SCUOLA. L’EDUCAZIONE CIVICA TORNA DAL 2020-21: SARA’ AD ADESIONE VOLONTARIA

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Stop del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione alla sperimentazione dello studio obbligatorio dell’Educazione Civica già da quest’anno. Il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) si è infatti riunito oggi per l’espressione del parere sullo “Schema di decreto relativo alla sperimentazione nazionale in merito all’insegnamento trasversale dell’educazione civica in tutte le scuole del primo e secondo ciclo del sistema nazionale di istruzione”. La nuova legge sull’educazione civica entrerà quindi in vigore dall’anno scolastico 2020/2021.

Il CSPI, che ha espresso – a stragrande maggioranza (una sola astensione) – parere negativo sul decreto in questione prende “atto – si legge nel documento approvato dal Consiglio superiore della Pubblica Istruzione – favorevolmente dell’approvazione quasi unanime da parte del Parlamento della norma che introduce l’insegnamento di educazione civica negli ordinamenti delle scuole di ogni ordine e grado. E’ evidente che si tratta di un provvedimento che risponde ad una esigenza molto sentita nell’opinione pubblica, anche se la legge, nell’intento di seguire queste attese, presenta non poche difficoltà tecniche di applicazione”.

La nuova legge, entrata in vigore lo scorso 5 settembre, ad anno scolastico iniziato, decorrerà, quindi, a partire dall’anno scolastico 2020/21. Nel merito il Cspi riscontra che il provvedimento del Miur: non individua la platea delle istituzioni scolastiche potenzialmente coinvolte nell’eventuale sperimentazione e le modalità della loro adesione; non prevede una “durata definita” del progetto sperimentale proposto; non indica con chiarezza gli “obiettivi” che dovrebbero caratterizzare la sperimentazione né le finalità e i risultati attesi; non prevede alcuna “valutazione di risultati”, mancando ogni riferimento ai soggetti, alle modalità e ai tempi con cui si intende a tal fine procedere.

Il Cspi “rappresenta, altresì, che questa sperimentazione, sia pure ad adesione volontaria, non sarebbe oggi praticabile in quanto comporterebbe una serie di adempimenti sul piano organizzativo e didattico di difficile attuazione e tali da compromettere la qualità ed il significato della sperimentazione stessa”.

Secondo il Cspi, infatti, “risulterebbe sicuramente sconvolto il curricolo e il piano di attività, già predisposto per l’a.s.2019/20, inserendo l’insegnamento trasversale dell’educazione civica attraverso la quota della autonomia riservata alle scuole per trentatré ore annuali, adempimenti che le stesse hanno già realizzati da tempo”.

Il Cspi, inoltre, fa presente che per introdurre una riforma di tale portata, che intende coinvolgere tutte le scuole dall’a.s. 2020/21, servirebbe una strategia diversa, fondata su: la condivisione del senso dei cambiamenti proposti (non esiste, a tutt’oggi, una specifica epistemologia della disciplina “educazione civica”); la preparazione che eviti improvvisazioni (in questo caso mancano le integrazioni alle “Indicazioni Nazionali” per il primo ciclo e per i licei e alle “Linee Guida” per i gli istituti tecnici e professionali); la valorizzazione di quanto di interessante le scuole hanno già realizzato sull’argomento; un rapporto molto più stretto col territorio di riferimento per rendere significative le esperienze di educazione civica progettate; il coinvolgimento e la corresponsabilità degli enti locali, componenti indispensabili per la progettazione; l’abbandono del triste rituale delle clausole di invarianza (nessun incremento di organico del personale; assenza di specifiche risorse finanziarie) che costringe a fare affidamento solo sulla buona volontà di insegnanti e dirigenti.

Il Cspi, in conclusione, “ritiene necessario non dare avvio alla sperimentazione” suggerendo, invece, di utilizzare l’anno scolastico in corso per: preparare studenti e genitori al significato del nuovo insegnamento, anche in previsione delle opportune ridefinizioni dei patti di corresponsabilità; chiarire il rapporto tra la nuova disciplina e i comportamenti sociali e civici (anche alla luce delle nuove “competenze-chiave” europee del 22 maggio 2018); realizzare adeguate iniziative di formazione del personale scolastico; studiare modalità di valutazione del nuovo insegnamento – anche nelle sue connessioni con gli strumenti attualmente esistenti, quali le rubriche di valutazione – che chiariscano i diversi livelli di apprendimento corrispondenti ai voti, la certificazione delle competenze e il sistema degli esami.