La storia è lunga ed in pochi desiderano leggerla. Il risultato elettorale che ha visto trionfare i sindaci di sinistra in tutte le grandi città italiane (in un momento in cui tutti i dati statistici danno -in campo nazionale- percentuali opposte) oltre a confermare, ancora una volta, l’incapacità dei dirigenti del centro destra di essere “sistema di governo”, certifica la grande abilità, dei dirigenti della sinistra, di incunearsi tra gli errori degli avversari e, con il sapiente uso di “galeotte” casse di risonanza, riuscire là dove nemmeno una maga sarebbe stata in grado di prevederlo.
Dal 1994 in poi, la storia politica italiana è piena di eventi del genere. Nel dicembre del 2019, in vista delle elezioni regionali, analizzando i movimenti politici campani, in un mio pezzo dal titolo “Campania harakiri del centro destra”, misi in risalto le tante incongruenze nel voler riproporre alla guida della regione Stefano Caldoro, che avrebbero portato ad una sconfitta certa. Come poi fu. Scrissi “Nel centro destra si naviga a vista e, come succede in tali condizioni, all’orizzonte, sul pelo dell’acqua, appaiono “cadaveri” che si vogliono riproporre nell’agone. La cosa più strana è che, anche chi dovrebbe dettare la linea, si infessisce e ripropone il cadavere, presumendo di farlo resuscitare come Gesù fece con Lazzaro”. Parole inutilmente spese allora e parole inutilmente spese oggi in occasione della scelta del candidato sindaco per Napoli nella persona del pubblico ministero Maresca e di Michetti a Roma, Luca Bernardo a Milano e Damilano a Torino che, con la loro debacle, impongono un’analisi ce invece non c’è e che non si dovrebbe ridurre a considerare il tutto come un semplice errore di percorso. Se quella di Napoli ha dell’incredibile (come avrebbe potuto una città, a pezzi, rivotare un altro pubblico ministero?), quelle di Roma, Milano e Torino non sono state da meno. Persone lontane dall’agone politico, prive di ogni caratura rappresentativa e, per dirla in modo chic, anche del “fisic du role” (i milanesi, estetici ed edonisti per eccellenza, mai avrebbero potuto votare il dr. Luca Bernardo), utilizzate per tentare l’impossibile nella certezza che mai avrebbero arrecato “ombra al leader” di riferimento. Opportunamente considerando che il sindaco di città come Roma, Milano, Napoli o Torino equivale, per importanza politica, a due ministeri. Il problema appare irrisolvibile, atteso che, ogni analisi, si scontra col terrore dei leader di patire una riduzione dei “lumen” nell’ambito della famiglia di appartenenza. Lo patisce da sempre Berlusconi che, se da imprenditore continua ad utilizzare i migliori, in politica (dopo l’illuminazione iniziale per la quale fece ricorso a uomini e donne di grande caratura professionale e culturale) ha progressivamente fatto ricorso a scartine del mazzo (da ultimo Tajani, un ventriloquo che ripete sempre le stesse cose beandosi di dirle), che hanno portato un partito dal 30% a poco più del 6%.
Lo patisce Salvini che di fronte alla crescita di uomini come Giorgetti o Zaia accusa l’orticaria e perdendo la bussola (spesso) dice tutto e il contrario di tutto. Senza dare mai concreto seguito ai propositi, condivisibili, che espone e per i quali è cresciuto nei consensi. Se partecipa ad un governo che agisce in modo diverso dal pensiero dei suoi elettori sul tema dell’immigrazione clandestina, della riduzione delle tasse o della prescrizione, non si deve dolere se gli elettori gli girano le spalle. Lo patisce Giorgia Meloni che, pur di conservare la scena in permanente autonomia, consente di andare in televisione a dire del partito ad un vuoto Lollobrigida o uno spiritato Donzelli che, ripetendo concetti a memoria, spingono ad ascoltare altro. Di fronte a tali approssimazioni, avvicinandosi scadenze importanti, la domanda che tanti si pongono è: cosa potrebbero fare gli elettori, di quell’area politica, per suonare la campana del risveglio a stimolare riflessioni prima che si creino le condizioni che poi obbligano ad attendere ancora dai 5 ai 7 anni? Penso che preso atto che pur di fronte ad una batosta come quella patita il 3 e 4 ottobre scorso, nessuno dei leader ha pensato di fare un passo indietro o di lato, per fare il mea culpa delle scelte “politicamente scellerate” che hanno consegnato nelle mani di una sinistra in discioglimento le più importanti città d’Italia, l’unica pratica utile potrebbe essere quella di inondare (a mezzo mail, fax o whatsApp) le sedi dei partiti con messaggi di protesta e di invito ad ampliare la platea della concertazione (come un tempo avveniva nei partiti classici e non personali), non potendosi più accettare che per comportamenti incerti di taluni, si consente poi a tanti di discettare di patenti di democraticità o di affidabilità politica dei partiti che non militano a sinistra. Determinando così le condizioni perché il popolo di centro destra, pur essendo maggioranza in Italia, è condannato ad essere lontano dal potere. Anche sull’isola d’Ischia l’unico evento elettorale in cartellone, quello di Serrara Fontana, è risultato, apparentemente, non in sintonia con le previsioni della vigilia. Per la prima volta una donna, la signora Irene Iacono, è stata eletta sindaco del paese, modificando un percorso che sembrava segnato dalla cabala. Giovedì 21 ottobre, si è insediato il consiglio comunale e, a chi ha avuto modo di seguire l’evento, è apparsa una manifestazione ingessata e scialba. Non c’ero e non saprei dire dei particolari successivamente riferitimi. Ho letto il bel discorso del nuovo primo cittadino che si è impegnato a fare bene il suo compito affidandolo, in tutela, alla Madonna della Mercede (patrona di Fontana, la sua frazione di appartenenza). Qualcuno, col sorrisino malizioso, mi ha riportato che una “ladie” presente -di cui non mi ha voluto fare il nome – all’affidamento religioso del primo cittadino, abbia borbottato nel bavero del cappotto, “ma come noi l’abbiamo portata là e quella si affida alla Madonna”? Ho dubitato della veridicità del riporto richiamando lo stesso ad una maggiore sobrietà nel momento in cui ha tentato di farmi notare che il termine mercede deriva dal latino “merces”: prezzo, ricompensa ed in politica non suona di buon auspicio, affrettandomi ad interrompere il pensiero, blasfemo e improprio, ricordando che Madonna della Mercede significa “Signora della grazia gratuita” e non altro.
Nella conversazione, come pure sui media, è stata stigmatizzata l’assenza di Cesare Mattera che ha fatto sentire isolato l’indaffarato sodale “Aniello e cuscitiello”, pur esso precipitato nella scomoda posizione di consigliere di minoranza, che al termine dei lavori, senza aver detto una parola, suscitando l’ilarità di molti, borbottava “m’hanno lasciato solo e che potevo fare di più?”. Non mi è stato difficile far ricordare, ai miei interlocutori, che l’assentarsi è un classico strategico di Cesare Mattera per prendere “distanza” dai suoi compagni di ventura allo scopo di attendere il momento migliore per voltare gabbana. Ho ricordato loro che, dopo la morte di Arturo Trofa nel 1997, tentò di ottenere lo scavalcamento del titolato a succedergli con una persona di sua fiducia. Non avendo avuto soddisfazione, si assentò alcuni mesi dal partecipare alle riunioni del consiglio comunale ove, inaspettatamente, si ripresentò una sera sedendosi distaccato dal gruppo e, invece di votare con esso, dichiarava “mi astengo”, senza precisare il perché. Andò avanti fino alla fine della consiliatura e, sempre senza avvertire nessuno, fece il salto della quaglia diventando il candidato sindaco degli avversari. Contro il gruppo formatosi con il vecchio leader del quale, con grande sfacciataggine, si qualificò essere erede politico. Questa è la storia da leggere per conoscere certi fenomeni e del perché il paese è fallito ed è alla “mercé” di affaristi vari. acuntovi@libero.it