Per il buon vivere dell’isola occorre un piano serio di mobilità territoriale.
Così come da circa quarant’anni appena arriva l’estate si rinnova la liturgia che prevede divieti di circolazione veicolare più o meno estesi con le susseguenti e inevitabili discussioni, una volta ai bar, dal parrucchiere, dal salumiere o nei luoghi di ritrovo oggi, molto più semplicemente e comodamente, attraverso i social.
La prima domanda è piuttosto intuitiva: è mai possibile che in tutto questo tempo non si sia trovata, una ricetta efficace per risolvere la questione? La risposta è altrettanto semplice: evidentemente no!
Le motivazioni, probabilmente, sono più di una ma, comunque, riflettono le esigenze di un territorio fino agli anni ’70 votato interamente all’economia del mare (marittimi e pescatori), con i suoi usci e costumi (la macchina è stata sempre considerata uno status quo) ma che poi ha trovato sempre più sfogo in un tessuto commerciale che, prevenendo o assecondando un crescente interesse turistico, oggi conta oltre trecento partite iva che, per un lembo di terra di poco più di tre chilometri quadrati,
rappresenta un vero e proprio record.
In questo si racchiude, a mio parere, l’elemento cardine e la partenza di ogni considerazione. Il turismo, infatti, in un modo o in un altro, prima come fonte di integrazione al reddito poi come forma di sussistenza di un numero sempre maggiore di famiglie, impone dei meccanismi (professionalità degli addetti, marketing, salvaguardia del territorio e delle tradizioni, redditività
dell’impresa, etc) che, con le attuali modalità (poco più di due mesi di piena) non riesce a dare risposte.
Per questo ci troviamo al cospetto di un comparto che tenta di “sopravvivere” puntando sul turismo estivo, da un lato, chiedendo alle autorità una serie di “tolleranze” o rigidità (a secondo sei casi) rispetto alle regole esistenti, dall’altro, quando si ritorna nel proprio guscio familiare,
mantenere inalterate i propri usi, costumi e la tranquillità propria di un’isola.
Rispetto a questo la politica, nel corso degli anni, diciamo in maniere unanime, ha cercato di mettere toppe “ciaccando e medicando” senza però andare oltre, forse perché troppo legata al consenso elettorale immediato forse perché “la pancia” dei procidani era saziata dalle rimesse provenienti dalle compagnie di navigazione e pochi erano quelli che si lamentavano.
Oggi, purtroppo o per fortuna, anche in concomitanza con la prossima scadenza elettorale comunale, è troppo evidente che occorre una pianificazione che ponga le basi per definire come potrà essere l’isola da qui ai prossimi dieci anni (altrimenti saranno guai per tutti) al di là di disposizioni temporanee che possono e devono essere l’eccezione e non la regola.
Su questa questione le forze politiche di destra, sinistra, centro, movimenti, associazioni di categoria, cittadini devono sedersi ad un tavolo e, premesso che nessuno vuole il male di un paese, mettere insieme idee e progetti e definire interventi credibili. Isole pedonali, ZTL, trasporto pubblico, politica di incentivi seri per coloro che non utilizzano mezzi privati, maggiore selettività per gli sbarchi dei non residenti e dei “figli di Procida”, navette via mare che, nel periodo estivo,
collegano il porto commerciale con le restanti Marine. Insomma ci auspichiamo che i procidani, ed anche i tanti forestieri che hanno scelto e scelgono Procida, si facciano portavoce, nei confronti della politica, di una nuova visione, un modo diverso di affrontare e risolvere i problemi, a partire dalla mobilità che, a mio avviso, potrà rappresentare, in futuro, insieme alle risorse ambientali,
storiche, enogastronomiche, potrà rappresentare un punto di forza del nostro buon vivere utile ai residenti e ai turisti.
Menico Scala