Boston, 17 giu. – (Adnkronos) – Si celebrano i campioni in campo, ma nel successo dei Golden State Warriors – il quarto in otto anni – c’è tanto anche di Steve Kerr, che con questo si mette in bacheca il nono anello della sua carriera – 5 da giocatore (3 con i Bulls, 2 con gli Spurs), 4 da allenatore. “Sono solo stato fortunato a stare attorno alla gente giusta”, aveva detto alla vigilia di gara-6, cercando di allontanare ogni forma di prematura celebrazione. Steve Kerr è così, auto-ironico e sempre equilibrato, anche nel momento del trionfo quando – invece di rispondere alla prima domanda dei giornalisti – inizia facendo i complimenti agli sconfitti:
“So cosa si prova: è devastante. Ma sono stati incredibili, ottimo atletismo in difesa, tanti centimetri, la capacità di giocare duro”, dice l’allenatore degli Warriors rendendo onore ai Celtics. Poi però anche lui passa a omaggiare il protagonista della serata, ovviamente Steph Curry, l’MVP di questa serie. Dopo averlo paragonato solo pochi giorni fa a Roger Federer, stavolta coach Kerr trova un altro emule del suo n°30: “Mi ricorda tantissimo Tim Duncan”, dice. “Ovviamente parliamo di due giocatori diversissimi, ma da un punto di vista umano li accomuna la stessa umiltà unita a una grande fiducia nelle loro capacità, una combinazione davvero fantastica. Senza Steph niente di tutto questo sarebbe mai potuto succedere. Sia chiaro, grande merito va ovviamente anche alla proprietà, al front office e a tutti i suoi compagni, ma Steph è il motivo per cui questa dinastia si è potuta sviluppare. Proprio come nel caso di Timmy [Duncan] a San Antonio. Per cui sì, sono contento per tutti ma sono davvero entusiasta per Steph: questa è l’incoronazione finale di una carriera già incredibile”.