CONDANNATO POLIZIOTTO STALKER DI FABIO QUAGLIARELLA E GUIDO LEMBO DI “ANEMA E CORE”

La Corte d’Appello di Napoli ha confermato la condanna a 4 anni e 8 mesi inflitta in primo grado nei confronti dell’agente di polizia postale Raffaele Piccolo ritenuto responsabile di stalking nei confronti del calciatore Fabio Quagliarella. Accolta la richiesta del sostituto procuratore generale Stefania Buda. Tra le vittime dell’agente anche Guido Lembo titolare del locale “Anema e core” di Capri.

Quella storia, anzi quell’incubo, fu la vera ragione della fuga da Napoli di Fabio Quagliarella. Solo a processo finito, e solo quando l’agente di polizia postale Raffaele Piccolo venne condannato all’esito del dibattimento, l’attaccante, che i tifosi azzurri per tanti anni tacciarono di essere un traditore raccontò, in un pianto liberatorio, cosa ci fosse stato dietro il suo passaggio alla Juve di Conte. C’era una storia di stalking. Peggio ancora: di minacce. Continue, costanti. Un’ossessione. Che fecero sentire Quagliarella in pericolo.

Ieri per il poliziotto Raffaele Piccolo si è concluso anche il secondo grado di giudizio. E, implacabile, è arrivata la conferma in toto della condanna sentenziata in primo grado nel febbraio del 2017 dal giudice monocratico Ernesto Anastasio del Tribunale di Torre Annunziata: i giudici della Corte d’Appello di Napoli hanno messo il sigillo alla pena di 4 anni e 8 mesi, accogliendo la richiesta del sostituto procuratore generale Stefania Buda. Tra le vittime di Piccolo anche Guido Lembo, lo chansonnier caprese, titolare del locale “Anema e core” a Capri.

Ma è la storia di Fabio Quagliarella quella più clamorosa. Cominciò tutto nel pieno della carriera dell’attaccante stabiese a Napoli. Cominciò tutto quando un amico gli presentò Raffaele Piccolo, che avrebbe dovuto risolvere al calciatore un problema di password. Da allora i due strinsero anche un rapporto di amicizia. Solo che all’improvviso Piccolo si trasformò in uno stalker. Quagliarella iniziò a ricercare lettere anonime in cui veniva accusato di partecipare a party a base di droga con esponenti della camorra e di avere rapporti sessuali con ragazzine. Centinaia e centinaia di lettere. Inviate, nel 2010, finanche alla società del Napoli, quasi allo scopo di voler rovinare la carriera a Quagliarella. A quelle missive seguirono anche messaggi, sempre anonimi, inviati sul telefonino del padre dell’attaccante in cui c’era scritto: «Tuo figlio ora è in giro per Castellammare e gli spezziamo le gambe, ora lo ammazziamo».

E poi le telefonate. Martellanti. Quagliarella ci provò anche a capire chi potesse avercela con lui. E chiese aiuto al suo amico poliziotto della Postale, mai immaginando che il carnefice fosse lui. Ovviamente non se ne venne a capo, ma intanto la società, per evitare problemi e temendo che i contenuti delle lettere, benché calunniosi, potessero diventare noti, decise di vendere Quagliarella. Su due piedi. E come se non bastasse il linciaggio dei tifosi, che amavano Fabio e che se lo ritrovano alla ‘odiata’ Juve. Quando un anno fa la verità è venuta fuori, i tifosi hanno chiesto scusa a Quagliarella. Mai nessuno avrebbe potuto immaginare quanto dolore, quanta angoscia, quanta sofferenza di fosse nel cuore dell’attaccante stabiese. E mai nessuno avrebbe potuto immaginare che lo stalker era un appartenente alle forze dell’ordine. Un agente della polizia postale.

 

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