‘A PUTECH ‘E LUIGIN ‘U ZUM. DI VINCENZO ACUNTO

Cari lettori, questa settimana per non affliggervi ancor di più con gli eventi brutti che si accavallano sulla mia isola, vi racconterò dell’Emporio Polito, storica bottega che apre i suoi battenti sulla Piazza di Panza; laboriosa frazione del comune di Forio.

Nell’antica Grecia con il termine “ἐμπόριον” – emporio- si indicava il luogo ove si commerciava all’ingrosso ogni genere di cosa; ove la gente si recava alla ricerca di ciò di cui avesse bisogno, trovandone in gran quantità. Oggi, si può dire, che l’emporio è il classico supermercato “luogo dei grandi commerci” le cui insegne troneggiano ovunque e segnano le aree di grandi assembramenti di persone e cose. Prima dell’avvento dei supermercati, ad esporre le insegne con la scritta “Emporio” erano negozianti che si organizzavano per offrire ai clienti, il più alto numero di prodotti previsti nelle tabelle merceologiche seguendo lo schema rigido della divisione tra beni: alimentari, per la persona e per la casa, per lo svago e hobbistica di necessità. Le antiche insegne con la scritta “Emporio” sono andate progressivamente scomparendo e in tanti non sanno più nemmeno cosa significa la parola.

A Panza d’Ischia resiste ancora una bottega con la scritta “Emporio”: quello di Luigi Polito detto “Luigin ‘u Zum”. Appellativo derivatogli per la sua grande capacità di intercettare visivamente, tra i mille prodotti che tiene in vendita, quello che serve all’avventore. Varcata la soglia di ingresso, si accede in un mondo particolare ove sembra che il tempo si sia fermato e, quasi per incanto, l’avventore avverte un alleggerimento della nevrosi che ha accumulato nel dover attraversare strade rotte e per dover far fronte a prezzi sempre più alti. A sinistra entrando, trovi un uomo che ti accoglie con un sorriso cordiale; è Luigino che mentre ti guarda con aria apparentemente disarmata, sta intercettando le tue necessità e prima che tu parli lui ha già capito cosa ti serve. Come un direttore d’orchestra si alza e, con un gesto, ti indica il posto ove, tra le migliaia di prodotti che riempiono gli scaffali, trovi quel che cerchi. E mentre il cliente legge il prezzo, “Zum”, sapendo da dove vieni (conosce tutti) è già andato mentalmente, nel supermercato che solitamente frequenti di cui conosce tutti i prezzi e, senza che tu lo chiedi, ti fa un po’ si conto. Un gesto, un comportamento, una metodica che in una giornata si ripete centinaia di volte e così da oltre 60 anni. Sempre con lo stesso garbo, sorriso e gestualità. L’Emporio di “Luigino ‘u zum “è un bugigattolo” di circa venti metri quadri nel quale si trova di tutto.

Impossibile, per una persona normale, fare un elenco di cosa c’è sugli scaffali e nei contenitori. Per Luigino no. Alla semplice richiesta, intercetta visivamente quel che ti serve e, se sei nelle vicinanze del prodotto, come “Von Karajan” richiamava l’attenzione dell’orchestrale che doveva intervenire, lui ti indica il posto in cui lo puoi prendere. Ha un cervello che è un contenitore molto più capiente e veloce di un pc. Basta chiedere (anche la cosa più strampalata) che immediatamente ti risponde manifestando una conoscenza dei prodotti che vende che mai ti saresti aspettato. È successo in mia presenza, che una signora in età, presa una confezione di pannoloni s’era recata alla cassa per pagare; Luigino, ritenendo un errore, l’allertava e sottovoce: “io nun voglio sapé e fatt’ vuost, ma chist’ sono pannoloni per le donne partorienti”.  Se ciò che ti serve è lontano da te, si alza e, ondeggiando tra contenitori e scaffali come un ballerino di flamenco, in un lampo è sull’obiettivo e ti serve. Con quella grazia che solo i commercianti di un tempo avevano. Manifestando gratitudine per aver scelto la loro bottega per spendere i tuoi denari. Se non ha (difficile) quel che ti serve, Luigino appare chiaramente dispiaciuto e si impegna a fartela avere presto. Continuando a sorriderti (te ne accorgi solo se sei attento), porta con gesto lesto, la mano destra all’orecchio, sul quale custodisce una penna. L’afferra, scrive l’appunto e la ripone nuovamente sul padiglione auricolare. Il giorno dopo il prodotto è lì. Come in farmacia. Rispondendo ad una mia curiosità sul “suo porta penna” mi ha detto che, tante volte, è andato a dormire dimenticando la penna sull’orecchio che la mattina dopo era ancora lì. Amici comuni mi hanno riferito che anche il giorno in cui, gaio più del solito, accompagnò la figlia all’altare aveva la penna sull’orecchio. A chi gli faceva notare l’inopportunità della cosa, sagaciamente e ironicamente (come solo un panzese sa fare) rispose “è megl’ ca ma port. Nze po’ mai sapé. Si po’, a penn’ e zì prevt’ nun scriv’, che facc?: ma port’ a cas’ nata vot?. Nuie ‘u banchett’ l’amm’ già pavat!  – Saggezza tipicamente panzese! acuntovi@libero.it

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