Raggiungere il punto di rottura senza mai superarla, camminare sulla lama del rasoio senza cadere, il maratoneta che giunge al traguardo avendo solo sfiorato la soglia d’innesco della produzione di acido lattico, queste le frasi più comuni che accompagnano l’intensità in campo atletico. Ed ora la magica, misteriosa e tanto osannata formula dell’I (intensità):
I kg x sets x reps
tempo
Sembra molto ovvia. Domanda n° l: è un’intensità di pesi che vanno su e giù (un’intensità da pesista!) o lo è anche per il culturismo (ipertrofia muscolare !)? _ domanda n° 2°: l’ipertrofia muscolare è determinata da certi pesi fatti certe volte in un certo tempo, o ha fattori causali molto più ampi? – domanda n°3: la formula matematica può esprimere un concetto così soggettivo (e la cultura fisica è la disciplina più soggettiva di tutte) e dipendente da tante variabili (stato di forma, tipologia del soggetto, alimentazione, condizioni fìsiologiche e così via) nel modo astratto e deterministico che le è proprio? Il grosso problema con questa formula, è che manca la componente accelerazione, che è la chiave per definire la potenza P=FxV (tipica curva forza/velocità).
Azzardo le risposte partendo dalla domanda n°1:
Anche volendo accettare la formuletta per il culturismo, la respingo comunque perché è, in ogni caso, sbagliata.
Sull’intensità non si finisce ma di ribadire ai corsi Federali della F.I.P.C.F –
C.O.N.I. che: kg x spostamenti = lavoro diviso (cioè fatto nell’unità di) tempo =
potenza che si misura in Watts.
Quindi la formula esprimerà sempre e comunque una potenza. Per i teorici
comunque si richiede una formula matematica (che derivi da una definizione di I
legata però alla Cultura Fisica!! !)?
Ecco la definizione che proponiamo agli addetti ai lavori, in linguaggio solenne
e accademico: “Dicesi nella Cultura Fisica intensità di allenamento la quantità di
Unità Motorie (= fibre muscolari dei vari tipi) che vengono coinvolte nell’unità
di tempo da un angolo 0° a un angolo 180° (estensione) a da un angolo 180° ad
un angolo 0° (flessione)”. Posti: a.1 e a.2 gli estremi dell’angolo
articolare; nu = numero di unità motorie nel muscolo agonista; t = tempo di
contrazione (estensione o flessione); (evitando il calcolo analitico
dell’integrale) si ha:.
Ecco accontentato chi ha la mania di esprimere la cultura fisica con formule
matematiche. Mi dirà poi cosa se ne fa con la Palestra piena di gente al lunedì
sera. E ben vero che la formuletta classica è facilmente calcolabile (e questa in
vece servirà solo per gli allenamenti di Einstein). Ma, come abbiamo visto, non
serve perché è sbagliata comunque. Domanda n. 2. Mi dispiace signori Matveev,
Tschiene. Girinowsky, Lunaciarsky e via con tutta la perestrojka, ma il fine del
culturismo non è misurabile dal:- sollevare tanto peso in poco tempo; – avere
un’efficienza sportiva programmata – ma è diventare molto grossi. Bigger is
better, e questo è quanto. II resto, diceva Amleto, è silenzio. Ma, ahimè sul
concetto di ipertrofia muscolare i fisiologi litigano furiosamente da anni, e
finiscono sempre con un gran punto interrogativo. Volerla matematizzare e
periodizzare, poi! Ma ora esaminiamo alcune grosse incongruenze sulla formula
stessa, per dimostrarne comunque l’inutilità totale, e soprattutto la non obbligato-
reità delle legge “pesi maggiori in minori tempi uguale muscoli più grossi”.
Primo: che la variabile “tempo” al denominatore, quindi inversamente
proporzionale all’ intensità, sia un assurdo, lo dimostrano certi metodi di
allenamento ad alta ed altissima intensità come lo slow e il super slow dove i
tempi di contrazione – decontrazione sono lunghissimi. E si pensi agli
“sbatacchioni” del peso. Secondo: legare questo concetto di intensità (peso –
movimento – tempo) con quello di “unità allenante” è altrettanto assurdo. Cos’è l’unità allenante per il culturista? Un ciclo completo per tutto il corpo sparso per tutta una settimana? Un singolo allenamento? Allora il giorno delle braccia sarebbe meno intenso di quello delle gambe?
Troppo fumoso e indeterminato, cari Matveev, (di cui Verkoshanksy ha dichiarato
pubblicamente che l’idea di periodizzazione è pura spazzatura) e Tschiene, per i cul-
turisti, perché ci possano piantare sopra quei bei grafici a onde. Terzo: la finalità
basilare dell’allenamento, lo sappiamo da Hatfield. è coinvolgere in modo
differenziato le unità e le fibre dei vari tipi: bianche, con più peso e meno reps, rosse,
con meno peso, più reps e più tempo. L’allenamento per UM del I tipo sarebbe
dunque meno intenso? No, solo differente!
Quarto, ultimo e ancor più probante: le recenti leggi sugli impulsi nervosi e
segnatamente clono e tetano, ci danno una dipendenza + peso = + reclutamento fino
a circa il 50% I RM.
Dopo, le due funzioni lineari si divaricano, e con l’aumento del peso non sono, o sono sempre meno, le UM reclutate, perché i treni di impulsi si sommano fra loro anziché continuare a reclutare
UM. Infatti, si ricorre a tecniche dette appunto “ alta intensità ” come le negati
ve/eccentriche, forzate. stripping e rest pause per reclutare ancora. E qui la
formuletta non c’entra proprio più. Mi sembra che ne sia abbastanza. Domanda n” 3.
Dopo aver aumentato la confusione e l’incertezza con queste critiche (ma questo
è proprio il punto di partenza per riesaminare tutto) resta da chiedersi: “si può misurare in qualche modo questa dannata intensità?”. Se i colleghi accettano la mia definizione di coinvolgimento delle unità motorie, ritengo che allo stato attuale ci siano alcuni punti fermi da cui partire: 1) I è un valore legato al meccanismo neurofisiologico del reclutamento, del tutto a nulla, delle scariche di contrazione delle varie unità contrattili; 2) I non è necessariamente legata al peso, ai sets, alle reps, al tempo di lavoro; 3) I quindi è un fattore assolutamente personale e contingente non misurabile con dati “esterni”. A questo punto anche la domanda n° 3 che avevo fatto all’inizio ha le sue risposte: tutte no. Ed io mi trovo come il filosofo E. Kant che nella sua Critica della ragion pura dimostrò l’inconoscibilità della “cosa in sé”. Noi possiamo misurare dell’intensità solo le sue manifestazioni
“fenomeniche”. Punto e a capo. Partiamo da qui. Quali sono le manifestazioni misurabili di I (e qui chiedo aiuto alla scienza ed esperienza dei colleghi studiosi, perché proprio da qui dobbiamo costruire)? 1. la misura delle unità contrattili reclutate, attraverso l’elettromiografo (metodo di laboratorio); 2. anche senza “bombe” il ragazzo mi cresce sotto gli occhi (metodo pratico); 3. facendo l’esercizio in un certo modo, e con certe qualità di contrazione e decontrazione. il ragazzo mugugna, dice parolacce. Mi scuso per il tono poco serio, ma i colleghi sanno che – scherzi a parte – questo è uno dei segnali di un allenamento “intenso” culturisticamente. La terza regola non è misurabile perché poco morale e perché ci renderebbe responsabili della dannazione eterna dei nostri allievi. La seconda è già più misurabile o meglio verificabile, nel tempo però, e non subito. La prima ci può aiutare molto. Sono già usciti studi e libri sulla misurazione elettromiografica con la % di unità motorie per i vari esercizi. Non ci dicono ancora però il modo come vanno eseguiti in percentuale ottimale. Questo è un campo di studi nuovo e straordinario, ed è da qui, penso, che dovrebbero partire le nostre ricerche. Nell’attesa ci possono sempre servire, empiricamente, dei metodi di allenamento che conosciamo, misurandone (ma non ancora quantificandone matematicamente) l’intensità attraverso le analisi esterne:
– il muscolo agonista è contratto dall’inizio alla fine del movimento;
– il muscolo agonista riceve il suo massimo sforzo tensivo nel punto di massimo avvicinamento dei suoi capi (peak contraction); – la fase negativa di ritorno è altrettanto o più faticosa di quella concentrica; – il culturista dice molte brutte parole.
Conclusione – Penso che la sommatoria di queste verifiche empiriche più gli studi teorici con l’elettromiografo (si pensi ai lavori denominati Magnet) sia il prossimo terreno di ricerca. Questo mio lavoro è, in realtà, un appello lanciato ai colleghi per iniziare uno studio concreto della disciplina del “Culturismo” e delle leggi che la governano. Sono miei dubbi e problemi, non sicurezze e leggi emanate. Sono pronto ovviamente a rivederle (anzi, è proprio quello che vorrei l) se qualche collega metterà in comune i suoi dubbi e le sue esperienze.
Il B.B. resta sempre un campo minato, ognuno ha le sue teorie e certezze frutto della propria personale esperienza, a costoro ricordiamo che le “Leggi dell’Allenamento”
valgono per tutti, altrimenti che Leggi sarebbero?