MEMORANDUM SUGLI ULTRA’. RIFLESSIONI DI ANTIMO PUCA

Nella vicenda di Santo Stefano, prima di Inter Napoli, un tifoso è morto. Il ricorso alla violenza dagli ultràs viene giustificato come un aspetto della dialettica tra diverse tifoserie. Il mondo ultràs pone grande insistenza su quelli che definisce valori: la fedeltà alla maglia, l’amore per la propria città, la lotta contro la decadenza del calcio in mano ai finanzieri. La violenza è un modo per difendere questi concetti e a volte un ricorso inevitabile contro il tentativo di contenimento delle forze dell’ordine. Ma chiaramente questo è il loro punto di vista. Il fenomeno ultràs è una cosa tutta novecentesca, qualcosa di estremamente moderno, un movimento ben organizzato, con riti e miti proprii, con ramificazioni politiche e malavitose. Nasce in Inghilterra circa 40 anni fa con gli Hooligans. In Italia il fenomeno è serio ma decisamente compresso dalle autorità. Quindi da un lato tende ad inasprirsi, ma dall’altro è sotto controllo. Soprattutto rispetto a quanto avviene per esempio in Sud America, dove la violenza allo stadio dilaga. E’ in parte sbagliato dire che il fenomeno ultras è connaturato allo sport. In effetti l’epoca greco romana ha visto una grande fioritura dello sport e di conseguenza di tifoserie anche violente. La rivolta di Nika contro l’imperatore Giustiniano scatta, nel 532 d. C., tra i due partiti avversarii all’Ippodromo. Allo stesso modo, l’avvio reale del conflitto nell’ex Jugoslavia scatta da una sfida tra Stella Rossa e la Dinamo Zagabria. Nel Medioevo sopravvive la dimensione del gioco, ma lo sport rinasce definitivamente in epoca moderna. Il principio della responsabilità oggettiva è un principio che è entrato nel diritto dello sport. E’ difficile che ne esca. Il tema dell’impegno da parte delle società sportive di contrasto al fenomeno degli ultrà violenti, credo si sia già concretizzato visibilmente nel fatto che questi incidenti normalmente non avvengono all’interno degli stadi, ma al di fuori. La dimensione calcistica e sportiva è soltanto un pretesto per questi violenti per darsi appuntamento in determinate località e scazzottarsi. Il problema tifosi, però, è anche il problema del razzismo all’interno degli stadi. Ogni settimana non mancano cori o razzisti o di discriminazione territoriale. Penso che il calciatore rappresenti per il ragazzo forse l’elemento principale di emulazione e di esempio, più del professore a scuola, o magari più del genitore. Penso che chi vive questa dimensione deve percepire l’importanza dell’esempio che lui dà. E soprattutto, in queste occasioni, è importantissima la reazione dell’altra parte del pubblico che ha gli strumenti per soverchiare e per zittire quelli che si rendono responsabili degli “ululati”. Però non ci sono soltanto gli ululati nei campi in Serie A, ci sono anche fenomeni nei campetti di periferia in cui i genitori si picchiano per partite dove dovrebbe semplicemente trionfare il momento del gioco e del divertimento. Un rimedio potrebbe essere “sterilizzare” e isolare sempre più questi violenti ed impedire che il proselitismo possa andare avanti nelle curve. Dobbiamo crescere un po’ tutti. Lo sport riflette il Paese, grandi eccellenze e delle carenze.

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