10 FEBBRAIO: RICORDIAMO LE VITTIME DELLE FOIBE.

Come ogni anno, il 10 febbraio si celebra il Giorno del ricordo delle foibe.

Uno degli eccidi più dolorosi per l’Italia,  compiuto ad opera dei Comitati popolari di liberazione jugoslavi, durante la Seconda Guerra Mondiale e nell’immediato secondo dopoguerra, a danno della popolazione della Venezia Giulia e della Dalmazia. Il nome deriva dai grandi inghiottitoi dove furono gettati molti dei corpi delle vittime, che nella Venezia Giulia sono chiamati, appunto, “foibe“. Il massacro è da ricondurre alla contesa tra Italiani e popoli Slavi per il possesso delle terre dell’Adriatico orientale. Le vittime furono circa undicimila.

All’eccidio conseguì anche un esodo forzato della maggioranza  dei cittadini di etnia e lingua italiana dai territori del Regno d’Italia, . L’esodo era comunque già iniziato prima della fine della guerra per diversi motivi che andavano dal terrore sistematico provocato dai massacri delle foibe, annegamenti, deportazioni dei civili italiani in campi di sterminio operato dalle forze di occupazione jugoslave, al timore di vivere sottomessi alla dittatura comunista in terre non più italiane.

Poche sono le testimonianze di persone che sono riuscite a salvarsi, risalendo dalle gole, e tra questi Graziano Udovisi, Giovanni Radeticchio e Vittorio Corsi. Proprio Giovanni Radeticchio, ha descritto la sua esperienza:

« dopo giorni di dura prigionia, durante i quali fummo spesso selvaggiamente percossi e patimmo la fame, una mattina, prima dell’alba, sentii uno dei nostri aguzzini dire agli altri “facciamo presto, perché si parte subito”. Infatti poco dopo fummo condotti in sei, legati insieme con un unico filo di ferro, oltre a quello che ci teneva avvinte le mani dietro la schiena, in direzione di Arsia. Indossavamo i soli pantaloni e ai piedi avevamo solo le calze. Un chilometro di cammino e ci fermammo ai piedi di una collinetta dove, mediante un filo di ferro, ci fu appeso alle mani legate un masso di almeno 20 k. Fummo sospinti verso l’orlo di una foiba, la cui gola si apriva paurosamente nera. Uno di noi, mezzo istupidito per le sevizie subite, si gettò urlando nel vuoto, di propria iniziativa. Un partigiano allora, in piedi col mitra puntato su di una roccia laterale, c’impose di seguirne l’esempio. Poiché non mi muovevo, mi sparò contro. Ma a questo punto accadde il prodigio: il proiettile anziché ferirmi spezzò il filo di ferro che teneva legata la pietra, cosicché, quando mi gettai nella foiba, il masso era rotolato lontano da me. La cavità aveva una larghezza di circa 10 m. e una profondità di 15 sino la superficie dell’acqua che stagnava sul fondo. Cadendo non toccai fondo e tornato a galla potei nascondermi sotto una roccia. Subito dopo vidi precipitare altri quattro compagni colpiti da raffiche di mitra e percepii le parole “un’altra volta li butteremo di qua, è più comodo”, pronunciate da uno degli assassini. Poco dopo fu gettata nella cavità una bomba che scoppiò sott’acqua schiacciandomi con la pressione dell’aria contro la roccia. Verso sera riuscii ad arrampicarmi per la parete scoscesa e guadagnare la campagna, dove rimasi per quattro giorni e quattro notti consecutive, celato in una buca. Tornato nascostamente al mio paese, per tema di ricadere nelle grinfie dei miei persecutori, fuggii a Pola. E solo allora potei dire di essere veramente salvo. »

Il Giorno del ricordo fu istituito con L. 30 marzo 2004 n.92: la data prescelta è il giorno in cui, nel 1947, fu firmato il trattato di pace  che assegnava alla Jugoslavia l’Istria e la maggior parte della Venezia Giulia.

 

foibe esempio di inghiottitoio in cui venivano gettati i corpi delle vittime.

esodo “scene dell’esodo” foto di G. Poso della nave Toscana che imbarca i profughi di Pola.

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