Come al solito la fede cristiana ribalta tutto, a cominciare dalle immagini. E per celebrare la regalità di Cristo, la liturgia ci presenta il nostro Re nei panni di un condannato a morte, appeso alla croce. Ormai ci abbiamo fatto l’abitudine, ma, a pensarci bene, l’idea è a dir poco sconcertante. Sarebbe stata più politically correct, più rispondente allo stereotipo del re vittorioso, o, come lo chiama l’Antico Testamento, il “Signore degli eserciti”, l’icona di Gesù trasfigurato sul Tabor, o del Cristo risorto. Mancherebbe tuttavia un elemento, anzi due, tanto nell’immagine del Figlio di Dio trasfigurato, che in quella del Risorto: la corona e il trono.
E invece, il nostro Re è il Crocifisso! La corona è un fascio di spine e il trono è il patibolo infame della croce. La ‘cerimonia’ di incoronazione avvenne quel venerdì, sul Calvario; e in forza di quel rito crudele e straziante, dove la violenza fisica era addirittura superata da quella morale – umiliazioni, insulti, derisione… -, Gesù diventò davvero Re dell’universo.
Che cosa ne abbiamo fatto di questa verità?
Il quarto evangelista inserisce nel racconto della Passione il dialogo tra Gesù e Pilato; costui aveva tentato di evitare l’incontro: un po’ perché i reati contestati al figlio del falegname dalle autorità religiose ebraiche non rientravano nelle competenze del tribunale romano; e un po’ perché la moglie del Governatore gli aveva consigliato di non aver nulla a che fare con quel giusto (cfr. Mt 27,19).
Quante volte è già risuonata questa parola: verità! esistono verità con la ‘v’ minuscola, e sono le verità degli uomini, le nostre verità. Ed esiste la Verità con la ‘V’ maiuscola, ed è la Verità di Dio. Ma di questa Verità, gli uomini non si curano in modo serio, in modo integrale, in modo fattivo.
A meno che la Verità di Dio non coincida con le nostre, noi preferiamo le nostre.
E il Vangelo?
Certo, il Vangelo viene prima, che domande! Il Vangelo non si discute! Il Vangelo è sacro!
Ma chi di noi avrebbe il coraggio di dichiarare che non solo ne conosce il testo, ma che questo testo costituisce il cibo quotidiano, grazie al quale può affrontare le sfide della storia presente?
Che cristiani saremmo se non frequentassimo regolarmente la Parola di Dio?
La vicenda del ladrone pentito, raccontata solo da San Luca, rappresenta l’ultimo gesto di misericordia operato dal Signore, prima di entrare nella vita eterna. Del resto, il terzo Evangelo, cosiddetto della misericordia, non poteva concludersi diversamente.
Quell’uomo, colpevole di un crimine tanto esecrabile da meritare il peggiore dei supplizi, ci rappresenta tutti; è un po’ come se anche noi entrassimo virtualmente nella vita eterna, condotti per mano dal Signore e accolti dal Padre suo.
La vicenda terrena di Gesù di Nazareth si conclude con un bagno di misericordia per tutti coloro che erano stati testimoni della sua Passione. Percuotersi il petto è segno di pentimento; e chi si pente, anche in punto di morte, come il ladro crocifisso accanto a Gesù, è perdonato; non importa quanto sia grave il suo peccato. Comodo? Se fosse comodo, ci pentiremmo in molti di più, e non solo a parole. Invece, quanto è difficile chiedere scusa!
Condivido questa mia riflessione affinché la Chiesa di Ischia sia esempio di una giustizia fondata sulla Misericordia. Che la Chiesa di Ischia sia esempio di perdono come Luce tra le genti in questo lungo inverno dell’etica e dei Valori fondato, purtroppo, sul facile giudizio.
Antimo Puca.