RICOSTRUZIONE. PRESENTATO IL PIANO DAL CARATTERE INNOVATIVO

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Il carattere innovativo del Piano di Ricostruzione Adottato con Delibera di Giunta Regionale n. 752 del 21 dicembre 2024, pubblicata il 27 dicembre 2024, il Piano di Ricostruzione dell’isola d’Ischia (PdRi), redatto dalla Regione
Campania per i tre Comuni dell’isola d’Ischia (Casamicciola Terme, Forio, Lacco Ameno)
ai sensi dell’art. 24 bis del Decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, assume caratteri
fortemente innovativi nel panorama italiano, distinguendosi dalle precedenti
esperienze di ricostruzione post disastro, quali, ad esempio, quelle condotte nel Centro
Italia per l’esigenza di un approccio integrato che combina ricostruzione post-sisma,
mitigazione del rischio e rigenerazione territoriale e paesaggistica.
Per la prima volta, si assiste a una convergenza di strategie che superano la mera
riparazione dei danni, abbracciando un progetto più ampio di riqualificazione e riforma
territoriale.
L’originalità del PdRi risiede anche nella sua struttura multiscalare e integrata: un piano
che assume contemporaneamente valore di piano paesaggistico, di strumento di
coordinamento intercomunale e di strumento attuativo per le aree maggiormente
colpite. Questa visione pone le basi per una nuova cultura della pianificazione, non solo
post-evento, capace di coniugare sicurezza e rigenerazione con un’attenzione
particolare alla mitigazione del rischio, ai valori paesaggistici e alle potenzialità di
sviluppo locale.
Il PdRi così adottato recepisce sia le previsioni del Piano commissariale di interventi
urgenti per la sicurezza e la ricostruzione previsto dell’articolo 5ter della legge 27
gennaio 2023, n. 9, che le disposizioni dell’aggiornamento del Piano per l’Assetto
Idrogeologico dell’isola di Ischia – Primo Stralcio funzionale – Comune di Casamicciola
Terme, approvato con decreto del Segretario Generale dell’Autorità di Bacino
Distrettuale dell’Appennino Meridionale n. 426 del 21 maggio 2024, ai sensi dell’articolo
5-quater della legge del 27 gennaio 2023 n. 9.
In parallelo all’adozione del PdRi si è proceduti alla redazione della sezione funzionale
del Piano Paesaggistico Regionale per l’intera isola d’Ischia. In seguito a un protocollo
sottoscritto dalla Regione Campania e dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e
Paesaggio per l’Area Metropolitana di Napoli nell’aprile scorso, poi integrato con un atto
aggiuntivo nel mese di giugno, per la definizione degli aspetti paesaggistici del Piano di
Ricostruzione, si è stabilito di adottare una sezione funzionale del Piano Paesaggistico
Regionale per l’intera isola d’Ischia, validata il 18 dicembre scorso dal Comitato Tecnico
Istituzionale tra Regione Campania e Ministero della Cultura. Una prima anticipazione
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parziale del Piano Paesaggistico che è in via di ultimazione per l’intero territorio della
regione Campania. In seguito all’approvazione, la sezione funzionale del PPR entrerà in
vigore anticipatamente rispetto a tutto il territorio regionale e sostituirà per l’isola
d’Ischia il Piano Territoriale Paesistico, attualmente vigente.
Il Piano di Ricostruzione costituirà infine un riferimento per la pianificazione comunale
dei territori coinvolti, sia per i piani attualmente in vigore, come Forio d’Ischia che per
quelli in corso di redazione come Casamicciola e Lacco Ameno.
Obiettivi e strategia del Piano
Il Piano di Ricostruzione dell’Isola d’Ischia disciplina gli interventi per la riparazione, il
rafforzamento sismico e la ricostruzione degli edifici e degli aggregati danneggiati dal
sisma del 21 agosto 2017 e dagli eventi franosi del 2022 o la loro delocalizzazione ove la
ricostruzione sostitutiva in sito non sia consentita coordinando, inoltre, le azioni di
contrasto del dissesto idrogeologico e gli interventi di ricostruzione post-sisma. Il Piano
coinvolge gli interi territori comunali di Casamicciola Terme, Forio e Lacco Ameno e ha
valore di Piano Paesaggistico.
Obiettivo del Piano di Ricostruzione (PdRi) è prima di tutto garantire la messa in sicurezza
del patrimonio edilizio colpito dagli eventi calamitosi, ma è anche la possibilità di
consentire, in tutti i casi in cui ciò sia possibile, la permanenza degli abitati nei siti storici,
dove essi si sono sviluppati nei secoli. Al Piano di Ricostruzione spetta il compito di
tutelare il sentimento di attaccamento delle comunità ai luoghi martoriati dal terremoto
o dalla frana, per definire come tornare a riabitare, in sicurezza e nel rispetto dei valori
paesaggistici e ambientali che caratterizzano quei luoghi. Gli studi specialistici – di natura
geologica, sismica, idrogeologica – contenuti all’interno del PdRi, confermano la
presenza di rischi importanti che, tuttavia possono essere mitigati per consentire un
nuovo, sicuro, modo di abitare.
Il PdRi mira inoltre a individuare e delocalizzare obbligatoriamente gli immobili in
condizioni di estrema criticità, anche se non direttamente colpiti dagli eventi calamitosi.
Tuttavia, un aspetto centrale del piano è il suo impegno verso il consumo di suolo a saldo
zero. La ricollocazione di volumi, abbattuti nelle aree a rischio elevato e ricostruiti nelle
aree di atterraggio, è accompagnata da una particolare attenzione al paesaggio, in un
bilancio sempre positivo tra vecchie e nuove urbanizzazioni, che pone al centro la qualità
dello spazio e la sua capacità di adattarsi ai bisogni futuri.
Obiettivo strategico di questo piano non è solo quello di preservare e riqualificare i siti
storici, ma si estende alla costruzione di un dialogo profondo tra memoria, paesaggio e
sicurezza del territorio. Un approccio che intreccia ricostruzione e rinaturalizzazione:
gli abitati storici vengono ricomposti con attenzione al loro valore identitario, mentre le
aree fragili, come il Celario, devastato dalla frana del 2022, sono reinterpretate per
ridare coerenza e forza al paesaggio, senza rinunciare al racconto delle sue vulnerabilità.
Così, l’isola si ripropone non come un luogo di crisi ma come un territorio che conserva
la sua identità insediativa insieme alla valorizzazione del paesaggio con parchi, sentieri
e infrastrutture, capaci di intrecciare sicurezza e memoria, natura e comunità. Il piano
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riconosce nelle aree rurali e forestali non solo elementi di stabilità ecologica e
idrogeologica, ma anche tasselli indispensabili di un paesaggio vissuto e condiviso.
Terrazzamenti e boschi non sono semplicemente preservati, ma riattivati come risorse
per una nuova economia del luogo, capace di integrare tutela e sviluppo. Anche la
mobilità si trasforma: percorsi storici e naturali vengono ripensati come spazi di
relazione, dove il movimento lento restituisce profondità al territorio e lo rende
accessibile, senza sacrificarne l’autenticità.
In questa visione, il piano non è un progetto chiuso, ma un processo che integra
infrastrutture tradizionali e verdi, tenendo insieme il patrimonio storico, naturale e
sociale. L’isola diventa un laboratorio di resilienza, dove ogni intervento si radica nel
rispetto della specificità dei luoghi, costruendo un futuro che si nutre della memoria e
della capacità del territorio di rigenerarsi continuamente.
Struttura del piano
Il Piano di Ricostruzione si basa su una disciplina ordinaria, rappresentata nello schema
direttore di livello generale, e una disciplina attuativa, elaborata a una scala di maggiore
dettaglio.
A scala attuativa molto rilevante è la proposta di delimitazione delle Unità minime di
intervento (UMI), definite come ambito territoriale minimo coincidente con l’edificio o
l’aggregato edilizio ed i relativi spazi di pertinenza (coperti e scoperti), subordinato a un
Progetto di Riqualificazione Architettonica, in ragione dell’integrazione del processo
edilizio finalizzato al suo recupero, nonché alla necessità di soddisfare esigenze di
sicurezza sismica, contenimento energetico, qualificazione dell’assetto urbanistico e
della fattibilità gestionale. Sono state mappate più di 2.500 UMI attraverso le quali il
territorio oggetto di attenzione è stato discretizzato e collegato a un database
conoscitivo anche successivamente implementabile in fase attuativa e di gestione del
Piano. Al fine di perseguire i molteplici obiettivi costitutivi del Piano di ricostruzione –
sostegno alle comunità locali, sicurezza dei cittadini e tutela dell’ambiente e del
paesaggio – in questo caso le UMI hanno superato il tradizionale schema di unità di
intervento edilizia-strutturale minima e assunto l’innovativa caratteristica di minimo
aggregato morfologico tenendo, di conseguenza, insieme sia gli aggregati edilizi che gli
spazi aperti di loro pertinenza.
Disciplina ordinaria
Il PdRi si fonda su un’analisi approfondita delle differenze territoriali, identificando aree
omogenee per caratteristiche paesaggistiche, ecologiche e urbanistiche. Questa lettura
differenziata del territorio tiene conto sia dei danni causati dal sisma e dalla frana, sia
dei rischi associati a vulnerabilità sismica e idrogeologica. Tuttavia, la diversificazione
non si limita a separare le parti, ma mira alla loro messa in rete, promuovendo continuità
e connessioni attraverso spazi intermedi e infrastrutture paesaggistiche.
Il piano identifica tre ambiti territoriali omogenei (ATO) con specifiche destinazioni:

  • ATO1 comprende aree a massimo rischio, soggette a interventi di mitigazione e
    decompressione insediativa.
  • ATO2 riguarda aree vulnerabili a rischio minore, destinate a riqualificazione.
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  • ATO3 include territori meno vulnerabili, destinati a interventi di miglioramento
    e connessione con le aree rurali e naturali.
    Il PdRi adotta una strategia mirata di decompressione insediativa nelle aree classificate
    come ATO 1, al fine di ridurre l’esposizione della popolazione ai rischi sismici e
    idrogeologici. Questa strategia si applica agli immobili danneggiati e non ricostruibili, a
    quelli interferenti con opere pubbliche o inclusi in piani di delocalizzazione (da realizzare
    ad opera del Commissariato e/o dei Comuni interessati), e agli edifici localizzati in aree
    ad alto rischio.
    Il trasferimento, ove necessario, è previsto verso aree più sicure, già urbanizzate e
    lontane da coste, gole e centri storici, nel rispetto di precise regole edilizie. Gli
    ampliamenti non possono eccedere i volumi originali trasferiti, mentre le nuove
    costruzioni devono rispettare precisi criteri di sostenibilità ambientale e standard di
    sicurezza sismica elevati. Il piano assicura che i lotti originari liberati siano rinaturalizzati
    e/o destinati a usi pubblici, come spazi aperti, opere di mitigazione del rischio o
    interventi di rafforzamento e miglioramento del sistema di aree e di strade necessarie
    durante le operazioni di protezione civile, anche tenendo conto dei Piani comunali di
    Protezione Civile. Infine, la condizione obbligatoria di occupare un’area di superficie non
    superiore a quella coperta dall’immobile originario garantisce che, in ogni caso,
    l’operazione di trasferimento non potrà determinare alcun consumo di suolo potendosi,
    viceversa, risolvere in una consistente riduzione del territorio edificato.
    La decompressione insediativa si può sinteticamente classificare attraverso la seguente
    articolazione:
  • trasferimenti attraverso contributi erogati ai soggetti aventi diritto per facilitare
    l’acquisto di immobili esistenti sull’isola d’Ischia;
  • trasferimenti attraverso procedure pubbliche di assegnazione di immobili
    presenti sull’isola d’Ischia, oggetto di riconversione ad uso residenziale;
  • trasferimenti attraverso procedure pubbliche di realizzazione e assegnazione di
    nuovi immobili su aree di atterraggio specificamente individuate, con l’obiettivo
    di un consumo di suolo a saldo zero tra le aree non ricostruite e i nuovi lotti da
    realizzare.
    Disciplina attuativa
    La disciplina attuativa del Piano di Ricostruzione distingue tra tre principali categorie di
    aree e elementi: componenti edificate, spazi aperti pubblici, e spazi aperti privati, con
    precise direttive per la tutela del suolo e della vegetazione.
    La classificazione delle componenti edificate considera l’interesse storico-artistico e
    testimoniale, il livello operativo dei danni subiti e l’inclusione in specifici programmi,
    come il Piano commissariale delle demolizioni e la disciplina predisposta dall’Autorità di
    Bacino Distrettuale. Si tratta di otto categorie:
  1. Edifici e aggregati di interesse culturale.
    Questi edifici rappresentano beni di particolare valore storico, artistico o architettonico.
    Tutelati da vincoli specifici, sono oggetto di interventi mirati al restauro e alla
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    conservazione, con l’obiettivo di preservare e valorizzare il loro ruolo nel contesto
    paesaggistico e culturale.
  2. Edifici e aggregati di valore storico-testimoniale.
    Si tratta di immobili che, pur non possedendo lo status di beni culturali tutelati,
    rappresentano elementi significativi della memoria storica e sociale locale. Gli interventi
    su queste strutture devono mantenere la loro conformazione originaria e rispettare le
    tecniche costruttive tradizionali.
  3. Edifici e aggregati riparabili/ricostruibili sullo stesso sedime.
    Questi edifici, danneggiati, possono essere riparati o ricostruiti mantenendo la loro
    posizione originaria, di impianto storico.
  4. Edifici e aggregati ricostruibili con differente sedime.
    Questi edifici, danneggiati, possono essere riparati o ricostruiti anche con diverso
    sedime all’interno del lotto di pertinenza. In alcuni casi sono individuati vincoli di
    allineamento con finalità di permanenza dell’impianto urbanistico o per l’adeguamento
    di alcune sezioni stradali.
  5. Edifici e aggregati da delocalizzare.
    Gli immobili in questa categoria sono situati in aree in cui i rischi idrogeologici o sismici
    non possono essere mitigati in modo efficace oppure interferiscono con indispensabili
    opere di mitigazione e altri interventi di adeguamento infrastrutturale. Tali edifici e
    aggregati devono pertanto essere trasferiti in aree sicure. I lotti originari saranno
    rinaturalizzati o destinati a usi pubblici, come spazi verdi o opere di mitigazione.
  6. Altri edifici e aggregati riparabili.
    Questi edifici, non gravemente danneggiati, possono essere riparati senza necessità di
    ricostruzione. Gli interventi consentiti variano a seconda dell’epoca di costruzione.
  7. Altri edifici e aggregati con livello operativo “L4”.
    In questa categoria rientrano edifici con livello operativo “L4” (ovvero richiedenti
    interventi di ricostruzione più impegnativi) e ricadenti in zone a rischio frana elevato e
    molto elevato e/o a rischio idraulico molto elevato, non rientranti nei casi precedenti,
    per i quali il PdRi, ove non sia possibile l’adeguamento sismico, prevede che il
    Commissario straordinario possa autorizzare, al fine di una maggiore tutela per la vita
    umana, l’esecuzione di interventi di demolizione e ricostruzione a parità di volume e
    superficie. Il progetto di ricostruzione dovrà prevedere soluzioni anche riferite alle aree
    pertinenziali dell’edificio tali da ridurne la vulnerabilità al rischio frana elevato e molto
    elevato e idraulico molto elevato, in osservanza a specifici indirizzi e criteri elaborati
    sulla base di studi ed approfondimenti da parte della Struttura commissariale, dei Centri
    di Competenza e delle Università.
  8. Attrezzature pubbliche.
    Questa categoria include edifici destinati a servizi pubblici, come scuole, centri
    comunitari e altre infrastrutture collettive. Gli interventi mirano alla riparazione,
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    adeguamento o ricostruzione di queste strutture, garantendo standard moderni di
    sicurezza, accessibilità e funzionalità.
    Per ogni categoria, gli interventi sono regolati in base alla tipologia e al livello di rischio,
    con l’obiettivo di:
  • garantire la sicurezza sismica e idrogeologica degli edifici.
  • preservare e valorizzare le caratteristiche storiche e culturali.
  • adattare gli edifici alle esigenze moderne, rispettando i vincoli paesaggistici e
    urbanistici.
    Le possibilità di intervento sono accompagnate dalla facoltà di proporre, in fase
    progettuale, categorie diverse da quelle originarie, sulla base di dettagliate analisi
    tecniche e storiche, sottoposte all’approvazione delle autorità competenti. Questo
    garantisce flessibilità senza compromettere la coerenza complessiva del Piano.
    Il PdRi individua 18 “Ambiti pubblici rilevanti”, strategici per la riqualificazione
    urbanistica e ambientale dei territori interessati.
    Ognuno degli Ambiti è composto da una o più categorie di spazio aperto e dall’eventuale
    presenza di una o più attrezzature pubbliche.
    Per ognuno degli ambiti il Piano fornisce una “scheda” di indirizzo alla progettazione, da
    sviluppare in piena autonomia dalle amministrazioni comunali, preferibilmente in
    maniera unitaria per ogni ambito ed eventuale sub-ambito specificato nelle richiamate
    Schede, riportate in allegato alle Norme tecniche di attuazione.
    I numeri del piano
    Il PdRi interessa gli interi territori comunali di Casamicciola Terme, Forio e Lacco Ameno,
    con una estensione complessiva pari a 2.093 ettari (20,9 km2). All’interno di tale
    perimetro, sono individuati i diversi Ambiti territoriali omogenei. Quello di massima
    criticità – ATO 1 – presenta una dimensione territoriale di 522 ettari, mentre l’ATO 2 e
    l’ATO 3, coprono, rispettivamente, 284 e 1.287 ettari.
    I centri storici, coincidenti con le antiche frazioni collinari e con i rioni baraccati postsisma ottocentesco, dove recuperare e valorizzare i tessuti urbanistici di impianto e i
    reperti archeologici, coprono una superficie di 76,8 ettari.
    L’infrastruttura verde, che include le opere di mitigazione al rischio idrogeologico, e
    ampi parchi pubblici e di uso pubblico, anche con finalità sociali e per il turismo termale,
    copre una superficie di 135 ettari.
    Gli edifici o aggregati residenziali da delocalizzare, perché insistenti in aree di massimo
    rischio o perché interferenti con opere pubbliche di progetto, sono pari a 261, con 367
    alloggi. Le strutture turistico-ricettive sono 27, mentre 38 sono gli edifici con altri usi,
    commerciali, artigianali, per servizi e depositi.
    Le aree di atterraggio, atte alla ricollocazione di immobili da delocalizzare, coprono circa
    77,5 ettari, con 34,2 ettari di lotti liberi, capaci di ospitare potenzialmente fino a 500
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    nuovi alloggi, considerando lotti minimi aggregabili, fermo restando che, per quanto già
    detto, il saldo del consumo di suolo sarà certamente negativo o, al più, neutro.
    Il piano prevede, inoltre, interventi di miglioramento delle infrastrutture stradali, anche
    con finalità legate all’emergenza (vie di fuga), per una estensione di poco meno di 6 km,
    tra adeguamento della viabilità esistente e nuova viabilità.
    Gli ambiti di spazio pubblico rilevante coprono complessivamente una superficie
    territoriale di 34,7 ettari, con una parziale articolazione in 12 schede di indirizzo per la
    progettazione che contemplano l’individuazione di aree per parcheggi pubblici, piazze e
    slarghi e parchi pubblici attrezzati.