
Dell’argomento “giustizia Italiana” ho scritto più volte in questi “passatempi settimanali”. Mi conforta che, mercoledì 15 novembre, il prestigioso Pietro Lignola (grande magistrato del Tribunale di Napoli, scrittore raffinato e colto) ha argomentato in tema, sul quotidiano “Roma” e, sconfortato come me, ha rilevato con rammarico che anche il governo in carica è intenzionato a procrastinare ulteriormente una riforma, quella sulla giustizia, attesa da decenni, sia dal popolo italiano che dagli investitori esteri. Cedendo il passo ad altri temi (il premierato e le autonomie locali) dei quali gli italiani “comuni” non ne avvertono immediato bisogno. Eravamo tutti convinti che la nomina di Nordio -foto 1 –

al dicastero -foto2-

di Via Arenula (imposto dalla Meloni al posto della Casellati come rivendicava Forza Italia) fosse il motore giusto per un arrivo sicuro, ma siamo nuovamente fermi di fronte ad “una emergenza” il cui protrarsi continua a danneggiare gli italiani e la loro economia. Sospetto che qualche incauto manovratore, a fronte di qualche “pseudo apertura di tranquillità”, abbia tirato il ”freno a mano” lasciando prevalere altri interessi rispetto alla giustizia. Il passo è falso e gli italiani lo annotano. È vero che restituire potere agli elettori è fondamentale. È altrettanto vero (ahimé) che, per come certi governi progressisti hanno fatto evolvere le cose, per contare in Italia devi contare in Europa ed è vero altresì che gestire una coalizione obbliga a tener presente le diverse esigenze elettorali. Ma proprio perché tutto ciò è vero, considerando che i temi del premierato e delle autonomie locali porteranno al referendum, per il quale necessitano i voti (poiché in parlamento non c’è la maggioranza necessaria), occorre dare precedenza a quelle riforme che gli italiani aspettano per veder modificata, in tempi brevi, la loro quotidianità alla quale non riescono più a fare fronte. Riforme che servono anche per far riacquistare fiducia al popolo verso la classe politica e ritornare a votare. E poiché la riforma della giustizia, osteggiata solo da piccole lobbies, è voluta dalla stragrande maggioranza degli italiani e da quella parlamentare, la si potrebbe fare subito, in quanto con i numeri che ci sono la si può approvare a stretto giro. Il premierato e la riforma delle autonomie, devono essere compresi e metabolizzati dal corpo elettorale e non basta la semplice partecipazione a qualche talk show o chiedere il voto sulla fiducia. Non passerebbe. Serve una campagna di informazione dettagliata, una campagna elettorale comprensibile, da sviluppare oltre che in televisione, nelle piazze e anche nelle scuole perché è lì che si andrà a formare la futura classe dirigente. E dovrà essere il popolo a decidere cosa è meglio per il suo futuro e non, caso mai, una maggioranza parlamentare risicata. Oggi il popolo italiano non è più quello del referendum del 46 (in gran parte semianalfabeta) essendo scolarizzato, con eccellenze culturali e imprenditoriali di prim’ordine e pertanto la decisione dovrà essere ponderata. Una sconfitta al referendum sarebbe una sconfitta per il governo che ne dovrebbe poi trarre le conseguenze. Io pur concordando con la necessità di indirizzarci al premierato, che restituirebbe potere all’elettore, sono conscio che c’è una grandissima maggioranza che non sa nemmeno cosa significhi e quindi resterebbe facile preda di chi paventa stravolgimenti imbarazzanti. Per cui, prima del potere al premier, bisogna considerare che il popolo italiano oggi è in preda ad un “reflusso politico” di particolare gravità, che lo tiene lontano dalle urne in quanto vive nella condizione che la sua esistenza è chiamata solo al rispetto di obblighi e mai all’esercizio di un diritto. E la riforma della giustizia porterebbe a tanto. Specialmente attraverso gli interventi necessari nel settore civile (argomento che interessa il popolo intero e non parti di esso). Fare un mea culpa sugli interventi (non tutti) realizzati nel settore negli ultimi vent’anni (provenienti da incolti o lobbies interessate) sarebbe un primo grosso passo in avanti. Il processo civile deve ritornare ad essere luogo di incontro e di dibattito. Quello telematico è un’autentica “boutade” che non serve ai cittadini. Può servire ai Giudici o a certi avvocati che non amano frequentare le aule del tribunale. Chi si approccia al diritto civile deve studiare le carte, confrontarsi con la controparte e spiegare a voce, al Giudice, di cosa si tratta, patire la vergogna se dice una cavolata e dare, a chi dovrà decidere, argomenti ed elementi da poter tenere sotto i suoi occhi e non condensati in “file informatici”, in un monitor luminescente che ti consente di leggere un foglio per volta e che dopo un’ora di attenzione ti fa dimenticare quanto hai letto prima perché non li hai davanti. Il processo civile è una cosa molto seria e complessa e movimenta affari economici molto importanti per un paese. Oltre a lenire reazioni violente in chi avverte superficialità e mancanza di tutela. Nessuna causa è uguale ad un’altra; le carte aperte sulla scrivania “parlano” e ti consentono quella riflessione necessaria che l’informatica non permette. L’informatica può essere utilizzata per il disbrigo della burocrazia (estrazione di copie o controllo del fascicolo) o per la ricerca, ma non serve al processo che deve ritornare ad essere luogo di confronto vivo e scalpitante tra persone in carne ed ossa. Caso mai potrebbe essere prevista la formazione di un fascicolo telematico in uno col cartaceo affinché in certi tribunali (come quello di Ischia di qualche anno fa) non scompaiano più i fascicoli con i verbali. Per cui cara Giorgia Meloni, -foto3-

lei che viene dal “popolo della strada”, sa che quel popolo la seguirà se non vede deviazioni di percorso. Lei è bravissima nelle strategie, ma non perda di vista l’obiettivo del suo governo che resta quello di restituire agli italiani la fiducia nelle istituzioni. Altrimenti al voto non ci andrà più nessuno. La riforma della giustizia non può continuare ad essere come l’araba fenice che compare in campagna elettorale e scompare subito dopo per non prenderla per le ali. acuntovi@libero.it