Abbattimenti ed abusivismo di necessità
Raccogliendo le manifestazioni di disagio delle associazioni in difesa del diritto alla casa dell’intera Regione, dalle isole alla terraferma, l’Unione delle associazioni “Io Abito – Regnum Siciliae” ha indetto una manifestazione a Napoli per lunedi 20 gennaio. Il corteo partirà alle ore 9 da Piazza Garibaldi e giungerà alla sede della Regione Campania al centro direzionale.
In queste ore, i vertici dell’associazione hanno inviato una lettera di invito ai sindaci:
“Continua a dirigersi verso i più deboli l’azione delle Procure campane, insensibili finanche verso chi soffre
una condizione di disabilità.
In una terra notoriamente martoriata dall’abusivismo edilizio, dove l’abusivismo è parte integrante della storia urbanistica regionale (una storia di cui sarebbe interessante ricostruire le dinamiche, i ruoli, le responsabilità)
chi demolisce cosa e come? Da dove si inizia? Si è in grado di demolire l’intero edificato? A che prezzo? E con quali conseguenze? La complessità del fenomeno avrebbe dovuto richiedere una strategia ponderata di azione.
Si pensa bene invece di proseguire nella demolizione delle case degli ultimi…quelle più facili da abbattere.
Quelle che (almeno inizialmente) creano meno problemi. Le conseguenze sociali si apprezzeranno sul medio-lungo periodo.
Ancora una volta abbiamo assistito impotenti ad una escalation a ridosso del Natale, quando più dolorosa diventa la perdita della propria abitazione. Più difficile rimuoverne il ricordo. Più vulnerabile la famiglia da sacrificare privata
di ogni capacità di reazione. Ed allora è al Sindaco che noi ci appelliamo. A quella Istituzione che come rappresentante della comunità locale è anche la forza del suo popolo, incarnazione simbolica dell’equità, della
giustizia, della prudenza, presidio istituzionale a difesa dei diritti fondamentali della comunità. Ci rivolgiamo al Sindaco, che nella fascia tricolore sintetizza i valori fondanti della Costituzione, certi che, come in passato, saprà discernere ciò che è bene e ciò che male, conoscendo la complessità del territorio e quindi delle vicende che può
generare, certi che non mancherà di corrispondere alla sua funzione politica più alta, quella di rappresentare il popolo che amministra.
Come si è già avuto modo di evidenziare, la vicenda delle demolizioni di abitazioni di necessità in Campania (alla quale si è di recente aggiunta la Sicilia), lungi dall’essere una questione marginale e che come tale può suscitare o meno l’attenzione delle pubbliche autorità, è vicenda di primaria importanza idonea sul lungo periodo ad
assumere il carattere di una piaga sociale di ingestibili proporzioni e dalle conseguenze devastanti sul
tessuto socio-economico dei territori interessati. Merita pertanto si essere approfondita.
L’azione incauta di talune Procure campane ha colpito al cuore delle fragilità insite nelle collettività territoriali,
mostrando di sapersi dirigere unicamente su quella componente debole della comunità -probabilmente quella
più vulnerabile per carenza di mezzi difensivi – incurante degli effetti che un devastante colpo di coda sarebbe
stato in grado di produrre sul tessuto socio-economico regionale, in un contesto di crisi economica
generalizzata e di assenza di alternative abitative a condizioni accessibili.
L’operato della Magistratura campana (che giunge del resto tardivamente ed esclude palesemente dal suo
raggio d’azione la grande speculazione, considerando ogni iniziativa edificatoria come espressione
d’illegalità) si fonda su premesse puramente ideologiche che associano l’abusivismo ad una presunta
inclinazione criminale di ampi segmenti di popolazione meridionale, mostrandosi di fatto incapace di
sviluppare un’analisi dei più complessi fattori genetici del fenomeno.
Appare significativo al proposito quanto sta lentamente emergendo sullo stato della pianificazione urbanistica
in Campania. Dati che hanno trovato (e trovano) conforto in autorevoli pareri a dispetto di una retorica (anche
politica) che pure ha tentato -contro ogni evidenza- di giustificare lo status quo.
In un recente studio realizzato dalla Scuola di Governo del Territorio con la collaborazione di Ance, sotto il
coordinamento del Prof. Francesco Domenico Moccia (ordinario di Pianificazione Urbanistica all’Università
Federico II di Napoli), , è emerso che sono solo 71 (pari al 13% circa del totale) i comuni che hanno
approvato un Piano urbanistico comunale; per gli altri 479 (l’87% circa) resta vigente un Piano
regolatore generale (strumento risalente nel suo impianto originario alla fine degli ’70), un Programma
di Fabbricazione o sono addirittura privi di uno strumento urbanistico. Tra questi, 75 enti locali devono
passare dalla fase di adozione a quella di approvazione e un terzo dei comuni campani (184 su 550,
il 33% circa) non ha ancora avviato alcuna procedura di elaborazione.
La ricerca fa seguito ad un’inchiesta più risalente del quotidiano “il Mattino” nella quale si riportava che su
158 comuni, in provincia di Salerno, appena 6 sono dotati di un Piano urbanistico (PUC); e che ben
117 sono dotati di un piano regolatore generale (strumento che, come sopra specificato, benché variamente
ritoccato o modificato, risale nel suo impianto originario- alla fine degli anni ’70).
Alla carenza (strutturale) di moderni strumenti di pianificazione territoriale, aggravata da un regime
vincolistico calato “a cartina geografica”, si aggiunge la carenza di adeguate politiche abitative volte a
sostenere l’accesso alla prima abitazione, così come la sostanziale assenza di modelli di promozione
abitativa concepiti sull’esempio della concezione nord-europea del Social housing.
Alla vicenda delle demolizioni delle abitazioni di necessità si lega il destino politico della Campania,
la credibilità istituzionale delle rappresentanze locali, ma soprattutto le sorti economiche e sociali
della nostra terra”.