BASTEREBBE UN LOGARITMO? DI VINCENZO ACUNTO

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Qualche giorno fa ho incontrato un amico di infanzia (lo chiamerò Marco per non lasciarlo identificare, visto che tra quelli della mia generazione era un nome non usato in paese), al tempo un compagno di bagordi, una persona a modo che, senza mai assumere posizioni istrioniche era quello che, della cerchia, meglio riusciva con le donne. Il suo mostrarsi sornione, indifeso, garbato e ben messo anche fisicamente, costituiva quel mix che piaceva alle ragazze del tempo. Abbiamo parlato dell’argomento della settimana, dell’ammazzamento di una donna per mano del compagno e, alla mia domanda come è possibile tutto ciò, Marco ha replicato, “io non riesco ad immaginare com’è possibile arrivare ad uccidere. Noi, almeno io, non sono mai stato capace, né mai ho pensato di dare uno schiaffo a qualcuno. Eppure di ragazze ai nostri tempi ce ne erano come oggi. Tante ci respingevano e andando con altri ci passavano dinanzi ridacchiando. E nessuno mai si è sognato una violenza di qualsiasi genere”. L’osservazione di Marco portava la mia mente a fare i soliti voli, tra il passato ed il presente, nel tentativo di comprendere quale virus si sviluppa oggi che, rivoluzionando la mente, spinge tanti uomini su quella catena di violenza, verso la donna, che stiamo vivendo. E mentre divagavo, apparentemente distratto, Marco, tirando fuori il telefonino dalla tasca aggiungeva “Ecco qua, mentre noi aspettavamo che a casa arrivasse il catalogo di -postal market- per guardarci qualche foto di ragazze in mutande, oggi basta prendere il telefonino e trovi un catalogo di donne che propongono immagini di sé con evidenti connotazioni erotiche. A me non sembra una cosa opportuna o, in qualche modo, utile o necessaria. Nessuno immagina cosa può balenare nella mente di un marito, un fidanzato, un compagno, nel vedere la propria donna inserita nel “mercato delle aspettative sessuali”. E, detto ciò, Marco, che rispetto a me è un tecnologico, aprì il telefono e dalle pagine di Facebook, Instagram, Telegram, mi mostrò un campionario di fotografie di donne, molte anche del posto, che proponevano immagini di sé che, indubbiamente, stimolavano un certo prurito erotico (visto che l’obiettivo indugiava su seni, glutei o natiche evolute). Il campionario fotografico, aggiungeva l’amico, consente di sviluppare parecchi incontri nel settore delle soddisfazioni effimere. Decisi di approfondire l’argomento nel “sinedrio di Panza” che nei giorni di festa, nel dopo messa, si organizza in modo estemporaneo sotto il leccio secolare

della piazza del posto, di cui già altre volte ho parlato in questa mia rubrica settimanale, ove si passano in rassegna parecchi fatti di cronaca o di prurigine locale. Venerdì, giorno dell’Immacolata, i soliti “amici del sinedrio” erano lì a discutere e, intercettando che stavano parlando della fine della “povera Giulia”, che per gli italiani è diventata una di famiglia, mi avvicinai a distanza di rispetto per origliare. I commenti, indirizzati verso l’assassino erano terribili, mentre dolcissimi erano quelli riferiti alla ragazza. Antonio “Nduniucci e Mariettell”, che era rimasto silente sulle varie osservazioni, annuendo il dire col capo, d’un tratto sbottò e, nella lingua panzese, sentenziò: “vuie avit’sapé ca ghiommen vicin a nu poc e pil ‘e fess’, perde e cerevegghie e vecca ghioc ‘e uai. Chigghù strunz ha accis na uaglion brav; se nguaiat’iss e ha nguaiat doie famigh”!  Giovanni “Giuvannin e vesc’ u puzz”, replicò “ma che dic’ ‘e corn ce so semp’ stat. Ma mic’ s’accelaiv accussì” e Nduniucc “è ver ‘e corn ce so semp’ stat ma ogg ‘è nata cos. ‘E femmen pur si nu fann’ ‘e corn, mettn’, ncopp’ a sti telefonin ‘e cazz, fotografie ca fann’ perd’ e cereveggh e poiché e famigh’, comm’a na vot’ n’ce ne stann’ chiù, ghiommen perd’ a cap’ e fa ‘e uai”. Alle osservazioni di Antonio tutti gli altri “capuzziarono” in segno di assenso. Le osservazioni dei miei amici, “semplici osservatori di paese”, apparendomi molto più pertinenti di tante dotte elucubrazioni che, sedicenti, esperti rendono in, interminabili, talk show, mi hanno spinto a fare qualche riflessione. Ben conscio che si potrebbe imboccare un percorso molto scivoloso che si presterebbe a tanti commenti. Ritengo che la gravità degli eventi sia tale che ne vale la pena. E poiché, si dice, che la statistica può costituire una base di riflessione e di confronto, offro al lettore qualche cifra recuperata da internet, prendendo come range di riferimento l’ultimo ventennio. In Italia (che nella macabra classifica delle donne uccise

è al terz’ultimo posto in Europa), nell’anno 2004 le donne ammazzate furono 72; nel 2005, 98; nel 2009, 172; nel 2013, 179; nel 2022, 126 e ad oggi dicembre 2023, 109. Il 40% degli ammazzamenti avviene con il coltello; il 12,8% con pistola; il 18% con strangolamento; il 3% con fuoco. Il metodo di esecuzione, secondo gli esperti, offre anche un quadro di riflessione sul movente e sulla premeditazione. Ho qualche dubbio ma va bene così! Ragionando facendo sempre il raffronto tra il passato ed il presente, ripeto, ancora una volta, che il solo inasprimento delle pene detentive, non serve a nulla. Se qualcuno mi dicesse che, il Turetta di turno, per il crimine che ha commesso, potrebbe essere condannato ad andare tutti i giorni a pulire i cessi di qualche struttura pubblica sotto lo sguardo di tutti sarei d’accordo (quanto meno a chi lo vede gli passerebbe idee strane). Ma, poiché non si può fare, sembra più logico applicarsi nel tentare di capire il/i motivo/i per i quali si scatenano certe follie. Sono tutti pazzi gli uomini che ammazzano le donne? Sono nati con il gene dell’assassino al femminile e nessuno se ne è accorto? O esiste qualche polline nell’aria che annusatolo, in certi momenti scatena la follia? Non lo so, non credo a nessuna delle tre domande, ma partendo dalle considerazioni del mio amico Marco e dalle riflessioni del sinedrio panzese, faccio qualche ulteriore considerazione, ritenendo che non possiamo pensare che, cambiando sistemi educazionali sbagliati, potremmo avere nell’immediato dei risultati. Tenendo conto delle date in precedenza scritte e degli ulteriori argomenti: anno 2000 la Sony pose in commercio il primo telefonino tascabile che consentiva le riprese fotografiche; il primo social a diffusione collettiva “Facebook” è dell’anno 2004 e negli anni successivi si aggiungono le concorrenze. Il sistema whatsapp è del 2009 e facendo qualche raffronto con le date che registrano gli incrementi dei femminicidi, mi chiedo se può essere qualche connessione. E poiché da un altro dato statistico si ricava che tante liti matrimoniali derivano da un uso distorto del telefonino deduco che, forse, la connessione c’è. I cosiddetti social, sono sistemi che hanno fatto irruzione nel mercato delle telecomunicazioni senza nessuna regolamentazione specifica. Continuando ad illudere della loro gratuità (ma chi fa qualcosa per nulla?) e che le comunicazioni fossero segrete (cosa che non è), hanno creato una mostruosa banca dati alla quale, gli esperti, riescono ad accedere, estrarre fotografie, copie di lettere spedite o ricevute, numeri di conto corrente, conversazioni e quant’altro transita in essi. Creando una sorta di vetrina permanente nella quale chi vuole, entra e prendere quello che vuole. Anche senza il tuo consenso. È stato previsto un reato sull’ingresso abusivo in sistemi informatici (615 ter c.p.) ma è una bazzecola. Mi risulta che esistono programmi attraverso i quali si riesce a sapere, in tempo reale, delle attività di un’altra persona della quale basta conoscere, semplicemente, il suo numero di telefono. Tutto ciò, per me, è semplicemente mostruoso. Come mostruoso, quanto folle, è che attraverso whatsapp ci si scambia foto, filmati (convinti che vanno a finire solo nel telefono del destinatario) e tra essi (nei momenti di stupidità, che, in certi momenti, accompagnano tante persone, sia uomini che donne) c’è immancabilmente l’inoltro di foto o filmati erotici. E qui appare necessario affrontare un ulteriore argomento: l’Erotismo che è quel complesso di condizioni che attiene (o forse dovrebbe attenere?) ad un momento che ogni coppia normale sviluppa (o dovrebbe sviluppare?) nell’intimo di una camera da letto. Esso attraverso la mostruosa superficialità di “una certa telematica”, passa da un luogo ad un altro, con un semplice clik e tante volte anche senza. Dalla intimità della propria camera al mercato aperto che la telematica produce. Certe pratiche che coniugando sensi, passione, desiderio, riassumono l’amore tra due esseri, in ogni caso, se viste, espongono un percorso di violenza (cercata e voluta) che inserita o esibita nella vetrina telematica, può scatenare reazioni emotive incontrollabili. Come emotivamente incontrollabile è anche l’atto sessuale voluto e cercato da entrambi. E allora, senza che con ciò si possa intendere una qualsiasi attenuazione di responsabilità per le violenze che le donne patiscono, considerato che il trasferimento di certi dati futili non riassume in sé principi di libertà, di democrazia o di benessere ma, (dico) forse, può stimolare comportamenti incontrollabili in menti bacate, il governo potrebbe nell’immediatezza (con lo stesso metro considerativo che fu utilizzato per imporre, dopo 40 anni, il caso obbligatorio agli utilizzatori degli scooter) imporre alle organizzazioni telematiche che gestiscono i trasferimenti di dati telematici che, attraverso l’applicazione un semplice logaritmo (come peraltro è già in uso per talune pubblicazioni), si vieti la pubblicazione ed il trasferimento di foto, filmati o missive con contenuto scabroso o minaccioso e che gli apparecchi telefonici non conservino memoria propria di tali dati. A chi giova e a cosa serve avere, in un social, una pagina con foto o filmati di sé? A cosa serve al destinatario avere una foto o un filmato erotico della donna con cui sta o con la quale ha fatto sesso? Sarò pur bacchettone ma resto dell’antica idea che sarebbe meglio farlo che parlarne o guardarlo! E, considerato che basterebbe un logaritmo chi non pensa che, applicandolo, si potrebbero evitare tante pericolose paturnie mentali? Che il dibattito sia aperto!     acuntovi@libero.it