ASCOM NEWS/DOVE BUTTARE L’OLIO DI FRITTURE?

Chissà quante sono le famiglie che, dopo aver fritto i cibi, buttano l’olio residuo nel lavandino o nello scarico del bagno. In poche però sanno che si tratta di un illecito: la legge vieta di smaltire l’olio delle fritture nei tubi delle fogne. Si tratta di un rifiuto pericoloso di cui ci si deve sbarazzare seguendo apposite procedure, diverse a seconda che si sia un’azienda (un ristorante, una pizzeria, una paninoteca) o un privato (la famiglia che usa l’olio per la cucina di tutti i giorni). Ma vediamo subito dove buttare l’olio di fritture e cerchiamo di capire come comportarsi.

Perché l’olio fritto è pericoloso?

Intanto si tratta di un liquido che raggiunge temperature altissime e potrebbe, in prima battuta, danneggiare le stesse tubature dell’appartamento o del condominio. Quantomeno bisognerebbe avere l’accortezza di farlo raffreddare, anche per evitare che possa provocare ustioni a chi lo travasa nel recipiente per lo smaltimento. In ogni caso l’olio fritto non è biodegradabile e non è organico, quindi se disperso in acqua forma un velo dello spessore che impedisce ai raggi solari di penetrare causando danni all’ambiente. Senza contare che potrebbe rendere l’acqua non potabile, perché forma una pellicola sulla falda acquifera.

Come smaltire l’olio delle fritture: la famiglia

La famiglia deve raccogliere “l’olio esausto” – ossia quello utilizzato per le fritture e non più utilizzabile – in appositi contenitori da portare nelle isole ecologiche di cui le città sono dotate. Eventualmente, si può chiedere al Comune dove si trovi la più vicina. Alcuni distributori di benzina e supermercati provvedono al ritiro gratuito dell’olio esausto.

È anche vietato lasciare l’olio accanto ai cassonetti della spazzatura, trattandosi di un rifiuto pericoloso non smaltibile.

Come smaltire l’olio da cucina: ristoranti, pizzerie e altri locali

L’obbligo di non smaltire l’olio fritto nella fognatura vale a maggior ragione per le ditte che svolgono attività di somministrazione di alimenti, bevande e ristorazione. Per queste, infatti, l’entità del rifiuto è sicuramente superiore a quella di una famiglia media.

Se destinati al recupero, gli oli di frittura non possono essere assimilati ai rifiuti urbani perché l’assimilazione vale solo ai fini dello smaltimento in discarica. In ogni caso, trattandosi di rifiuti liquidi, non sono ammessi in discarica.

Il Conoe (Consorzio nazionale di raccolta e trattamento oli e grassi vegetali e animali esausti – www.consorzioconoe.it), attraverso un’apposita rete di raccolta, provvede al ritiro di questo particolare rifiuto liquido. Ristoranti, alberghi, rosticcerie, pizzerie e qualsiasi attività (anche fiere e sagre) da cui si generano oli di frittura, li devono raccogliere in contenitori dedicati al recupero/smaltimento e contattare un trasportatore autorizzato affidandogli il ritiro.

La legge [1] prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da 270 a 1.550 euro a carico di chi, in ragione della propria attività professionale, detenga oli e grassi vegetali e animali esausti e non li conferisca al Conoe (direttamente o mediante consegna a soggetti incaricati dai consorzio).

Nel caso dell’impresa artigiana, questa dovrà annotare gli oli prodotti e quelli conferiti sul registro di carico e scarico. Invece, se si tratta di una impresa commerciale tale obbligo non vige. In ogni caso, sarà necessario compilare, datare e firmare il formulario.

In definitiva, la pizzeria, il ristorante, la paninoteca o qualsiasi altro locale può optare per una di queste due soluzioni:

  • accumulare rifiuti senza limiti di quantità, da conferire entro un periodo massimo di 3 mesi;
  • mantenere in deposito quantità limitate di rifiuti (non più di 30 metri cubi) per un periodo di tempo maggiore, ma comunque non superiore a un anno.

note

[1] Art. 256 co. 6, d.lgs. n. 152/2006 – codice dell’ambiente.

A cura di Marco Laraspata (vice presidente Ascom Confcommercio Ischia)

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