21 agosto 2017, ore 20.57: pochi, interminabili, maledetti secondi hanno cambiato la vita a migliaia di persone, piccoli e grandi, e hanno strappato la vita a due donne, Marilena e Lina, che si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Tanta gente soprattutto della zona del Maio, della Sentinella, del Fango, costretta da allora ad una moderna e forzata “diaspora”, che li ha portati a distribuirsi tra alberghi e case prese in fitto, e la disponibilità di familiari che li stanno ospitando, su tutto il territorio dell’isola. Pochi gli irriducibili che non hanno voluto lasciare il fronte, rimasti a sorvegliare le macerie, inerti sentinelle, aspettando che lo stato arrivasse con le soluzioni, per far rinascere la vita. Da quella tragica sera nella zona della distruzione c’è ora solo tristezza e silenzio.
Lo stato si è visto, in questi due anni, così come la chiesa: dal presidente Mattarella in poi, in tanti hanno visitato, sfilato, stretto mano, ascoltato appelli e grida di dolore, benedetto e provato a consolare.
Visite a caldo o in prossimità di campagna elettorali, regionali e comunali. Visite e promesse fatte a persone che, nella disperazione, desideravano ascoltare per continuare a credere nel futuro. Ma i fatti, dopo le parole, per rendere in futuro migliore non si sono ancora visti.
Nel frattempo, il resto dell’isola ha provato a cambiare pagina, a dimenticare, a circoscrivere il fenomeno, stretto nel perimetro della tristemente nota zona rossa.
E i terremotati, dovunque sistemati, anelano ancora ad una sistemazione certa e duratura; i più aspirano ad un ritorno a casa loro. Ma sanno tutti in cuor loro che tutto non potrà tornare come prima. Anche se tutto non può essere lasciato come è ora. Questa la situazione nel triangolo tra Casamicciola, la più danneggiata, Lacco Ameno e Forio, colpita violentemente seppur di striscio.
Ed a quattro anni dal sisma, nonostante le tante, troppe promesse, di fatti concreti, nella zona del terremoto, non se ne sono ancora visti.