Liberare lo scoglio della “nave” di Citara dalle reti abbandonate; è questo il lavoro che si accingono a fare domani alcuni subacquei dell’isola di Ischia;
l’iniziativa è partita da Diving agency;
lo scopo è togliere dal mare le cosiddette reti fantasma.
Il raduno dei partecipanti si terrà alle ore 9 presso il porto di forio;
COSA SONO LE RETI FANTASMA E PERCHE’ SONO DANNOSE PER L’ECOSISTEMA MARINO?
Abbandonate a sé stesse – accidentalmente o intenzionalmente – in balia delle correnti e trasportate senza controllo in giro per il mare senza possibilità di essere distrutte naturalmente, se non dopo lunghi anni e a prezzo di gravi danni ambientali.
Sono le cosiddette ‘reti fantasma’, ossia reti da pesca professionale lasciate al loro destino per cause naturali o per scelta deliberata, che sempre più frequentemente vengono rivenute da sub, pescatori in apnea o diportisti e che da strumenti di cattura si trasformano in problematici rifiuti marini. Queste reti, intere o a spezzoni, continuano infatti a svolgere il loro compito per mesi, se non per anni, senza più essere rimosse e ritirate dall’uomo: proseguono a catturare specie ittiche, possono ammagliare mammiferi o uccelli e, non segnalate sulle carte nautiche, sono potenzialmente pericolose per la navigazione perché rischiano di ingarbugliarsi sulle eliche.
Che il tema delle ‘reti fantasma’ – alias ‘reti killer’ – sia ormai di forte attualità lo testimoniano i ripetuti richiami della Fao agli Stati nelle cui acque si verificano sempre più frequentemente ritrovamenti di reti o altre trappole abbandonate, come ad esempio in Italia e in generale in tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. L’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione ha addirittura realizzato uno studio internazionale sul fenomeno, presentato in un rapporto elaborato in collaborazione con il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente.
Nel documento, trasmesso a tutti gli Stati membri, sono contenute numerose informazioni e dati allarmanti: “Il problema delle attrezzature da pesca abbandonate, perse o altrimenti dismesse sta peggiorando a causa dell’aumento nella scala delle operazioni di pesca e dell’introduzione di attrezzature da pesca particolarmente resistenti, perché fatte di materiali sintetici altamente durevoli – si legge nel rapporto della Fao e del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente -. Si stima che le attrezzature marine abbandonate, perse o dismesse negli oceani ammontino a un 10% (640.000 tonnellate) di tutti i rifiuti presenti in mare. In mare aperto, le navi mercantili costituiscono la fonte primaria di rifiuti marini, mentre la principale fonte di rifiuti nelle zone costiere è l’attività di pesca a terra”.
Lo studio ha anche analizzato le cause dell’abbandono in mare delle reti, nonché di altri strumenti di cattura che causano i medesimi danni: “La maggior parte delle attrezzature da pesca non viene deliberatamente abbandonata ma viene persa durante le tempeste, trasportata via da forti correnti o è il risultato dei cosiddetti ‘conflitti tra attrezzature’, per esempio, quando si pesca con le reti in aree dove sono già state sistemate sul fondo trappole in cui le nuove reti possono incagliarsi – prosegue il rapporto della Fao -. I principali danni causati dalle reti abbandonate o perse sono: la cattura continua di pesci, conosciuta come ‘pesca fantasma’, e di altri animali quali tartarughe, uccelli marini e mammiferi marini, che rimangono intrappolati e muoiono; l’alterazione degli ecosistemi dei fondali marini; la creazione di rischi per la navigazione in termini di possibili incidenti in mare e danni alle imbarcazioni. Oggi sono i tramagli posti sui fondali a essere più spesso riconosciuti come il principale problema. L’estremità inferiore di queste reti è ancorata al fondale marino, mentre alla sommità sono posti dei galleggianti, così da formare un muro sottomarino verticale di reti che può estendersi dai 600 ai 10.000 metri di lunghezza. Se un tramaglio viene abbandonato o perso, può continuare a pescare da solo per mesi, a volte anni, uccidendo indiscriminatamente pesci e altri animali”.
Esistono comunque delle azioni per contenere, e in prospettiva risolvere, il problema. “Le strategie per affrontare il problema devono dispiegarsi su vari fronti, e comprendere misure di prevenzione, di mitigazione e di cura – ha afferma in proposito Ichiro Nomura, vice direttore generale della Fao per la Pesca e l’Acquacoltura -. È necessario facilitare un’adeguata eliminazione di tutte le reti da pesca vecchie, danneggiate e recuperate. La maggioranza dei porti però non dispone delle attrezzature necessarie. Una buona soluzione potrebbe quindi essere quella di collocare dei cestini per i rifiuti sugli scogli e di dotare le imbarcazioni di recipienti di grandi dimensioni e molto resistenti per raccogliere le reti vecchie o parti di esse da buttare. Inoltre, così come i nuovi materiali sintetici e di altro tipo usati per le attrezzature da pesca hanno contribuito al problema delle reti fantasma, essi possono anche aiutare a risolverlo. Si sta attualmente lavorando per velocizzare l’adozione a fini commerciali di componenti delle reti da pesca che incorporino elementi bio-degradabili. Per esempio, in alcuni paesi le trappole per pesci sono costruite con uno ‘sportello di fuga’ che si disgrega spontaneamente se lasciato sott’acqua a lungo, rendendo così la trappola inoffensiva. Poiché questo non contribuirebbe necessariamente a ridurre il livello dei rifiuti, si dovrebbe anche adottare un adeguato sistema di rendicontazione delle reti e di recupero”.
ARTICOLO TRATTO DA http://www.italianfishingtv.it/