“Ehi, Tu. Vieni qua! ” un suono metallico e lontano mi chiamava e mi invitava dal corridoio del Tribunale presso cui mi affaccendavo a riordinare le ultime scartoffie. Non capivo da dove provenisse. Di nuovo, lo stesso invito, la stessa voce metallica. “Sei talmente abituato a rilassarti su di me che nemmeno Ti accorgi di quanto la Tua storia passi attraverso me! “. Dal corridoio, insospettito, mi affacciai all’uscio del mio ufficio. Uno scricchiolio sempre più continuo ed insistente attirava la mia attenzione. Basito, guardai la sedia.”Si! So’ io! La sedia Tua. La stessa sedia che fu anche di Tuo padre. Quella sedia che, quando in questi luoghi giunse, ascoltò le mura parlare di Tuo nonno , che diede lustro, orgoglio e gloria a cotanta istituzione. Embé,? voglio parlare! In questo ufficio ho visto entrare signori e signorotti, galantuomini, perbenisti e prepotenti. ‘O rispetto risuonava in queste stanze come fosse la strada dell’ onore, quello alto che mai si può macchiare! La deontologia. Eeee.. che parolone! Giudici che furono modelli ed insigni professori, combattenti per la Giustizia con un atteggiamento di fondo che rende nobile questa magnifica professione, Monti, Mario Parente, Villari, Militerni. Dove stanno più? È finita la loro scuola, oppure si è spento il senso del Valore? I Vice pretore Scaglione e Zabatta furono fiore all’occhiello di una società che con fiducia riponeva le incresciosi situazioni tra mani oneste e sicure. Avvocati come Mario Buono, Mario Pettorino, Giovanni Di Meglio, Capezza, avvocato che hanno dato viva testimonianza, lustro e storia al Foro locale. Oggi tutto sembra cambiato. Tutto sembra un gioco tra bambini dispettosi. Tutto è un gioco a farsi male. In pochi hanno capito che siamo membra di un unico corpo. E quanto piacere ha un membro del corpo a vedere un altro membro soffrire? La mano, forse, gioisce quando un piede calpesta un chiodo? Lo stomaco ride quando c’è mal di testa? L’occhio, forse, si vanta con la bocca perché l’occhio può vedere e la bocca no? Quanta concorrenza esiste fra i vari membri di un unico corpo professionale? Ecco, amico svelto e indaffarato, ecco perché tra uno scricchiolio e un lamento Ti chiamavo. Quando, stanco, posi le Tue membra sul mio sgangherato cuscino, ecco, sento la Tua enfasi a cercare di aggiustare situazioni di giustizia che giuste vogliono solo essere giudicate ma faticano ad esserlo nella sostanza. In Te nelle Tue vene scorre sangue misto a Legge. Al Tuo passare con rumori scricchiolanti mi faccio sentire mentre le mura circostanti il nome Tuo riNtuonano. Non dimenticare chi la Giustizia ha servito con onore e, finché potrai, fai sentire la Tua voce. Tremino le stanze che furono le stesse che nomi illustri hanno ospitato e porta il mio messaggio ovunque ne giunge l’eco Tua. Se un orecchio dovesse scoraggiarsi perché non è un occhio e perciò non volesse più impegnarsi ad udire, volendo cercare di vedere, a quel corpo mancherebbe l’udito. Se i piedi dovessero abbandonare il loro lavoro di camminare per cercare di essere anche loro delle mani in più, quel corpo sarebbe zoppo e non potrebbe spostarsi. Solo essendo uniti, ognuno svolgendo al meglio la propria mansione, si potranno salvare quei valori che hanno fatto la storia del Tribunale e che Tu porti dentro ai Tuoi cromosomi generazionali con tanta dignità. La professione sia fuoco ardente nell’inverno dell’etica”. Dopo queste parole la sedia si ricompose, seria, nel suo apparentemente freddo ruolo di sempre. Io, delicatamente carezzandola, ancora una volta come sempre mi sedetti a riflettere sul mio ruolo mentre ella continuava, integra, nel suo.
Di Antimo Puca