DI ANTIMO PUCA. ASSOCIAZIONE FORENSE: NUOVA LUCE PER UNA GIUSTIZIA MIGLIORE!

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Vi sono Istituzioni che sembrano suicide e decadenti. Mi auguro che la nostra rispettabile Associazione Forense locale funga da vero e proprio germe di rinnovamento, una Associazione generosa e radicata nella unica fede della professione. Una Associazione che rimandi il mio pensiero a coloro che, alla fine dell’impero Romano, vegliavano sulla fiamma vacillante della civiltà. Desidero incoraggiarvi. Voglio dire: la vostra sia una missione che non consiste nel salvare un mondo che muore. Nessuna Associazione è depositaria di promesse. La vostra missione consista nel vivere fedelmente e senza compromesso la professione acquisita con non poco sacrificio. Così, senza nemmeno rendervene conto, salverete una eredità di tanti secoli di storia. La professione sia un fuoco. Bisogna bruciare per primi per riuscire a trasmetterlo. Vegliate su questo fuoco sacro. Sia il vostro calore nel cuore dell’inverno dell’etica. Quando un fuoco illumina la notte, a poco a poco, gli uomini vi si radunano intorno. Sia questa la vostra esperienza più vera. L’avvocato è e rimane una figura imprescindibile del sistema Giustizia, “l’operatore del castello per il pedaggio dal quale chiunque in cerca di giustizia deve passare” (Jane Bryant Quinn, giornalista finanziaria americana), il professionista “utile ai giudici per aiutarli a decidere secondo Giustizia” (Piero Calanandrei, padre fondatore del Codice di procedura Civile). Lo stesso Paolo VI, ALL’VIII Congresso Internazionale dei Giovani Avvocati, 24 settembre 1970, riconosceva che “la vostra attività, in quanto si esplica in un rapporto di diretta collaborazione con l’amministrazione della Giustizia, ha una importanza fondamentale nella vita della collettività, perché appunto coopera al fine altissimo di salvaguardare i diritti dei cittadini, e di garantire l’ordinato sviluppo della società nella libertà e nella Giustizia per tutti”. “Fine altissimo”, ossia, lavoro generoso, silenzioso, disinteressato, di sacrificio ed abnegazione che dovrebbe essere svolto al servizio di quanti non sono in grado di tutelare da soli i propri diritti e interessi, o non hanno i mezzi per farlo. Paolo VI prosegue: “essenziale dovere della vostra professione è il culto della verità, presupposto fondamentale per il mantenimento della Giustizia”. Verità che deve trascendere il limite della mera “verità processuale”. Si accompagni ad un “assiduo, vigile impegno morale” e si ispiri “costantemente a quei principi etici, aventi nell’ordine obiettivo della legge Divina, naturale e positiva, non meno che nella coscienza soggettiva, la loro consistenza, e che conferiscono alla norma giuridica, oltre che la ratio iuris, la sua stabilità e il suo valore sociale”. Una serietà professionale comprende diligenza, pazienza, umiltà, coscienza, ruolo, caratteristiche senza tempo, troppo spesso degradate a piccole virtù, anche un po’ banali, ma che dovrebbero invece fare parte del corredo minimo indispensabile per l’esercizio della professione forense. Etica. Vale a dire rispetto, rettitudine, riservatezza, virtù senza tempo di ogni professionista che, seppur non innate, dovrebbero essere coltivate da ogni avvocato. Ideale supremo di Verità richiamato da Paolo VI, serietà, etica che consentono di “allargare il suo sguardo oltre i confini della legge scritta e della giustizia umana, per ispirarsi a quella divina, ideale di ogni perfezione”.Elementi necessari al “compimento della vostra missione così nobile e così utile per la società”. Una professione alta e qualificata che dovrebbe essere sempre ispirata ad un pensiero di Sant’Agostino:” la giustizia è quella disposizione dell’animo che, mentre custodisce il bene comune, accorda a ciascun uomo la dignità che gli è propria”. Una cultura vasta e profonda che implica la capacità di impegno sociale tradotto in costante compartecipazione e condivisione della vita e dei drammi degli altri. Come scrive Calamandrei: “Molte professioni possono farsi col cervello e non col cuore. Ma l’avvocato no. L’avvocato deve essere prima di tutto un cuore. Un altruista. Uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere i loro dolori e sentire come sue le loro ambasce. L’avvocatura è una professione di comprensione, di dedizione e di carità. Per questo amiamo la toga. Perché sappiamo che esso ha servito a riasciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso. E soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia”.