Santa Restituta 2025. Il parroco abbandona la storica processione.
L’episodio fa discutere.
Senza alcuna necessità di ordine cultuale e in totale autonomia dal parroco, comitato e portantini hanno deciso di deviare il percorso ordinario. La doverosa disponibilità pastorale, in merito alla pietà popolare, non può tradursi in pigra e interessata connivenza. Ne risentirebbero la chiarezza della fede, di cui la Chiesa è debitrice al mondo, e la trasparente testimonianza della comunità parrocchiale. La comunità è stata oltraggiata in un momento di festa. Avevano fatto male i conti, portantini e comitato.

(Antimo Puca)
Quando hanno violato il percorso stabilito per la processione credevano che tutti avrebbero chiuso gli occhi. Invece il parroco se n’è andato. Portantini e comitato non hanno potuto contare su alcuna connivenza. E nemmeno sul silenzio. Hanno violentato la processione e oltraggiato Lacco Ameno credendo di poter disporre della statua e della Chiesa. Credendo di poter subordinare tutto a loro. Anche Dio. E invece dovrebbero solo chiedere perdono per la loro arroganza e prepotenza. Questo ingiustificabile comportamento ha rattristato tutta la comunità nel profondo. La quale ha percepito il dolore provato dal parroco nel vedere il gregge procedere come se non avesse una guida. Ignorando la sua presenza e le sue scelte pastorali. Ignorando Colui che ogni sacerdote rappresenta: Gesù Cristo. Il gesto del parroco è una aperta denuncia verso uno scellerato sistema di ingiustizia. Un sistema che vorrebbe nutrirsi di simboli religiosi per tenere dalla propria parte il popolo. Le norme adottate dalla diocesi e dalla Conferenza episcopale campana sulle manifestazioni di pietà popolare non lasciano spazio a equivoci e fraintendimenti. Dio è per tutti. Ma la Misericordia non è mai separata dalla verità e dalla giustizia. L’amore di Dio non può essere preteso, come certi gruppi di ‘fedeli’ con oscuri registi alle spalle a volte dimostrano. C’è bisogno di azioni, anche silenziose, come andarsene da una processione, per dire ‘no’ a logiche che non ci porteranno da nessuna parte. I parroci spesso sono in trincea e sottoposti a forti pressioni di ogni tipo. Ma la cosa non fa rumore. Anche per questo don Pasquale ha voluto alzare un velo. Fine della pietà popolare non è, infatti, l’affermazione del sentire religioso diffuso sulla fede della Chiesa fondata sulla rivelazione e sulla tradizione apostolica. Fine della pietà popolare, così come ribadito dalla Conferenza Episcopale Campana nel documento del 2013 “Evangelizzare la pieta popolare”, è la maggior gloria di Dio e la santificazione dei fedeli. Fine che condivide con la liturgia verso cui deve essere orientata essendo questa “il culmine verso cui tende tutta l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù” (SacrosanctumComcilium, 10). Non è certo la prima volta che la chiesa, spesso impegnata in prima linea contro uno scellerato sistema ingiustizia dice il suo “no” allo sfruttamento di riti e liturgie per accreditarsi nei confronti delle popolazioni del territorio dove operano. Non è la prima volta che sacerdoti, religiosi e religiose si oppongono agli atti di prepotenza.
Ribadisco il mio sostegno e la mia preghiera per i parroci della diocesi che quotidianamente si trovano a fronteggiare l’arroganza di quanti, ritenendosi depositari anche della fede, credono di poter disporre di essa e della Chiesa per soddisfare un desiderio di affermazione personale al quale tutto va subordinato. Anche Dio.
Il segnale dato dal parroco di Santa Restituta è particolarmente significativo. Un parroco che lascia la storica processione davanti a tutti e il vescovo che non perde un secondo per difendere la scelta del suo sacerdote e lo fa in modo pubblico, ufficiale, sono denunce precise. Gesti forti che non lasciano alibi alcuno a chi ha il potere e il dovere d’intervenire nelle cose di casa nostra.
Ne prendano esempio amministratori locali, Procura competente, forze dell’ordine, istituzioni civili.
Il sasso è lanciato.
di Antimo Puca