Taluni ultimi eventi mi han portato ancora una volta ad interrogarmi sulla validità della riflessione, attribuita a Cicerone, a mente della quale i senatori sono uomini probi, ma l’Istituzione, il Senato, è una cattiva bestia, ovvero che l’organismo collegiale è tarato ancorché i suoi singoli componenti siano persone probe, per bene.
E’ questo un approdo sedimentato in quasi tutti gli studi sul “collettivo”. Secondo la vulgata prevalente in seno agli organismi assembleari le qualità individuali son destinate ad esser fagocitate dal “collettivo”, ovvero, e prima ancora, è in seno alla folla che gli individui regrediscono, che si azzera o si attenua notevolmente il livello di responsabilità di ciascuno, tanto da condurre a compiere/avallare azioni/scelte che in un contesto individuale non vedrebbero mai luce.
Ho già avuto modo di raccontare di non essere mai più entrato in un campo di calcio dopo esser stato costretto, in età giovanile, a rifugiarmi nella casupola che fungeva da spogliatoio in quanto fatto bersaglio, in una al mio amico arbitro, di lanci di pietre ed altri oggetti contundenti da parte di una folla di tifosi che, individualmente considerati, avevano fama di persone per bene.
Tale antica “verità”, la probità dei singoli tramutata in mala bestia collettiva con i corollari che ne conseguono, è stata costantemente evocata nel corso della storia, è entrata in campo ogni qual volta è (stato) in discussione il parlamentarismo ed ha influenzato sia gli ambienti di destra, in ispecie della cultura romantica tedesca, sia quelli riconducibili alla sinistra, che han poi trovato sbocco gli uni nella cultura nazi/fascista, gli altri in quella comunista.
Al fascino di questo lascito di antica saggezza sulle perverse dinamiche dei corpi collettivi non si sottraggono ideologie/movimenti di più recente formazione, in cerca di collocazione in un mondo mutato, se non capovolto, che mal si fa costringere in vetusti schemi.
Va da sé che il tema è difficile e va da sé che non è questa la sede per tentarne un sia pur minimo approfondimento. Peraltro, la platea di riferimento è ben ampia. Ed infatti, l’interrogativo mi è tornato alla mente in relazione ad un contesto diverso da quello, stricto sensu, istituzionale/rappresentativo: Parlamento e scendendo pe il rami.
Orbene, l’interrogativo è questo. Ma è davvero vero che, presi singolarmente, siamo probi, per la maggior parte probi? Ma davvero la natura umana è capace di trasformare sé stessa ed assumere comportamenti diversi/opposti a seconda del contesto? Che le modifiche possano essere talmente radicali da trasformare il probo in delinquente? il saggio in demente? il responsabile in irresponsabile? Che un corpo sociale costituito nella sua maggioranza da “persone per bene”, se singolarmente considerate, possa divenire “mala bestia” se considerato nella sua interezza? Che si possa esser travolti da dinamiche collettive fino a tal punto?
O non è forse invece immaginabile che la copertura del contesto -consesso o folla che sia- liberi gli istinti perversi, di cui alle teorie sulla “folla delinquente” di Sighele, che, tuttavia, per apparire devono esistere, esser presenti “in interiore homine”, laddove “habitata veritas”?
Non è invece ipotizzabile che il corpo sociale in tanto si sbriciola in quanto e per quanto pervaso da troppi tarli/tarme che lo corrodono dall’interno? Che se questi/e non fossero tanti/e lo sbriciolamento non vi sarebbe? Che solo la loro esistenza, soprattutto nella fase sotterranea che non si mostra in superficie, e che per questo è tanto più pericolosa, è la causa del tracollo della struttura, a un dato punto inevitabile? Che “mala bestia” il corpo sociale diviene in ragione dell’acquiescenza dei tanti, del prevalere del loro istinto di conservazione, del quieta non movere et mota quietare, del diluirsi delle responsabilità nel “cosi fan tutte/i”, dell’auto assolvimento che ne consegue? del voltare lo sguardo? delle mancate, periodiche, disinfestazioni, in cui assenza tarli e tarme proliferano e portano a compimento la loro opera deleteria?
In definitiva, e più radicalmente, esistono in natura “probi viri”, o invece, secondo la costruzione hobbesiana dell’homo homini lupus, della guerra di tutti contro tutti, è solo il Leviatano a poter imporre e mantenere con la sua forza spaventosa (le ragioni del)la convivenza civile?
Non ho risposte. Come sempre mi interrogo e come sempre mi accade prevalgono i dubi. Il che a dire che non so se questo quadro sia troppo cupo, fosco, troppo intriso di pessimismo, ovvero non so se ad esso possano -ragionevolmente- essere opposti lo stare insieme, il lavorare insieme, una comune sollecitudine per il bene comune, per l’altro, quali condizioni possibili e, quindi, capaci di evitare la “mala bestia”.
di Arcangelo Monaciliuni
già Magistrato T.A.R. Campania
Costituzionalista