CORONAVIRUS. 105 MEDICI CADUTI SUL CAMPO, TRA LORO TANTI MEDICI DI FAMIGLIA

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Sembra non finire mai l’aggiornamento della lista dei medici italiani uccisi dal coronavirus: 105 il totale dei camici bianchi che hanno perso la vita. C’è chi ha perso la sua personale battaglia contro Covid-19 dopo giorni e giorni spesi in prima linea contro il virus, a curare i pazienti. Chi è stato colpito a tradimento, vittima ‘collaterale’ di un’emergenza, e chi aveva indossato di nuovo il camice bianco per tornare in corsia a dare una mano. Medici nel pieno della carriera, a un passo dalla pensione o già in pensione da tempo. Sono 105 dottori portati via da Covid-1, tra i decessi dei medici che operavano a tu per tu con i malati di “coronavirus”, tra quelli che svolgevano la loro attività in ospedale in altri reparti, e poi…. dentisti, chirurghi, ortopedici, geriatri e tanti altri. Tra le vittime, non vanno dimenticati (insieme a tutti gli altri) i tantissimi medici di famiglia, i primi ad intervenire sul campo, quelli che con i pazienti avevano un rapporto familiare, e perchè no? in alcuni casi anche amicale.

Silvestro Scotti (FIMMG), e nei giorni scorsi intervistato da Teleischia dichiara: “I medici di famiglia sono i più colpiti, soli e senza difese.  Il triage telefonico lo abbiamo inventato noi, quando ci siamo resi conto che tanti, troppi colleghi si infettavano. Solo negli ultimi giorni sta arrivando la fornitura di mascherine dalla Protezione civile agli Ordini dei medici. Ma dovevamo essere protetti fin dall’inizio.Fra loro c’erano tanti amici e colleghi: penso a Marcello Natali di Lodi, un amico vero, oltretutto mio coetaneo. La sua scomparsa è stata un grandissimo dolore, e mi ha portato a riflettere sulla fortuna di essere nato e di vivere a Napoli. Lui era a Lodi, e ha pagato con la vita l’aver fatto il suo dovere in una delle zone più colpite d’Italia”.

“Dovevamo essere protetti – insiste Scotti – come i colleghi che lavorano nelle strutture Covid. Invece i medici di famiglia faticano anche a trovare i detergenti per sanificare gli studi. Molti colleghi sono vicini alla pensione.Siamo stati lasciati in prima linea senza dispositivi, con un’età spesso avanzata e dunque più vulnerabile e nel disinteresse anche organizzativo”.

“Bisogna dire che una grossa mano – rileva Scotti – ce l’hanno data i nostri pazienti, che di buon grado hanno accettato le misure adottate e, dove possibile, ci hanno persino aiutato con le mascherine”. Scotti già in passato si è detto pronto a chiudere gli studi. “Assicureremo i livelli che il Garante dei servizi essenziali conosce benissimo e che non riguardano l’apertura degli ambulatori medici, ma solo disponibilità telefonica e visite urgenti”. conclude.