LA SOTTILE PERFIDIA DEI MEDIA. DI VINCENZO ACUNTO

Utilizzare i media è bello, stimolante, ma anche molto rischioso, perché molte volte una battuta scritta per strada, all’esterno di un bar o in un’altra condizione non consona a consentire  alla mente di elaborare un pensiero corretto, può determinare degli strafalcioni e delle incomprensioni di varia natura. E’ successo questa settimana un piccolo putiferio sulla pagina Facebook “S. Angelo d’Ischia Il nostro futuro è sul mare”, dove una turista, tale Jessica Respugli, ha commentato il suo soggiorno santangiolese con espressioni che sono evidenza del sentimento e della condizione del momento, manifestando il suo disappunto riguardo ciò che viveva nel borgo diventato, a suo dire, una conca asfissiante di calore dove non ci si può più stare. A corollario della condizione, ha richiamato particolari aspetti della vita santangiolese, che hanno scatenato un putiferio con risposte piccate, apparentemente ilari, sgrammaticate, rendendo la incauta dichiarazione della malcapitata osservatrice un contenitore dai toni comici e vuoti, tanto da spingermi a fare qualche riflessione. I media: o impariamo ad usarli o è meglio astenersi dal farlo. Analizzando ciò che ha detto la signora Jessica, nel periodo che ha vissuto a S.Angelo, secondo me il paese era in una condizione di invivibilità (come molto spesso lo è) che, nella fascia oraria dalle 12,00 alle 15,00, in una giornata di solleone, nella piazzetta si patisce un caldo insopportabile pur se è esposta abbastanza bene alle ventilazioni di diversa provenienza. Ma esaminiamo un attimo il punto. Questa condizione di calore eccessivo che vive la piazza, non è affatto una vicenda di oggi. Data da almeno un trentennio, quando qualcuno, scalpitando per bruciare denari pubblici, pensò di modificarne la pavimentazione, l’uso e tante altre piccole cose.

C’era una rotonda ove le persone si sedevano (gratis) a prendere la frescura serale, che aveva una pavimentazione di betonelle in cemento che, è noto, sono di scarsa attrattiva di calore. Il vecchio basolato vesuviano era riservato solo al centro della piazza, fino alla vecchia farmacia e al tabaccaio. Nel porticciolo c’era una pavimentazione di cemento che, parimenti, è di scarsa attrattiva di calore e nell’intero circondario del luogo in esame i fabbricati avevano altre altezze. Le foto allegate lasciano comprendere. Di fronte all’ex boutique La Caprese c’erano quattro alberi di alto fusto, con una rigogliosissima chioma che proteggeva un muro lungo oltre venti metri, realizzato per consentire la seduta alle persone a prendersi il fresco che in quel punto è particolarmente invitante. Oggi il muro è stato sostituito da due panchine in marmo bianco, fuori il bar Ridente c’erano tre pini marittimi che con le loro chiome proteggevano la frescura necessaria. Sono stati estirpati e nessuno ha ritenuto doverli ripiantare. Un insieme di situazioni che ha portato a modificare quella che era la condizione originaria della piazzetta, a discapito del frequentatore di oggi.

Ora, chi ha visto S. Angelo (come chi scrive) nella sua originalità dei tempi (quando era sede di set cinematografici, di poeti, di scrittori, di pittori – non ci dimentichiamo che S. Angelo è stata conosciuta nel mondo grazie soprattutto alle opere di pittori come Gilles, Malcraft, Gertrude e tanti altri) può dire, con serenità, che oggi è una S. Angelo completamente diversa.  Diversa perché c’erano i santangiolesi, che oggi sono rimasti ben pochi, c’era una vivibilità dell’insieme, invidiata nel mondo, c’erano rapporti diversi tra le persone. La signora Jessica mette il punto su un’altra nota dolente, l’utilizzo sfrenato dei cosiddetti “carrelli elettrici” che, portati in esercizio, con l’esigenza di dover sostituire i muli e gli asini (che per decenni sono stati il simbolo caratteristico di una S. Angelo produttiva) oggi, ignorandosi ogni regola fondamentale nell’uso di strade pubbliche, sferragliano a tutte le ore del giorno e della notte per viuzze strettissime, determinando pericoli e disagi. Ora, indipendentemente dalle persone anziane e disabili, ai quali vanno riconosciuti tutti i diritti di questo mondo, l’utilizzo smodato di dette macchinette, per portare i giovani alla spiaggia, al ristorante o a comprare il giornale è una cosa che non va e, chi ama veramente S. Angelo non accetta. E’ inutile rifugiarsi nei soliti modi di dire “S. Angelo è il cuore della mia vita” o “non posso fare più a meno di essa” se il risvolto è quello che è. Ci dobbiamo necessariamente interrogare di quale cuore e di quale vita o sentimento si parla. I veri santangiolesi, le persone che veramente hanno amato il paese, venendoci a trascorrere le ferie per mesi, non per giorni o ore, non ci sono più. Essi vivevano nella libertà assoluta, in un contesto generale dove, come giustamente ha detto una signora commentatrice, c’era la scuola, la macelleria, la panetteria, il fruttivendolo e la farmacia estiva. Oggi, invece, sembra un suk brasiliano che apre i battenti ad aprile/maggio al solo scopo di sfruttare il paese, fino ad ottobre, nel peggior modo possibile. Aumentando i prezzi su ogni cosa e diminuendo, con la stessa metrica, anche le cordialità da offrire al turista. Chi va di sera a S. Angelo, come da foto che pubblico, vede che la piazza è invasa da tavolini e sedie che non consentono più al pedone di potervi transitare. 

Sarebbe ora che i vigili urbani o i carabinieri andassero a controllare le concessioni, perché gli spazi pubblici come i marciapiedi ed altro non possono essere occupati da tavoli, sedie e ombrelloni. Il porticciolo è invaso, non so con quale tipo di autorizzazione amministrativa, da sedie e tavolini che qualche sera fa non hanno consentito, nemmeno ad una piccola autoambulanza, di poter raggiungere l’albergo Miramare per soccorrere qualche persona che non stava bene. Ora, quando parliamo di S. Angelo e diciamo che è bella, possiamo dire che è vero. Quando arrivi a Panza, ti si apre il cuore, perché vedi la cosiddetta Torre, che nessuno si chiede come mai è diventato il simbolo di S. Angelo nel mondo. La Torre non è un territorio pubblico, ma privato, che le famiglie dei santangiolesi, veri, hanno lasciato inalterato da secoli. Mentre quelli che si sollazzano sui media hanno utilizzato qualsiasi spazio delle loro proprietà per ricavarne fonte di guadagno. La Torre di S. Angelo delle famiglie Iacono/Mattera è rimasto sito inalterato, che dovrebbe essere vincolato dall’Unesco e le famiglie proprietarie, dovrebbero essere risarcite per quello che è il valore inestimabile del bene. Perché a S.Angelo, tolta la Torre e l’istmo che sono un unicum, non c’è più nulla. A parte i tramonti mozzafiato. Quindi, ritornando al poco accorto utilizzo dei media, l’aver detto che S. Angelo è una conca, è una scivolata lessicale che la signora Jessica si doveva risparmiare. Evidentemente ella non sa il significato della parola conca, considerato che S. Angelo non è affossato, ma luogo aperto, pianeggiante, ove le aree intorno si chiamavano “chiariosa”, oggi scioccamente modificata in “Chiaia delle Rose”. Al lato del porto c’era “a rena”. Non c’erano scogliere e protezioni di nessun genere, anche se a S. Angelo c’era un naviglio importante per i collegamenti dell’isola con la terraferma, fino all’isola d’Elba, che sviluppava i commerci degli anni 30/40. Si sono poi costruite, con la presunzione di dover proteggere qualcosa, le scogliere. Ma senza mai sapere a protezione di chi e di che.  Se si guardano le foto antiche all’esterno della boutique “Il Ciondolo”, ci si accorge che S. Angelo non aveva uno scoglio non naturale, c’erano delle spiagge meravigliose, pulite, dove si stendevano le reti e dove chi veniva in ferie faceva dei bagni da sogno. Io questo lo posso dire perché quei bagni li ho veramente fatti. Ho vissuto la S. Angelo della mia giovinezza nel suo vero splendore. Oggi chi vuole venire a S.Angelo è solo quel turista mordi e fuggi che deve andare a mangiare una pizza per 45 euro, oppure in qualche locale che occupa non lecitamente il suolo pubblico – per farsi notare – ove si consentono attività rumorose fine alle quattro di notte. Senza che intervenga un carabiniere o un vigile urbano a interrompere questo tipo di attività, perché non è possibile che chi abita nell’emisfero della piazza non ha la possibilità di dormire, di leggere, di colloquiare con gli amici in quanto dal pomeriggio inoltrato c’è un frastuono di musiche assordanti, peraltro anche brutte, che rendono il paese invivibile. A S. Angelo le proprietà che sono in vendita sembrano superare quelle stanziali. Aziende di prestigio hanno chiuso i battenti e stanno vendendo. Gli amministratori di Serrara Fontana si pongono il problema che se fallisce S. Angelo è fallito l’intero comune, perché vengono a mancare gli introiti dei tributi municipali? E allora, lo ripeto per l’ennesima volta, sarebbe il caso che i cittadini con hanno idee nella zucca, si riuniscano per vedere dove si è incominciato a sbagliare e perché un paese un tempo povero, diventato poi ricchissimo, oggi si trova alla canna del gas. I conti in banca in rosso, le procedure concorsuali aumentano a dismisura. Andrebbero un attimino attenzionate, in quanto non si capisce come mai, per chiudere un fallimento di S. Angelo d’ Ischia sono necessari tempi biblici e i beni spesso sottostimati. Un approfondito controllo della guardia di finanza non guasterebbe. Poi possiamo fare anche le battute, che per rendere più fresca S. Angelo possiamo acquistare un po’ di maestrale in più, o altre stupidaggini del genere. S. Angelo è una perla dell’Italia intera e come tale deve essere trattata, prima dagli abitanti del posto e poi dallo Stato che dovrebbe affidarsi a commissari ad acta con poteri speciali per gestire il territorio in modo diverso dall’oggi perché, a mio giudizio, le deficienze che appaiono sono di gran lunga superiori alle efficienze numerabili. (acuntovi@libero.it).

Di Vincenzo Acunto

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