “Avit capit? -e sillabando la parola aggiungeva- L’ acco ppia me nto si è avuto!” Silenzio del gruppo. Timidamente dico di non aver compreso e Lunardin’u furien, con espressione paterna: “Tu nun può capì ca si santagnules” (ndr-tu non puoi comprendere in quanto sei di S.Angelo) e, con tono divenuto serio, aggiunse “Ricordat chi lass’ a via vecchia pa’ nova sap cheggh’ ca lass e nun sap cheggh’ ca trov.” Il sinedrio si scioglieva magnificando nel prosieguo le performance del Napoli. acuntovi@libero.it