CICERO PRO DOMO SUA (PUR SE COSI’ NON E’) E LA SOLITUDINE DEL GIUDICE AMMINISTRATIVO MONOCRATICO (E QUI E’ COSI’). DI ARCANGELO MONACILIUNI

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Rispettare le statuizioni giurisdizionali -fermo che le stesse, se pur solo allorquando divenute res iudicata, pro veritate habentur- non ne implica tuttavia la condivisione. Mi fermerei molto volentieri qua, ma non rispetterei me stesso se lo facessi.

E’ dall’inizio della pandemia che sostengo la “preminenza” del potere centrale; oggi siffatto assunto, all’inizio controverso, costituisce ius receptum da parte della giurisprudenza amministrativa di merito. Ho scritto in tali sensi ancora di recente, in evidenza le ultime disposizioni statali e regionali.
Ne ho scritto poi in riferimento espresso alle misure adottate per la “scuola” a livello statale ed a livello regionale campano. Le mie tesi non sono risultate in linea con gli enunciati in diritto dei decreti cautelari del Tar Campania nn. 2025/2026/2027, ieri pubblicati. Enunciati, va detto, che non si discostano da quelli fatti propri nei decreti dei giorni scorsi del Tar Puglia, sia Lecce che Bari. Ed invero, il decreto presidenziale del Tar Puglia-Bari ha sì accolto l’invocata tutela cautelare provvisoria, ma senza negare la permanente sussistenza del potere regionale di intervenire.
Potestà, questa, che io invece nego in radice: si intende, nelle condizioni di fatto e di diritto in concreto date nelle fattispecie interessate, ovvero a mio avviso avendo, in detti casi, l’ultimo d.PCM 4 novembre 2020 e, in una, la (non impugnata) zonizzazione sottratto/consumato “in concreto” lo “spicchio” residuale di potestà regionali consentito dall’art. 3 del d.l. n, 19/2020 e/o, a monte, dall’art. 32 della l. 833 del 1978.
Ma, come ho ripetuto più volte, non possiedo il Verbo, presto pieno ossequio alle decisioni giurisdizionali (ci mancherebbe) e non son qui ora a reiterare argumenta in diritto, ovvero anche in fatto per far constare che le scuole sono aperte dappertutto: in Italia e nel mondo.
Non son qui a rispolverare questi argomenti anche in quanto credo che il vero nodo della questione non si ponga in “puro” diritto.
Che il sistema istituzionale sia crollato è un dato che a me appare di evidenza palmare.
Che una sorta di “terrorismo psicologico” martellante pervada ogni ora della nostra vita è un dato che anch’esso a me sembra difficilmente contestabile. E lo è oggettivamente, ossia anche ove a convenirsi sulla sua necessità/indispensabilità per convincere tutti a mantenere comportamenti adeguati per sconfiggere il “nemico mortale”.
Che sia in atto una singolare fuga dalle responsabilità, che vede posizioni capovolte, quasi che tutti oggi fossero in prevalenza tesi a lasciare il cerino nelle mani altrui, io credo sia anch’esso un dato sotto gli occhi di tutti.
Cmq. quel che fin qui ho esposto è quel che penso.
Il giudice amministrativo non è un alieno che vive in un altro mondo. Il che a dire che non può sfuggire a nessuno come sia molto difficile decidere serenamente, peraltro in solitudine, nelle cennate condizioni di “sfascio istituzionale”, nel mentre le ambulanze corrono lungo le strade cittadine per andare ad accrescerne la lunga fila che staziona davanti all’Ospedale Cotugno, nel mentre questo clima da peste manzoniana ci avviluppa sempre più, nel mentre ogni ulteriore chiusura è percepita, in sé e per sé, come cosa “degna e giusta”.
E’ una lotta impari, in cui far ricorso ad argomenti di diritto appare da alienati, posto che agli sterili e freddi richiami alle norme di legge vengono opposte le immagini, vive, palpitanti ed altamente efficaci, delle bare di Bergamo.
Andare oltre sarebbe inutile; purtroppo non vedo sacrifici sull’altare della Dea Ragione.
Sia sol dato a Tiresia di lanciare un ultimo monito: senza legge, senza diritto, regna l’anarchia, vieppiù perigliosa in tempi di pandemia. Caduta la diga, le ondate travolgeranno tutti e tutto, saremo ancor più gli uni contro gli altri, bande opposte faranno della strada il loro regno. Dio ci assista.