ABBATTIMENTI: STOP DELLA CAMERA, IL DDL FALANGA TORNA IN COMMISSIONE

Abbattimenti: il ddl Falanga, che reca disposizioni in materia di criteri per l’esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi, ritorna in commissione.

Lo ha deciso oggi pomeriggio la camera dei deputati, su richiesta di uno dei relatori, l’onorevole Marco Di Lello (PD): “Questo disegno di legge, com’è noto, ha alle spalle un iter travagliato: approvato al Senato nel gennaio 2014, è arrivato qui nel maggio dell’anno scorso come modificato al testo unico n. 380, quello sull’edilizia.

Il lavoro fatto in Commissione e approvato da quest’Aula ha profondamente emendato il testo iniziale, che oggi si pone come modifica al decreto legislativo n. 106, cioè riorganizzazione dell’ufficio del PM, il che in qualche modo forse tradisce anche il nostro approccio al tema.

Questo testo però, ossia quel testo, quello che veniva dal Senato, tradiva, al di là della volontà del presentatore, un tentativo surrettizio di sanare immobili abusivamente costruiti attraverso una lunghissima casistica che nei fatti avrebbe portato alla sostanziale impunità del reato commesso, il cui frutto – l’immobile abusivo – avrebbe avuto assicurata resistenza per alcuni secoli.

A me, a noi, non sfugge la necessità di disciplinare la materia e raccogliere le richieste di aiuto di tanti sindaci onesti.

In questa logica la scelta di quest’Aula: in tal senso, la previsione di un fondo per le demolizioni.

Ma c’è un rischio che non possiamo permetterci di correre: l’esperienza di questi anni ci insegna che il solo annuncio di una sanatoria è benzina super nella macchina del cemento illegale.

Seconda il Cresme, nei dieci anni successivi al condono Berlusconi del 2003 sono sorte in Italia 270.000 case abusive, con un giro di affari di circa 20 miliardi.

Parliamo di un costruito di pessima qualità, pronto a sgretolarsi alla prima occasione in un Paese, l’Italia, che ricordo essere sottoposto ad ogni tipo di rischio naturale, da quello sismico al vulcanico a quello idrogeologico.

Noi allora non possiamo permetterci di mandare messaggi sbagliati, né dare strumenti ad abili avvocati per alimentare contenziosi al solo scopo di procrastinare il ripristino della legalità, che per noi – lo ricordo – è un bene non negoziabile.

D’altra parte, già oggi le demolizioni sono eseguite in poco più del 10 per cento dei casi, tema che merita di essere affrontato, sapendo che noi siamo quelli che vogliono contenere il consumo del suolo, considerando il territorio come un bene da tutelare.

Per questo occorre dare ai sindaci le risorse per demolire quando non ritengono prevalente l’interesse pubblico e quindi l’acquisizione al patrimonio comunale.

Per questo, bene fanno le procure ad utilizzare criteri di priorità nelle demolizioni, differenziando la variegata casistica.

Lo fanno con circolari, atti interni non impugnabili né opponibili dinanzi ai Tar.

È per tutti questi motivi, Presidente, anche alla luce della pluralità delle opinioni dei diversi gruppi, che chiedo il ritorno del testo in Commissione, per continuare e approfondire il dibattito su un tema che non ci sfugge, così delicato, dove tra esigenze sociali e ripristino dello stato dei luoghi occorre si trovi al più presto un corretto punto di equilibrio, pensando anche e soprattutto ai tanti che la legge hanno scelto di non violarla”.

Di diverso parere l’altro relatore, l’onorevole Carlo Sarro (FI): “ il mio parere è naturalmente di segno diametralmente opposto a quello che abbiamo testé ascoltato, per la semplice ragione che questo provvedimento giunge in Aula in quarta lettura, dopo una elaborazione che ha interessato e impegnato i due rami del Parlamento per circa quattro anni, cioè in pratica per l’intera legislatura.

Oggi noi avremmo dovuto semplicemente votare la disposizione che imputa al bilancio 2017 le risorse assegnate per eseguire le demolizioni, che erano originariamente contemplate per il bilancio 2016 e questo proprio in ragione del lungo lasso di tempo che l’approvazione di questo provvedimento ha richiesto.

E nonostante sul contenuto della legge si sia formata la doppia conforme, cioè tanto la Camera quanto il Senato hanno già votato il testo di merito, oggi ascoltiamo dal relatore di maggioranza e dal Partito Democratico sostanzialmente che c’è un dietrofront, per cui bisogna rimettere tutto in discussione, riportare in Commissione per un approfondimento: in sostanza si vuole affossare il provvedimento; anche perché ormai la legislatura volge al termine e quindi non c’è più il tempo materiale per affrontare questo argomento.

Noi segnaleremo naturalmente questo comportamento incomprensibile e inspiegabile, se non dettato esclusivamente da logiche ideologiche, che poi si allontanano dalla soluzione concreta dei problemi; e lo spiegheremo a quelle comunità, a quei territori e a quei sindaci, in larga parte del Partito Democratico, che hanno invocato a gran voce l’approvazione di questo provvedimento. A partire dal sindaco di Casal di Principe, Renato Natale, che viene sempre dal Partito Democratico, giustamente indicato come un campione della legalità, che ha detto che nella sua comunità dovrebbe provvedere all’abbattimento di 6.000 costruzioni, il che è assolutamente impossibile; e quando sono circolate le voci che questo provvedimento sarebbe stato bloccato, non ha esitato a parlare di ipocrisia della sinistra rispetto a questo problema. Naturalmente lo diremo al sindaco di Castel Volturno, Dimitri Russo, del Partito Democratico, che non più tardi dell’altro ieri ha denunciato la confusione enorme che esiste in questa materia a proposito di demolizioni, per cui una singola operazione di demolizione stimata dal comune, dall’ufficio tecnico del comune del valore di 25.000 euro, è lievitata nei calcoli disposti dalla procura a 90 mila euro, e il tecnico incaricato per l’esecuzione di questo provvedimento ha formalizzato una parcella per oltre 1 milione di euro. Avete inteso bene: 1 milione di euro per curare e sovrintendere la demolizione di un solo fabbricato; il che, come ha denunciato quel sindaco, mette a rischio la capacità di indebitamento di quel comune, mette in crisi quelli che sono i servizi essenziali che quella comunità deve erogare ai propri cittadini. Lo diremo al sindaco di Giugliano in Campania, una città di 100 mila abitanti, che ha da eseguire tantissime demolizioni, e che mentre vede demolire le costruzioni (ovviamente parliamo non di grandi operazioni speculative, ma di piccole e modeste costruzioni), al tempo stesso vede che sul territorio di quella comunità si realizza, contro la volontà di quella comunità, un’ecovillaggio destinato alla popolazione rom, e addirittura, complice la prefettura, si è tentato di impedire a quel territorio e a quella comunità di esprimersi con un referendum su quel tema, e solo una sentenza della magistratura amministrativa ha permesso finalmente di ripristinare un minimo di democrazia.

Questo provvedimento assegna risorse, o meglio devo dire avrebbe assegnato risorse per eseguire le demolizioni, e avrebbe soprattutto fissato dei criteri obiettivi per evitare quanto è accaduto nel comune di Bacoli, sempre a guida della sinistra, dove l’intervento della procura nell’esecuzione di una demolizione ha visto addirittura impegnata una ditta priva del certificato antimafia. Preferite il caos, il disordine e la confusione? Fatelo. Noi saremo impegnati da domani su tutti i 500 e oltre comuni della nostra regione, a chiarire come si è ritornati in questa situazione semplicemente intollerabile”

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