PASQUALE MATTERA IL PRETE SOLDATO NELLA “VIGNA DEL SIGNORE” DELL’ISOLA D’ISCHIA. DI VINCENZO ACUNTO

Oggi domenica primo ottobre 2023, don Pasquale Mattera termina la sua applicazione sacerdotale nel Comune di Serrara Fontana, ove ricade anche la parrocchia di S. Michele Arcangelo di S.Angelo, del quale ieri l’altro s’è celebrata la festività che spero non sia l’ultima! Ubbidiente, come solo un buon soldato sa essere, va, a 60 anni suonati, a prendere possesso, in omaggio al principio del “servir tacendo”, delle parrocchie di Lacco Ameno. Dopo che, nel suo percorso di impegno religioso, ha dato manifestazioni positive e concrete in ogni parrocchia che gli è stata affidata. Sconosciuto ai più, gli venne affidata la chiesa di S. Francesco Saverio al Cuotto (un qualcosa di simile ad una cappella condominiale) che negli anni 80 era inesistente nel panorama delle chiese ischitane e dove nessuno voleva andare.

Con le sue capacità e con duro lavoro, don Pasquale risollevò il presidio e la contrada, coinvolgendo giovani ed anziani in un percorso di fede che lasciava ammirati tutti. Anche chi scrive, poco agnostico, sentì il bisogno, in più di un’occasione, di andare a sentire quel giovane prete che, spesso, incontrava di notte a fare jogging per le strade isolane. Rimase colpito dall’entusiasmo dei “parrocchiani” del posto che non perdevano occasione per organizzare, in qualsiasi momento, una manifestazione religiosa per le strade della contrada. Dopo la morte di un prete a Forio, il buon Pasquale, ubbidendo a disposizioni superiori, fece la valigia per trasferirsi alla Basilica di Santa Maria di Loreto, a quella di S. Sebastiano e del Soccorso. Non ebbe manco il tempo di organizzarsi, anche per certe “ncestosità” filosofiche di taluni che poco gradivano “’u prevt e funtan”, che gli fu ordinato di rifare la valigia per trasferirsi a Fontana nella parrocchia della Mercede, ove il prevosto era rimasto coinvolto in vicende poco edificanti. E il buon Pasquale, in silenzio andò, forse anche lieto di stare vicino casa. Poi morì don Angelo ed alle tre chiese di Fontana si aggiunsero quelle di Serrara (2) e Ciglio e poi, dopo il pensionamento del mitico don Vincenzo Fiorentino, anche la parrocchia di S.Michele a S.Angelo. La mia chiesa. E il buon Pasquale ubbidì ancora, trasformandosi in uno “Speedy Gonzales” che correva dall’eremo dell’Epomeo al mare di S.Angelo. Oggi, in seguito alla rinunzia di un collega che appena udita la nomina per Lacco Ameno (a detta di persone informate) patì un ingrossamento prostatico per allergia ai funghi, a don Pasquale è stato ordinato di rifare la valigia e, distolto da Serrara, va a prendere servizio a Lacco Ameno, ubbidendo ancora. Che, onestamente, non mi sembra una promozione considerato che le parrocchie serraresi, nel cui territorio siedono i gioelli dell’Epomeo e di S.Angelo, appaiono più importanti di quelle di Lacco Ameno. Ma, evidentemente, l’ubbidienza al vescovo, per don Pasquale Mattera è sinonimo dell’essere prete e Lui (maiuscolo) va. Per quanto mi riguarda, pur essendo triste per il fatto che non sarà più nella mia parrocchia (sarò io a spostarmi), sono felice per lui in quanto, involontariamente, gli viene consegnato un territorio molto meno difficile di quello di Serrara ove, senza capriole o corse affannose, potrà spostarsi anche a piedi, tra le varie chiese che gli saranno affidate. Grazie Don Pasquale. Resti un magnifico esempio dell’essere prete; disponibile e accomodante. Non dimenticherò mai quando, sotto una pioggia battente, accompagnasti (pur non essendo tenuto) il feretro di una donna al carro funebre che la portava definitivamente via. Era la mia mamma!  E, solo per smorzare un po’ la tristezza che mi prende, per la nuova sua destinazione, voglio ricordare che nelle parrocchie dove è stato ha sempre trovato donne molto disponibili verso la chiesa ed il loro prete. Sicuramente le troverai anche a Lacco Ameno delle quali, però, non saprei dire del loro carattere che il poeta foriano Luigi Polito, con i versi della poesia “’u piennel vigghiut”, qualificò tra le più reattive dell’isola con le seguenti parole “Viv lu Lacc’ cu tutte le laccaise, miez a ghior è nat’ Restitut ca s’è fatt’ a senter cu ghi’ acqua vigghiut”. Il poeta descriveva la reazione di una donna lacchese ossessionata dall’idea del tradimento del coniuge. E, poiché il prete, in una piccola comunità, resta il marito ideale di tutte le donne, è bene ricordare i versi del poeta e prestare le dovute attenzioni!! Detto ciò, appare opportuno cogliere l’occasione per rilevare come anche nella realtà cattolica, l’isola, pur essendo stata aggettivata come “la più bella del mondo”, nel suo complesso non conta più un cazzo (mi si lasci passare l’espressione) in qualsiasi latitudine, considerando l’impoverimento che vive in ogni settore dei servizi e ritenendo che anche la chiesa ne espleta uno importante. I segnali incominciarono oltre vent’anni fa con la soppressione del catasto -terreni e fabbricati- per la qualcosa nessuno fiatò. Poi venne l’USL 21 (che con la presidenza di Peppino Brandi aveva reso l’unico ospedale isolano un gioiello di affidabilità) e nessuno disse nulla; a giorni chiuderà il Tribunale, perché i giudici così vogliono, e nessuno dice qualcosa (anzi, l’unico politico dell’isola -Del Deo- che per anni si è battuto per la sua non chiusura, è stato mandato a casa da un nutrito gruppo di avvocati che lavorano sull’isola grazie a quell’ufficio); tra non molto, per certe considerazioni di pseudo politica economica, l’ospedale farà la stessa fine. Poi sarà la volta dei municipi, per i quali sono previsti già gli accorpamenti e poi, e poi e poi….. Nessuno immaginava che anche la Chiesa sarebbe stata inserita nel circuito. Purtroppo è così. Dopo secoli, il Papa “venuto dalla fine del mondo” -ove forse era meglio che restasse- non considerando in alcun modo l’insularità e che oggi l’isola, sotto il profilo di rappresentatività strategica nazionale, è più “appariscente” di Pozzuoli, ha accorpato Ischia a Pozzuoli e non viceversa. E nessuno dice qualcosa. Il valzer continuo tra le parrocchie che il vescovo di Pozzuoli, senza alcuna conoscenza del territorio e degli umori di esso, ha imposto ai preti “ubbidienti”, oltre a creare forti turbamenti, produrrà l’ulteriore effetto di allontanare, ancor di più, i fedeli dai sacramenti. In primis da quello della confessione alla quale ci si affida dopo che si è instaurata un’empatia piena tra confessore e confessato. Qualcuno dice che il balletto dei preti è dovuto alla loro carenza. Non ci credo. Dopo il girotondo dello scorso anno, esaminiamo l’ultimo. Don Agostino Iovene, parroco della chiesa di S. Pietro, è andato in pensione. Che motivo c’era di spostare il prete di Lacco Ameno ad Ischia e quello di Serrara a Lacco Ameno? Non poteva ricoprire il ruolo di S. Pietro un prete di Ischia, considerato che il territorio si presta meglio ad essere coperto? Questione di potere o di “appariscenza eccessiva”? Propendo per la seconda ipotesi anche perché sembra una ciclicità che i preti applicati alle parrocchie del Comune di ischia siano quasi inamovibili, mentre gli altri vengono spostati con estrema facilità o gli si affidano ruoli gravosissimi! Come mai non tutti i preti rispettano il dovere dell’ubbidienza? È una curiosità personale, non altro, ritenendo che certi spostamenti vadano fatti di concerto e non d’imperio. Ed ancora (considerato che i miei vecchi amici preti mi riferivano che all’inizio del loro ministero avevano maturato esperienze lontano dall’isola) “come mai i preti di altre comunità non possono essere destinati ad Ischia?” In tante chiese di Roma o di Napoli ho avuto modo di contare anche dieci preti in esercizio giornaliero in un’unica chiesa” – “Dobbiamo dire che è segno dei tempi o segno di appartenenza? Io posso soltanto dire, avendolo direttamente vissuto, che, non molti anni fa, esisteva una sinergia silenziosa tra il potere temporale e quello politico (anche a livello locale) e tante designazioni, anche dei preti nelle parrocchie, avveniva a seguito di un consulto tra i diversi poteri (dal cardinale fino ai sindaci) che oggi non esiste più. Il declino è forte ed è frutto di cosa? Non saprei individuarlo, se non nel lento, quanto inesorabile, declino di rappresentanza di un territorio che, avviluppato in una bolla immaginifica per considerazioni romantiche di frequentatori occasionali, che l’hanno definita l’isola più bella del mondo, non sa reagire alle prepotenze o distrazioni quotidiane che essa patisce. acuntovi@libero.it

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