PROCIDA: ISTITUITO L’UFFICIO DEL COLORE

L’istituzione dell’Ufficio del Colore all’interno dell’Ufficio Tecnico del Comune è un importante passo nella direzione della salvaguardia e della tutela del patrimonio storico-architettonico isolano, unico nel Mediterraneo. L’Ufficio del Colore garantirà l’applicazione del Piano del Colore, progetto redatto dagli architetti Giulia Muro, Vincenzo Muro e Leonardo Ridda con la collaborazione scientifica di Salvatore Di Liello, docente di Storia dell’Architettura all’Università degli Studi di Napoli Federico II. La funzione dell’Ufficio del Colore sarà di istruire le pratiche edilizie nel rispetto degli obiettivi e delle procedure del Piano approvato nel febbraio 2015 dalla passata amministrazione per ostacolare il processo di degrado in atto che sta causando la distruzione dei nostri beni architettonici. Il Piano è il prodotto di un lungo lavoro di esame del materiale storico (iconografie e fotografie), di osservazione dei supporti originari ancora presenti sul territorio, oltre che di studio della nostra architettura, suddivisa in colta, spontanea e commerciale (piano botteghe). Quest’ultima richiede un’attenzione particolare perché si rinnova più di frequente e soprattutto è la parte dei fabbricati (colta o spontanea che sia) che necessita di impianti, di insegne e di altri elementi che se non curati nel dettaglio sono inevitabilmente di forte disturbo per la conservazione degli immobili. In una strategia multidisciplinare, nel Piano sono confluiti differenti ambiti: la dimensione antropologica dell’architettura, le tecniche costruttive, i materiali impiegati, gli aspetti legati ai colori, alle forme e alle volumetrie. Inoltre nel Piano sono individuati gli ambiti specifici del territorio rispetto ai quali dovranno essere redatti dei piani particolareggiati. Questi ambiti individuano le unità architettoniche, la loro conformazione e l’alternanza cromatica, come passaggio inevitabile dal micro al macro per una lettura di dettaglio all’interno dell’ambiente di appartenenza. Ad oggi è stato redatto solo il primo piano particolareggiato, quello di Sancio Cattolico. Con l’Ufficio del Colore, il cui incaricato è Michele Sabia, il Comune passa finalmente a una fase applicativa del Piano, cercando di renderlo immediatamente fruibile da tecnici e cittadini. Tra i propositi, tornare alle unità architettoniche originarie che spesso non coincidono con l’unità catastale o di proprietà, introdurre la cartella colori e materiali con nuove tecniche da affiancare a quelle tradizionali, riqualificare gli interventi alteranti per quel che riguarda gli intonaci, gli infissi, i balconi, i pianterreni, definire le norme di attuazione per la redazione di progetti di rifacimento delle facciate. “Le norme di attuazione del piano indicano tutti i passaggi necessari per eseguire un restauro corretto, iniziando dalla lettura dell’unità architettonica. La compilazione delle schede opportunamente predisposte presuppone lo studio del fabbricato, considerandolo nel contesto più ampio in cui va a inserirsi. Quest’iter porterà a quello che definiamo il progetto consapevole della facciata” spiega Giulia Muro. Il programma descritto intende orientare tutti i soggetti coinvolti negli interventi sul patrimonio edilizio dell’isola. Il tecnico – professionista responsabile degli interventi sulle strutture – costituisce il perno centrale di collegamento tra il committente, le maestranze, i fornitori e gli uffici preposti al rilascio dei permessi oltre che alla verifica della corretta esecuzione. Come suggerisce la vice Sindaco Titta Lubrano Lavadera, con delega all’edilizia e alla pianificazione territoriale, “sarà molto importante coinvolgere i tecnici per definire le procedure, chiarire le modalità di compilazione delle schede istruttorie degli interventi e poter così ottenere progetti in linea con il Piano. Inoltre, saranno formati degli addetti della Polizia Municipale per esercitare gli opportuni controlli sullo svolgimento dei lavori. Saranno anche applicate delle sanzioni (dai duemila ai diecimila euro) per opere eseguite in difformità alle norme”. Fattore chiave di successo saranno la promozione e la diffusione dei contenuti del Piano, impegnando risorse per formare e informare gli addetti ai lavori (tecnici, maestranze, fornitori) e tutta la cittadinanza: il Piano deve essere uno strumento condiviso per poter incidere sul tessuto sociale. Ma soprattutto, il Piano rappresenta uno strumento di tutela e al tempo stesso di trasformazione e di utilizzo dei beni. Purtroppo, uno sviluppo non programmato, scarno di riferimenti culturali, e contaminazioni non in linea con la nostra tradizione, ha causato la parcellizzazione delle unità architettoniche, l’uso improprio del colore e dei materiali, la frammentazione tra piano bottega ed edificio di appartenenza, l’utilizzo di tecniche costruttive non idonee. Il risultato è stata la perdita degli elementi tipici dell’architettura isolana. Come sottolineano i progettisti, “la vera questione non è congelare il patrimonio bensì trasformarlo con rispetto. Oggi solo le strutture non restaurate mantengono le caratteristiche proprie della nostra architettura. Sarà pertanto lo studio e l’approfondimento dei temi, e l’osservanza delle procedure previste dal Piano che ci guideranno a mantenere un atteggiamento di riguardo e cautela nei confronti dei fabbricati su cui interveniamo”. Gli obiettivi sono dunque soprattutto culturali: occorre un processo di affinamento della sensibilità, per fare in modo che l’architettura possa essere percepita dal cittadino come un bene, parte dell’unicum che è Procida. “L’ambiente ed il patrimonio architettonico locale sono parte integrante della nostra identità; essi si conserveranno se i cittadini saranno capaci di riconoscerne l’unicità e quindi di preservarli come valori condivisi, conoscendo e rispettando le norme del Piano del Colore, che sono sì nuove, ma comunque in continuità con il Piano Paesistico ed il successivo Regolamento Edilizio, di molti anni precedenti: questi principi vanno riscoperti e valorizzati, facendo in modo che noi noi procidani ci innamoriamo ancor di più dei nostri luoghi, testimoni della nostra storia” sostiene Titta Lubrano. La visione ispiratrice dei progettisti Muro e Ridda è molto ampia: essi definiscono il patrimonio ambientale e architettonico come l’eredità delle generazioni che ci hanno preceduto, il retaggio dei padri, ciò che ci definisce come comunità. Rovinare il nostro patrimonio equivale ad autodistruggersi. “Riconoscere la bellezza non è scontato.” afferma Giulia Muro “La sensibilità va sollecitata e il gusto coltivato. Abbiamo tanti palazzi e contesti di pregio, che andrebbero mostrati e spiegati ai più giovani. Andrebbero promossi progetti di educazione alla bellezza”. Nel frattempo, ci auguriamo che l’Ufficio del Colore riesca a operare al meglio, a garanzia della comunità e della sua identità.

A cura di Vivere Procida

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