SINDACI, DI CHI?… DI ANTIMO PUCA

I sindaci non rappresentano più la popolazione. I cittadini si trovano a cercare persone che coniughino, di facciata, politica e management. Ma la Cosa Pubblica non si gestisce come quella privata. Almeno in teoria. Come troppo spesso accade, a spuntarla è un pirandelliano “meno peggio”. Gli equilibri sociali, imprescindibili per una classe dirigente che volesse restare tale, sono mantenuti con una più efficace scala di controllo, sulla quale classificare meglio lo status di ciascun membro e quindi stabilirne il ruolo e il valore monetizzabile nella società contemporanea cercando di soddisfarne le attese del minimo sindacale. Da questa condizione delle “economie gestite” nascono nuove figure a mezza via tra la politica classica e la “managerialita’ utile”, un conio che definisce bene la figura del manager prestato alla politica. Questo si dice dei tanti che si trovano a occupare gli scranni più alti del potere politico, sia esso locale piuttosto che nazionale, votati dal popolo e per questo legittimati “alla utilità” intesa esattamente come da vocabolario, ossia ciò che è utile a un fine. Questa figura piace molto perché allontana il cittadino da nefasti pensieri di una politica ladrona e dissennata, rendendogli un’idea di efficienza e di capacità nel distribuire la ricchezza. È chiara la base socio/economica che stabilisce l’evoluzione, ma anche il lento cambiamento, più spesso l’inatteso fattore di correzione derivante da agenti esterni, da forze insondabili o generate da fattori endogeni a un sistema di potere, qualunque esso sia. Ischia non è esclusa da questa subsidenza intellettuale che porta a un appiattimento del senso critico. La “Buona Società” appare contaminata, se non machiavellicamente sedotta. Dunque, scarsamente critica. C’è il popolo, variegato e indifferentemente distribuito nella Società, un tempo portata al dialogo e l’incontro, oggi alienata e pressoché catalogata attentamente, spiata nel privato, controllata e largamente gestita. Meno compreso ma assai più insidioso è l’elemento “convenienza”, recondita funzione della mente, spesso meccanicamente automatica, umanamente condivisibile dai più e mai esplicitamente ammessa. Gli schieramenti politici si muovono facendo molta attenzione al potere da accontentare e alla massa da pilotare, basi su cui costruire, grazie anche alle “think thank”che studiano “ad hoc” il costume, la maschera e le parole chiave da usare. Le diverse strategie sono ben presentate anche nel libro “Della Guerra” di Clausewitz e nelle varie didattiche di marketing, usate oramai da chiunque voglia vendere qualcosa. Ma c’è una forma “del male minore”, controversa teoria che nega la ricerca dell’uomo migliore per uno “meno peggio”,pare molto amata soprattutto in ambienti poco fluidi se non statici.  C’è sudditanza, astinenza o indifferenza, tanta è l’assenza e la distanza tra il potere e gli ultimi. La logica è semplice. In molti si schierano a favore di questo “cittadino” considerato “il male minore”. Non serve J. Nash con la sua teoria dei giochi. Ma davvero noi ischitani non riusciamo a fare meglio? Non ci sono i fondamenti dell’interesse popolare i una logica di gestione manageriale dove il profitto prende il posto della necessità, dove il guadagno nega le priorità, dove la periferia diventa una prateria di voti facili in cambio di promesse senza mai arrivare a un vero impegno con delle strategie del cambiamento risolutive e massicce, se mai occasionali e minimali giusto per dare suggestioni più che soluzioni. Questo governo, furbescamente definitosi solidale ed “eco”, ha saputo attivare la esternalizzazione dei servizi alla quale demandare ogni responsabilità per coprire inadempienze e limitarne i danni politici e di immagine(vedi le strade piene di buche e malamente riparate, la Siena, i Bel Vedere abbandonati, Via Francesco Buonocore, il carcere, etc) Ha ben gestito i poteri. Ha anche mosso molto bene sul mercato azionario le società partecipate ed è riuscito a sganciare alcune zavorre facendo cassa ma soprattutto lavandosene le mani per evitare diverse questioni come l’annoso argomento La Siena, ‘A bocca vecchia, ed inquinamenti vari prodotti. Di questi argomenti non se ne parla molto. Si preferisce fare un ritorno immediato in termini di sondaggi e visibilità.Ha poi fatto tanto per muovere l’economia delle costruzioni legate ai gruppi di riferimento e ad alcuni ingenti investimenti, cemento su cemento poco “eco” ma molto finanziario, muovendosi con destrezza in un mondo che solo gli adepti(la oligarchia contemporanea) possono conoscere. Una giunta obbediente al capo, pronta a isolare la opposizione ogni qualvolta fosse necessario blindare un argomento in sede di dibattimento. Questo manager che ha imparato a fare il politico, accettato da una fazione in stato confusionale, priva di idee alternative che ragiona con la logica del “male minore” e che scende nelle piazze gridando slogan anacronistici, ancora assoggettata a una idea di resistenza a oltranza contro una anti-democrazia, un “evergreen” per  risvegliare l’anima comunista, senza essere capace di combattere per una centralità delle sofferenze del cittadino più lontano. Si materializzano i fantasmi del passato al tal punto da evocare il fascismo per ricompattare i ranghi. Si gridano frasi fatte sull’inquinamento, iniziando dalla riduzione degli sprechi individuali come ovvio, tuttavia poco attuati in primis dal Comune, argomento da non incentivare giacché poco remunerativo. Una Ischia blindata contro le auto che sembra trarre più guadagni da questo feudo che benefici per la qualità dell’aria. Sullo sfondo di questa Ischia in attesa, le contorsioni della politica incapace di fare analisi ponderate e totalmente dipendente dalle società di consulenza che ragionano con i numeri sulla gente, oltre che nelle mani di un uomo molto ambizioso che si compiace dall’alto del suo scranno e della sua capacità di coagulare il potere politico con quello economico, pronto a indossare la casacca giusta “pro domo sua” rivendicando il suo “modello” vorace e determinato soprattutto a saziare il proprio alter ego, a scapito di chiunque gli neghi il ruolo di autore principale su un palcoscenico ischitano oggi più che mai pirandelliano.

di Antimo Puca

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